DA CESENA A GROSSETO

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ASSETTO: Borse Laterali

AREA: Italia

PAESI: Emilia Romagna, Toscana, Umbria

PARTENZA: CESENA

ARRIVO: GROSSETO

DATE: Dal 15/09/2009 al 19/09/2009

DURATA: Da 2 a 4 giorni

KM TOTALI PEDALATI: 350

GIORNI PEDALATI: 4

STERRATO: 0 %

ASCESA TOTALE: 4000 mt

QUOTA MASSIMA: 863 mt

PARTECIPANTI: 1

BAMBINI: NO

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BUONO A SAPERSI

  • Diario originalmente pubblicato sul vecchio sito del Cicloviaggiatore da Andrea Agostini  in data 31 Dicembre 2010. Ultimo Aggiornamento: Mercoledi, 23 Dicembre 2015

Un altro breve viaggio, più o meno dall’Adriatico al Tirreno attraverso con avvicinamento a Cesena e ritorno a casa da Grosseto con le Ferrovie Nazionali.

Dalla Romagna alla Maremma, dallo Stato della Chiesa al Granducato di Toscana attraverso le mille patrie che stanno per venire, passando per i vecchi e i nuovi confini della nostra Italia e della nostra mente.

DORMIRE / MANGIARE / BERE

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Camera in struttura

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  • L’albergo poco prima di Monticiano ha solo due stelle ma per come è, per come è gestito e per la simpatia della gente che ci sta ne meriterebbe una decina. La stanza è deliziosa, la cena all’aperto è meravigliosamente e seriamente toscana con zuppa e scottiglia di cinghiale e vino rosso.

NOTE PERCORSO

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Percorso: Cesena, Mercato Saraceno, Bagno di Romagna, Sansepolcro, Città di Castello, Castiglion Fiorentino, Marciano della Chiana, Lucignano, Sinalunga, Serre di Rapolano, Asciano, Monteroni d’Arbia, San Lorenzo a Merse, Monticiano, San Galgano, Roccastrada, Montepescali, Grosseto.

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GLI IMPERDIBILI

 

  • Devi andare all’Abbazia di San Galgano, é lì vicino, ci vengono da tutto il Vasto Mondo, per la sua chiesa, e per la cappella rotonda lì vicino con dentro la spada nella roccia e tutte le sue leggende. E ci son reliquie del fatto che lupi miracolosi hanno fatto giustizia di chi non credeva che…
  • Sotto la favolosa Montepescali, che sembra il castello di Jaisalmer visto dalle pianure del Rajastan, la strada termina sull’Aurelia.

 

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DA CESENA A GROSSETO

A língua é minha Pátria
E eu não tenho Pátria: tenho mátria
Eu quero frátria

Caetano Veloso – Língua

 

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Prima tappa da Cesena a Sansepolcro (AR)

 

La E45 Orte Ravenna ha lasciato libera la vecchia strada che, a detta di un cicloviaggiatore di Padova che ho incontrato sul treno tempo fa, è molto interessante. Esco dalla città costeggiando il lato destro del fiume Savio e i primi colli per una piccola e bella strada fino a San Carlo quindi proseguo per Mercato Saraceno. La valle del Savio sale larga e lenta verso sud tra colline basse di argilla e molte case diffuse e centri abitati, ma quello che risalta nel paesaggio e nel ricordo di esso sono i grandi capannoni delle fabbriche dei polli e l’odore delle fabbriche dei polli che non è decisamente 10+ come il grande maestro delle galline ci vorrebbe far credere dalle televisioni. Pensando che la strada da fare sia molta e la salita fino al passo di Montecoronaro sia lunga e impegnativa, non mi fermo a Mercato Saraceno. Peccato. Il nome lo rende interessantissimo almeno dal punto di vista storico e delle sue probabili contaminazioni culturali, impensabili ora. Dopo un’ansa del Savio rientro nell’estremo lembo delle Marche che percorro per poche decine di metri, fino al successivo ponte. Non sarebbe interessante questa nota se non fosse, ahimé, l’ultima volta che questo lembo di territorio appartiene alla mia regione. Infatti con una proditoria sollevazione ben sette comuni del Montefeltro: Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant’ Agata Feltria e Talamello, nell’indifferenza assoluta di tutta la Nazione, sono scappati verso un altrove che ci siamo creati in questi ultimi tempi nel nostro cervello di moderni italiani delle infinite e inutili patrie.

Non mi fermo nemmeno a Sarsina che dall’alto della sua storia romana e di Plauto avrebbe meritato molto di più che il rifornimento di acqua alla fontanelle dei giardinetti.

Mi fermo invece a Bagno di Romagna ma nella frazione sbagliata; a San Piero in Bagno dove compro l’occorrente per i pranzo che consumo in una piazza modernamente lastricata di pietra troppo bianca e liscia, come di moda in tanta Europa da più di un decennio a questa parte. Avrei dovuto invece fermarmi a poco più avanti dove ombrosi giardini e zampilli di acque termali e alberghi e vie e piazzette di un bel centro urbano coccolano una deliziosa comunità di ospiti del tranquillo e minimale “turismo termale”.

Subito dopo inizia la salita per il passo. Per qualche chilometro prima dell’abitato di Verghereto, diventa tragica per la chiusura temporanea della strada a quattro corsie. Tutto il suo traffico, costituito per gran parte da grossi autocarri, mi lambisce penosamente e pericolosamente con il suo carico di rumore straziante e della mefitica e untuosa vampa di gasolio bruciato. Dopo il passo e dopo l’area di servizio della E45, la discesa per la vecchia strada al fantomatico borgo di Canili, è alquanto accidentata. I segnali stradali sono incomprensibili ai ciclisti e la strada è stata dimenticata? Bombardata? Non so! Enormi buche, pietre cadute, frane, alberi sull’asfalto distrutto rendono la ripida discesa difficile e pericolosa ma si svolge in un bellissimo bosco. Sono ora nella valle del Tevere, in seguito la strada migliora e la discesa prosegue fino a Pieve Santo Stefano che ha già l’aria di una città del Granducato di Toscana. La parlata perde la scivolosità gallica e acquista le spigolose aspirazioni etrusche ma è sempre la medesima lingua italiana. In seguito il cammino è in pianura o in debole discesa e dopo aver lambito il lago di Montedoglio, prima di farmi giungere a Sansepolcro, mi somministra alcune fastidiose brevi salite. Arrivo nella città di Piero, nel bel mezzo del palio della balestra. Trovo una buona sistemazione dentro il centro murato ma mi aspetta una cena lenta e al freddo, seduto sulla via principale.

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Seconda tappa da Sanseplcro (AR) a Lucignamo (AR)

Sansepolcro è la patria di Piero della Francesca, una delle icone del rinascimento italiano e un attento descrittore dei paesaggi di provincia della nostra Italia Centrale: Il Granducato di Toscana e il Ducato di Urbino. Prima di uscire dalla città faccio il doveroso pellegrinaggio al suo museo comunale, bellino e ben tenuto. Poco fuori dal centro abitato si è già fuori dal Granducato di Toscana, a San Giustino si è già nello Stato della Chiesa.

Li percorsi di cotesta legazione di Perugia dello Stato Pontificio, come già ebbi a riferire in altri viaggi, sono oltremodo disseminate di buche et crateri et il fondo est pessimo et fangoso, tanto da farmi ritenere che siano le peggiori di tutto lo Regno del Papa e dell’Italia intiera.

Proseguo fino a Città di Castello, subito dopo il centro oltrepasso il Tevere e lo costeggio sul suo lato destro per una strada più tranquilla fino ad incontrare l’affluente valletta del torrente Néstore. Da qui inizia una meravigliosa piccola e solitaria strada per una valle incantata che, tra castelli e abbazie, mi conduce con una gentilissima salita, a valicare un’ampia corona di alte colline e discendere infine a Castiglion Fiorentino. Di questa città mi ricordo bene una salita nel centro storico lastricato con un cartello di pendenza del 17% e una mostra su “cinghiale: archeologia, mito e caccia”. Dalla spianata della cittadella dominata da una potente torre quadrangolare, risaltano nel paesaggio occidentale, il Monte Amiata e il camino vulcanico di Radicofani.

Supero la Val di Chiana e la lunga pista ciclabile che costeggia il canale e viene giù direttamente da Arezzo fino Chiusi. Risalgo verso turriti paesi di sommità: Marciano della Chiana e Lucignano. Mi fermo a Lucignano: paese doppiamente circolare con le sue costruzioni di arenaria dentro le porte medievali, tra torri e piazzette fiorite e stradine fiorite ma un tantino finte e probabilmente troppo “for tourists”. Infatti all’albergo con piscina di fronte alla collegiata, mi dicono in inglese che non hanno un posto, magari non ce l’avevano davvero, e la cena ha decisamente prezzi fuori orbita con la carne della onnipresente chianina a minimo 50 euro solo a guardarla. Ma se i bovini in giro sono così pochi, non sarà magari come con il Brunello di Montalcino, dove dentro c’è di tutto?

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Terza tappa da Lucignano (AR) a Monticiano (SI)

Oggi il mio itinerario prevede di scendere fino alla stazione di Rigomagno e poi di lì attraverso la vecchia strada per Siena arrivare fino a Rapolano Terme e quindi ad Asciano, dove sono già stato. Ma per via di una mio vezzo preferisco ritornare sui luoghi più volte. Inizio subito la invitante discesa, prima del centro storico, ma sbaglio strada. Sono costretto ad arrivare fino a Sinalunga e di lì guadagnare la stazione di Rigomagno costeggiando la nuova strada a quattro corsie. Proseguo quindi fino a Serre di Rapolano agguerrito nido arroccato in cima ad una salita ma poi fino ad Asciano è tutta una gran bella discesa. Dal parcheggio tra i giardinetti e la scalinata della chiesa partono numerosi ciclisti con furgoncino di appoggio al seguito. Credo americani delle gite organizzate. Oltre Asciano e oltre l’appena nato fiume Ombrone iniziano le crete senesi. La strada fino a Monteroni D’Arbia è un continuo saliscendi tra campi arati e brulli di argille. In quella piccola valle seguo la Cassia per un breve tratto verso sud fino a prendere la provinciale per Vescovado. Attraverso il borgo di Lupompesi e il valico del Rospapoio. Evidentemente la geologia cambia e cambia la vegetazione: quassù ci sono bei boschi rigogliosi che non mi fanno rimpiangere gli scenografici deserti delle Crete di prima. La discesa per Fontazzi è velocissima. Arrivo alla strada Siena-Grosseto che seguo brevemente verso sud fino a prendere la meravigliosa strada per San Lorenzo a Merse che sale bene tra bellissimi boschi di pini marittimi e latifoglie fino a Tocchi. Il villaggio è minuto. Mi fermo a chiacchierare con due signori in “piazza”. I miei compagni di chiacchiera sono molto ciarlieri:

Qui a Tocchi siamo solo 35 abitanti. Se ti vuoi fermare alla locanda di Peppe, devi aspettare che vengono ad aprire, ora é troppo presto, vengono più tardi. Ma se vuoi puoi arrivare bene fino a Monticiano, c’é ancora un poino di salita ma poi l’è tutta discesa.

Vado avanti per il pochino di salita per il bosco maestoso e bello, c’è poi, sì, la discesa, ma oltre il torrente di nuovo ritrovo la salita che forse ai miei compagni di chiacchiera non sembra tale perché loro a Monticiano, ci vanno in macchina.

E poi ancora:

Monticiano l’è posto di funghi buoni. L’é sempre bello freschino anche nelle estati col sol leone. Devi andare all’Abbazia di San Galgano, é lì vicino, ci vengono da tutto il Vasto Mondo, per la sua chiesa, e per la cappella rotonda lì vicino con dentro la spada nella roccia e tutte le sue leggende. E ci son reliquie del fatto che lupi miracolosi hanno fatto giustizia di chi non credeva che…

L’albergo poco prima di Monticiano ha solo due stelle ma per come è, per come è gestito e per la simpatia della gente che ci sta ne meriterebbe una decina. La stanza è deliziosa, la cena all’aperto è meravigliosamente e seriamente toscana con zuppa e scottiglia di cinghiale e vino rosso.

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Quarta tappa da Monticiano (SI) a Grosseto

Il mattino dopo, dopo la colazione all’aperto nel mio albergo, per prima cosa vado alla “COPPE”, come dicono qui, dove compro banane e frutta. Faccio quindi la obbligata deviazione fino a San Galgano, sono solo 14 km tra andata e ritorno. L’abbazia cistercense del XIII è grande, splendidamente inquietante e incompiuta. La rara cappella rotonda, romanica, di Montesiepi è del secolo precedente. Ha delle assonanze con quella di San Giusto a San Maroto nell’alto maceratese, ma in più, oltre agli affreschi di Ambrogio Lorenzetti, questa in mezzo al pavimento ha la sua bella spada medievale conficcata nella roccia.

Parto quindi alla volta di Roccastrada per una via che serpeggia in leggera salita dentro il bellissimo bosco toscano, poi il percorso si fa più mosso con saliscendi continui, borghi appiccati su colline ripide. Dopo il castello di Tornella la strada prende una larga cresta dalla quale si hanno delle ampie vedute sul mare di colline. Giungo a Roccastrada che mi appare una città troppo grande, rumorosa e moderna. Non mi fermo e proseguo veloce per la lunga discesa fino a raggiungere la pianura ad incontrare la linea ferroviari Siena-Grosseto. Da qui inizia una bellissima strada diritta e segnata da due lunghissime file di pini marittimi che creano qualche problema all’asfalto con le loro radici, ma il luogo è talmente bello che non mi danno nessun fastidio. Sotto la favolosa Montepescali, che sembra il castello di Jaisalmer visto dalle pianure del Rajastan, la strada termina sull’Aurelia. L’idillio finisce, fino a Grosseto non è un piacevole andare. Percorro in un traffico intenso, la periferia commerciale della città, piena di odiate rotatorie e dei capannoni lucenti delle concessionarie di tutte le automobili del mondo. La città murata è comunque bella e gentile, tranquilla e fresca.

Alla stazione attendo il regionale per Roma…

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