2023 – Le Gole del Verdon e il profumo di Lavanda
Le Gole del Verdon e il profumo di Lavanda
“da Cuneo al Verdon e ritorno”
24 giugno – 3 luglio 2023
Marco Zoffoli – Vanni Petrillo
9 giorni – km 650 – disl + 11.250 mt
Cuneo mi rimanda inevitabilmente a Totò, uomo di mondo, dice di avervi fatto il militare per tre anni..
è comunque il nostro punto di partenza, raggiunto in auto e le bici smontate dentro ovviamente.
Io di tempo ne ho ma Vanni è legato ad un periodo di ferie ben preciso e se vogliamo fare questo viaggetto insieme non abbiamo scelta che stare dentro una scarsa dozzina di giorni.
Giorno 1 – prima tappa – km 85 disl.+ 1950 mt
Si parte in direzione di quelle montagne che sembrano piccole come breve sembra la distanza alle prime altimetrie.
Evitando il più possibile la strada trafficata che conduce al Colle della Lombarda e al Colle dell’Agnello pestando su viuzze parallele giungiamo a Vinadio, ultimo avamposto di quasi-pianura.
Immediatamente dopo si presenta il bivio di Pratolungo che anticipa una serie di tornantini ed è qui che comincia la salita di 22 km sulle Alpi Marittime fino al Colle della Lombarda.
La via è abbastanza stretta però al momento non è trafficata quindi si procede di passo.. lento (si poteva fare diversamente?), fermandosi ad ogni buona occasione: una fonte, un pediluvio nelle acque gelide, un’ombra a riparo dal sole battente.
Non c’è che dire, la salita è quasi costante, di quella percentuale anticipata dalla tabella eretta al bivio precedente.
Il mio umore è buono e non vedevo l’ora di mordere quest ascesa; Vanni è un trattorino che una volta messo in moto non si ferma.
Il mio fermo attività nei giorni precedenti e il disgraziato aumento di peso spegne i miei entusiasmi.. ed è così che dopo l’incrocio con la via che sale al santuario di Sant’Anna di Vinadio (che ci siamo guardati bene di raggiungere) la mia baldanza segna rosso e riesco a pedalare solo a tratti di alcune centinaia di metri alla volta.
Le soste sono tante .. tant’è vero che mi guardo attorno con il pensiero di trovare un bivacco di fortuna prima del passo stesso mai terreni sono tutti pendenti.
Vanni è andato oltre come d’accordo, ci si congiunge su al passo.
Saranno 7 o 8 i km che restano ma di questi i primi sono per me una impennata straziante.
Resisto anche ai crampetti che mi aggrediscono le cosce.
Poi trovo la pedalata giusta, ne agile ne dura, comunque sul finire l’asfalto si addolcisce.
Vedo il passo lassù e la strada che si apre fra le vette… e vedo Vanni che, preoccupato, torna a prendermi.
Alla fine il mio calvario termina con una birra fresca e dimentico tutto, anche il mio corpo dimentica anzi fa finta che nulla sia successo.
Così dopo una lunga discesa caliamo rapidamente il versante francese fino a Isola.
Sabato francese, non cè anima viva in giro…o quasi. Chiediamo per un alloggio e alla fine dopo diversi giri, avanti e indietro per il piccolo paese, arriviamo al campeggio.
Anche qui nessuno ad esclusione del chiosco bar invece piuttosto animato, prospicente il laghetto.
Il campeggio è automatico cioè una sbarra stoppa l’accesso e una gettoniera inghiotte le monete nel caso tu sia, secondo le istruzioni, un’auto, un camper, una roulotte.
Nessuna menzione per mezzi a due ruote ne per pernotti in tenda.
Non ci facciamo problema, aggiriamo la sbarra e piazziamo le nostre tendine dietro una siepe.
Una volta sistemati, puliti e cambiati mettiamo le chiappe sulle sedie al chiosco e ci prepariamo alla nostra prima cena in terra transalpina.
Questa giornata, peraltro nemmeno intera, mi ha sfibrato: ci ho speso tanta fatica e, ora, altrettante parole a raccontarla; le prossime righe saranno più essenziali.
Secondo giorno – km 75 disl. + 1650 mt
Si fanno armi e bagagli e si esce dal campeggio guardando intorno per verificare se qualcuno ci chiede il pizzo per la notte: niente.
Ora caliamo la vallata del Tinèe, torrente turchese che taglia questa stretta valle.
A Saint Sauveur sur Tinèe si devia sulla destra seguendo le funeste indicazioni illustrate in una tabella.
Altra bella stradina “addolcita” da tornanti con arbusti ai lati e rocce incredibilmente rosse; poi nel tratto rettilineo si riesce a vedere un paesino lassù, veramente in alto.
“..ma dobbiamo arrampicarci lassù?” sbotto.
Vanni rimane interdetto mentre io penso che il passo dovrebbe sicuramente passare più in basso lasciandosi il paesello, Roubion, in alto sulla destra.
Ovviamente mi sbaglio e man mano che si sale, di una pendenza quasi costante.. costante come il caldo di mezzodì, Roubion si avvicina ma non è l’apice della salita.
Dobbiamo sudarci ancora il Col del la Couillole: pare che oramai le gambe si siano abituate allo sforzo per affrontare queste lunghe ascese e la fatica del giorno prima si è dileguata. E’ un buon segno.
Finalmente in cima abbiamo tempo per fare due chiacchiere con una coppia di italiani in moto e una coppia di svizzeri con e-bike, questi ultimi ovviamente meno sudati e zingari di noi due.
Lieve china e ulteriore risalita alla località sciistica di Valberg che, ovviamente d’estate, è semideserta e dedita ai lavori di manutenzione.
La dozzina di veloci chilometri in discesa ci pilota in Val du Var, a Guillaumes, borgo colorato e ben più vivace del precedente.
Ci tocca risalire un pò il corso del Var per trovare alloggio in un albergo che avevamo cercato in internet.
Le bici ce le portiamo in camera arrampicando una stretta scaletta in legno mentre la cena è servita in un fresco cortile quasi a ridosso del fiume: un idillio.
Abbiamo fatto spesso la scelta di non portare una “cucina” in autonomia nei luoghi in cui avremmo trovato facilmente da mangiare: si risparmia peso e tempo pur dovendoci adattare spesso a spese non indifferenti se si cena serviti (come qui in Francia).
A mezza giornata ci si serve nei market..
Terzo giorno – km 65 disl. + 680 mt
Buona la sensazione del mattino…
anche se piuttosto difficile da scovare la classica colazione all’italiana: il forno, o boulangerie, vende solo infornati con la variante di offrire occasionali caffè o simil cappuccino da una macchinetta solitamente seminascosta. Qui ritroviamo gli svizzeri in e-bike.
Il percorso nella vallata del Var è seducente, la strada tortuosa corre sopra il fiume turchese e lambisce le rocce rossastre, le pareti sono alte e a picco, ogni tanto si passa qualche corta galleria per uscirne in un nuovo panorama.
Il ponte della Marie congiunge le due sponde ad una altezza spropositata.
Il fiume sfila deciso a sud mentre il nostro procedere prende direzione diversa, più tranquilla e l’ambiente si apre in una dolce vallata fino all’invaso di Castillon, sul corso del Verdon.
La successiva caratteristica cittadina di Castellane, sempre sul corso del Verdon, è accogliente e servita da propizi campeggi e ci induce alla sosta a discapito della magra distanza coperta in giornata.
Ci resta il tempo per goderci buona parte del pomeriggio in relax e a zonzo rincorrendo l’orario di cena.
Quarto giorno – km 69 disl. + 1100 mt
Siamo alla nostra prima meta o perlomeno ci siamo quasi.
Dobbiamo raggiungere le Gole del Verdon, uno dei canyon più profondi di Europa, compiendo il giro sulle creste che aggira i punti più suggestivi.
La via è rilassante e la salita è appena percettibile in questo ambiente tipicamente mediterraneo ma sappiamo bene che presto ci sarà da arrampicare in maniera decisa.
Ed ecco che si giunge al bivio atteso: l’asfalto si inerpica rimontando un vasto terrazzo roccioso.
Ogni tornante regala una piazzola panoramica piena di turisti.
E’ una successione di tornanti e di piazzole, di diverse auto, dei soliti motociclisti rombanti e di panorami elevati.
Nell’ultimo punto, il più alto, i grifoni volano ad misura del nostro naso, passano sotto la terrazza, sopra e dietro mentre in fondo un nastro sinuoso verde-azzurro scorre imperturbabile fra le rocce.
La discesa successiva è inquietante con il margine sinistro a strapiombo sul corso d’acqua.. un errore nella guida sarebbe uno sfracelo.
Ci si ferma di tanto in tanto a godere della vista.
Si chiude il giro panoramico a Palud sur Verdon: pranzo con baguette farcita.
Si riprende la via lungo il fiume che d’improvviso si allarga e si riempie, laggiù ancora in basso, di barchette, canoe e pedalò che sembra il mare a Riccione.
Io e Vanni ci guardiamo in faccia perplessi
“dopo tanta natura selvaggia e apparentemente inaccessibile ora questa invasione vacanziera !?”
Il Verdon giunge ad un nuovo invaso, il lago di Sainte Croix du Verdon.
E’ caldo e l’idea di farci un bagno ci spinge a deviare dal nostro preventivato tragitto verso quella spiaggia animata. La discesa è talmente lunga che nel frattempo il cielo si copre e ci ritroviamo sotto la pioggia ancora prima di raggiungere le sponde del lago.
Il cielo resta grigio e non fa più caldo ma dietro la spiaggia c’è un campeggio; montiamo le tende sotto l’ombrello di un grande albero e andiamo almeno a mettere a mollo i piedi.
Quinto giorno – km 72 disl. + 980 mt
La sera prima avevamo chiesto alla ragazza della reception del campeggio indicazioni riguardo la via per Vallensole e i campi di lavanda.
Per tutta risposta ci indica che solo salire la riva opposta del lago Sainte Croix si è già immersi nei campi fioriti con il panorama del lago sottostante.
Seguendo queste indicazioni potremmo risparmiare diversi chilometri, non toccare Vallensole, vedere i famosi campi di lavanda e impegnare il resto del tempo nel programmare con comodo le tappe del ritorno.
Entriamo nel borgo di Moustiers Sainte Marie (che sarebbe stata la meta di ieri), incastrato sotto la rupe, paese che sta’ al momento risvegliandosi.
Ci avevano anticipato poi una salita al 16%, ma memori di altre simili occasioni, non vi avevamo creduto… ed invece ecco lì una serie di tornantini insidiosi che serpeggiano nella pinetina.
L’idea di raggiungere i campi colorati ben ci consacra a questa fatica e su, diciamo abbastanza in alto, a sinistra corrono arbusti, in fondo il lago e a destra i campi di lavanda.
Ora devo dire che di questi campi avevo solo visto fotografie decisamente “pulite”, quasi sicuramente elaborate, qui invece mi si presentano cespugli di lavanda in mezzo ad altri fiori, piante ed erbacce.
Monta un poco la delusione.. poi invece, proseguendo, i campi si manifestano un poco più ordinati e i filari viola disegnano confuse geometrie parallele.
Faccio del mio meglio per riprendere immagini confacenti al mio immmaginario; lascio i commenti alle foto in corredo.
Ben poca gente transita in queste stradine e forse è meglio così.
L’ultima terrazza ci regala la vista panoramica sulla parte finale del lago che ci apprestiamo a discendere, però non prima di esserci fermati al borgo di Sainte Croix per un panino e qualche acquisto all’odor di lavanda.
Transitiamo ora sul ponte che anticipa la diga dell’invaso e usciamo svoltando al punto estremo del nostro giro. E’ ora di valutare il ritorno.
In genere non seguiamo una traccia digitale ne un itinerario definito, abbiamo qualche meta da raggiungere e valutiamo di volta in volta il percorso, sia sulla mappa cartacea che su Google Maps per fugare qualche dubbio.
L’idea è quella di rientrare in Italia dal Col di Tenda quindi la nostra bussola punta in quella direzione.
La sinuosa campagna e boschi di leccio fanno da scenario a queste zone per noi assolutamente anonime. Miriamo una cittadina evitando strade di grosso traffico, valutiamo strade alternative e altimetrie fissando nel paese successivo il posto sosta.
Con una notevole tranquillità, dovuta anche al fatto che non siamo più in zone montane, arriviamo a Monferrat dove prendiamo alloggio in una stanza.
D’interessante qui c’è giusto la Boulangerie perchè il paese è piuttosto scialbo.. però la pizzeria da asporto viene in nostro soccorso.
Giusto in tempo … arriva un temporale.
Sesto giorno – km 65 disl. + 890 mt
Mattinata fresca.
Ci lasciamo abbracciare dal calduccio della Buolangerie per una colazione da cui è difficile staccarsi, poi riprendiamo il percorrere le campagne, pestando stradine e ciclabili probabilmente sede di qualche vecchia ferrovia.
Tranquillità assoluta.
Decidiamo di raggiungere Grasse che a detta di Vanni è un importante centro a pochi chilometri dalla Costa Azzurra.
Io non conosco questi posti e stavolta seguo le indicazioni di Vanni che in questi luoghi c’è già stato (in auto).
Previo disinteresse totale (caso raro), ignoro perfino la conformazione del territorio tant’è che impiego quattro giorni ad abituarmi ai continui e impegnativi saliscendi senza una accenno di pianura.
Ora che mi sono finalmente adegauto alle altimetrie sensa soluzione di continuità stiamo invece pedalando su zone collinari; l’aria salmastra soffia dal Mediterraneo ben poco distante.
Di questa tappa non ricordo molto, solo qualche passaggio nelle campagne: evidentemente percorso un poco anonimo.
Poco prima di arrivare a Grasse incrociamo una coppia di giovani cicloviaggiatori… visti a distanza; entrati in Grasse e fermi nella piazzetta panoramica assistiamo all’investimento del ragazzo della coppia che per fortuna non si fa nulla… ma la bici ha la ruota posteriore piegata.
Nemmeno l’occasione di fare due chiacchiere; loro hanno altri problemi ora.
Nel contempo nelle ultime tappe abbiamo incontrato molti ciclisti randonnèers che viaggiavano ancora mentre noi eravamo già fermi ma quasi nessun cicloviaggiatore al nostro pari.
Grasse è una cittadina assai vivace, è anche la città dei profumi (produzione) ma nella passeggiata che ci concediamo nel tardo pomeriggio ogni attività chiude intorno alle 18 per cui ben poco apprendiamo di questa e altre caratteristiche.
Non resta che bearsi dei colori, dei vicoli e dei palazzi mentre la cittadina si spegne piano piano.
Settimo giorno – km 80 km disl. + 1000 mt
Sempre con il mare, distante, alla nostra destra costeggiamo (si fa per dire) verso est cercando di avvicinarsi all’Italia.
Solito su e giù per le colline attraversando paesi veramente piacevoli.
Ci colpisce Vence, caratteristica, con una veste medievale, animata da gente e mercatini; il sole evidenzia dimaniche, luci, ombre, colori.
Stuzzicanti bar-boulangerie invitano ad una sostanziale seconda colazione.
Dopo poco pù di una decina di km ecco che appare la prima vera spianata: altro non è che il letto dove corre il fiume Var, incontrato nelle prime tappe.
Qui ora è più ampio e corre impetuoso e stranamente grigio verso il mare, verso Nizza.
Potremmo decidere se calare in riviera o proseguire per le montagne.
Le informazioni che nel frattempo raccogliamo sul Col di Tenda, soprattutto sulla via sterrata dei Cinquanta Tornanti/Via del Sale, non sono concrete; non si comprende se le bici possono transitare, se possono farlo ad orari, se il transito è permesso solo ai locali, ecc..
Troppi dubbi, tempi stretti: uno sguardo alla mappa e puntiamo a cambiare i nostri programmi decindendo di rientrare da dove avevamo già valicato.
Ovviamente non è lo stimato caos della Cote d’Azur che ci attrae per cui è inequivocabile l’opzione della via montana.
Bella, lunga e larga è la ciclabile di questa vallata, ciclabile che segue parallela l’autostrada verso Nizza.
Noi andiamo in direzione opposta e in breve deviamo per risalire la vallata del Vèsubie.
Dobbiamo dire che ogni strada, ogni luogo è assolutamente nuovo perchè non è stato preventivato nell’organizzare il viaggio.
Questa valle è veramente bella, la via è tortuosa, come il Vèsubie che scorre alla nostra destra, a ridosso delle rupi come nelle prime nostre tappe.
Il traffico è modesto, inoltre i francesi con le auto passano veramente a distanza, per cui si procede sempre piuttosto tranquilli.
Il torrente corre ad immettersi nel Var dalla parte opposta al nostro incedere quindi, dopo poco, cominciamo a spingere in salita.
Si fa quasi sera e urge cercare un luogo dove passare la notte. I piccoli paesi non offrono granchè, anzi nulla, quasi uno stato di abbandono.. ma stavolta si segue quel cartello che indica un campeggio; ovviamente le distanze indicate sono sempre minori di quelle reali.
Dato che il cielo si è ingrigito forse è meglio non sfidare la sorte montando le tende e
al camping ci prospettano una soluzione veramente inusuale: dentro una specie di palafitta di legno e telone.
Una passeggiata a piedi fino al paese per cenare, Roquebillière, in cima alla collina; per smaltire la birra stessa passeggiata fino alla palafitta.
Ottavo giorno – km 55 disl. + 1400 mt
Nulla di aperto, comunque nessun locale, così a pancia vuota si riprende a pedalare mentre il sole timidamente si fa vedere.
Una buona manciata di chilometri e finalmente arriviamo a Saint Martin Lantosque: rituale sacrosanto della colazione.
Il torrente in questa sua vallata ha lasciato segni indelebili di distruzione tali che ci chiediamo cosa possa essere successo: una ricerca in internet ci notifica che nell’ottobre 2020 i violenti nubifragi autunnali hanno creato seri problemi idrogeologici sia qui che nella corrispondente parte italiana.
Di fatto la via che esce da Saint Martin è una ripida bretella sterrata che aggira la strada originale strappata dall’impeto delle acque: memori anche alcuni caseggiati a cui manca la metà delle mura.
E si sale .. con le immancabili tabelle che ad ogni chilometro indicano distanza dal passo e pendenza media.
Saturi di un buon allenamento alle lunghe ascese finalmente sostiamo al Col Saint Martin per scolarci un birra.
Ora sfila una altrettanto lunga discesa.
In basso restiamo un po sorpresi, quasi un dejavù “qui ci siamo già stati!”: ritroviamo un punto dove eravamo già passati e questo per non aver guardato accuratamente la mappa:
Abbiamo praticamente “chiuso il cerchio” e siamo sulla via che risale a Isola, successivamente al Col de La Lombarde.
A Isola prendiamo posto nel solito campeggio no-cost nonchè al chiosco sul laghetto.
Domani mattina ci attendono le “23 leghe” della Lombarde.
Nono giorno – km 82 disl. + 1600 mt
Almeno due cappuccini e due briosce necessitano per affrontare questa ultima salita: in Francia non sanno fare il cappuccino.. però lo sanno far pagare!
Piano.. piano.. è la strategia: 23 chilometri ad una media del 7% non sono uno scherzo.
La via è larga, luminosa, in mezzo alla foresta di conifere, pare anche più distesa rispetto alla corrispondente italiana.
Il primo lungo tratto del tutto verde culmina alla località sciistica di Isola 2000, per fortuna attiva e dove si può trovare qualcosa per ristorarsi.
Il tratto successivo è più aperto e irto, siamo già a 2000 mt, e si vede l’asfalto che sale e la conca del passo poco sopra.
Stavolta non fatico a guadagnarmi il passo, già un po più allenato e con qualche kg in meno.
Ci godiamo la vista nei due versanti… scambiando qualche chiacchiera con ciclisti stradali anche loro ebbri di impresa.
Ora è tutta discesa fino a Cuneo, quasi… fino Vinadio sicuro!
Capita che solo calare una via ci si rende conto di quanto sia oggettivamente ripida, salirla è fatica
ma concorrono spesso diversi fattori per cui non sempre è la percentuale che influisce.
Così questa discesa pare più stretta e pendente di come riuscivo a ricordare … ed incredibilmente lunga.
A Vinadio si giunge quasi in piano. Parallela alla statale trafficata da automezzi pesanti, la via minore si alterna in saliscendi dei quali pensavamo oramai di farne a meno.
Ma sono gli ultimi colpi di pedale… Cuneo arriva abbastanza in fretta come altrettanto è arrivata la fine di questo viaggetto.
Si tornerà a casa domani, in auto, ora però godiamoci questa serata in centro città con le gambe sotto il tavolo e un bel po’ di roba sopra.
FINE
(testo e foto di Marco Zoffoli)
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