DI QUI PASSO’ FRANCESCO – prima parte

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DI QUI PASSO’ FRANCESCO – prima parte

 

Questa volta ci siamo: parafrasando il Rastignac balzachiano, La Verna, a noi due!

Ho comprato, letto e riletto la bella guida “Di qui passò Francesco”, pubblicata da Angela Seracchioli, una donna intrepida e generosa, che si è prodigata per avviare, segnare e valorizzare uno stupendo ed impegnativo cammino transappenninico, sulle orme del poverello d’Assisi. Il Cammino francescano parte da La Verna per arrivare a Poggio Bustone, Rieti. Ne compirò la prima parte, fino ad Assisi, tempo e forze permettendo.

La prima intenzione era di partire in bicicletta da casa (Reggio Emilia). La partenza da casa ha sempre un sapore particolare, ha una solennità abramitica, esci dalla tua terra e vai!….

Due anni fa ucii dalla mia terra e progettai di raggiungere La Verna in due giorni, tagliando l’Appennino trasversalmente; ma l’Appennino Tosco-emiliano non si lascia tagliare con disinvoltura, e l’impresa fallì.

Ora mi sono calmato e ho messo giudizio (mai troppo tardi!): con questo caldo e in queste condizioni di scarso allenamento, farò un avvicinamento in treno fino a Forlimpopoli. Prendendo il treno delle 4.30 del mattino, dovrei iniziare a pedalare verso le 7 e raggiungere in giornata La Verna. Almeno sulla prima tappa dovrei essere sicuro: Forlimpopoli-La Verna.

 

Sabato 8 luglio, PRIMA TAPPA: Forlimpopoli – S. Pietro in Bagno (km 86)

La Verna il primo giorno? Non avevo fatto i conti con Caronte, l’anticiclone antifrancescano per eccellenza!

Intanto partiamo. Giro perlustrativo del centro storico di Forlimpopoli, grazioso alle prime luci del giorno.

Ieri mi è arrivato dall’Austria il Garmin etrex 30 che ho acquistato usato su eBay. Il tempo di capire le funzioni fondamentali e di caricare in fretta e furia alcuni percorsi scaricati da internet, da La Verna ad Assisi. Il navigatore funziona a perfezione, ma i percorsi scaricati sono farlocchi, mi fanno zigzagare fuori strada su per le prime colline tra Forlimpopoli e Bertinoro, tagliando per i campi e violando le proprietà private. Disastroso: dopo tre ore mi accorgo di essere lontano soltanto 25 km dalla stazione di Forlimpopoli. Spengo il garmin e mi fiondo sullo stradone di fondovalle per guadagnare chilometri: al Santuario della Verna è previsto il check-in entro le 18.30. Strada brutta, trafficata, battuta dai motociclisti (ah già, è sabato). A Galeata mi fermo in un bar a mangiare un’insalata, sempre tenendo sott’occhio il Cancellone. Ho sentito di cicloturisti scippati della bicicletta mentre si fermavano a comprare un po’ di frutta a un banco del mercato.

Guardo l’orologio, è l’una passata, mi sa tanto che alla Verna oggi non ci arrivo. La Verna, mèta dei miei fallimenti.

A ricordare che di qui è transitato quest’anno il Giro d’Italia incontro dovunque biciclette rosa, appese ai balconi delle case o esposte ai bordi delle strade, non saprei dire se dedicate a qualche atleta locale o semplicemente in onore dell’evento; non seguo il ciclismo agonistico, sono decisamente per lo slow ride.

Arrivo a San Pietro in Bagno, grazioso paesello, in cui noto un certo movimento; mi dicono che la zona è ricca di acque termali, siamo a pochi chilometri da Bagno di Romagna.

Mi avvertono che trovare da dormire di sabato non sarà facile; infatti trovo posto solo a casa del diavolo.

Se cerchi da dormire, sicuramente c’è posto alle Corbaie.

– Va bene. Dov’è?

– Vedi quella montagna là? Lassù in cima. Solo 2 o 3 chilometri, una bella salita però!

Bella sì: 300 metri di dislivello in 2,5 km!… Ecco perché si trova posto. Ma sono contento si salire, qui nel fondovalle fa un caldo pazzesco.

Sono l’unico ospite di un appartamentino tutto mio in un casolare ristrutturato; il gentilissimo proprietario mi mette a disposizione frutta e uova fresche, biancheria da letto e da bagno, al modico prezzo di 35€: è valsa la pena quella salita.

 

Domenica 9 luglio: S. Pietro in Bagno – La Verna, km 73

 

I chilometri non sono tanti, ma ci sono un paio di salite importanti, e sarà una giornata caldissima, quest’anno butta così. Ieri ho bevuto 7 litri d’acqua. Tengo sempre nelle borse due litri d’acqua di riserva; l’esperienza mi ha insegnato che contro la crisi di sete non c’è difesa. Tengo comunque anche scorte di cibo; questo è l’anno dei datteri.

Da San Pietro in Bagno voglio evitare la strada principale e mi inoltro in strade secondarie, spesso non asfaltate, verso il lago di Acquapartita, Alfero e borghi sparuti in cui rischio di perdermi, se non fosse che la connessione internet c’è e mi basta Google Maps per orientarmi. Carraie e stradine gustosissime, ma a mezzogiorno mi accorgo che sto facendo tardi, mancano troppi chilometri. Verghereto e il valico di Montecoronaro: la discesa dal valico si conclude con una bella sorpresa: in località Canili-Piantrebbio il viadotto della strada provinciale che scavalca la E45 è chiuso:

Non ho alternative, scavalco con la bicicletta sperando di non essere beccato. Fa una certa impressione percorrere un viadotto chiuso, sembra di essere in una scena da thriller quando ancora non è successo niente… Scavalco di nuovo la barriera alla fine del viadotto e percorro una lunga discesa in totale solitudine (per forza, la strada è chiusa), lungo una strada ora asfaltata ora bianca, che il bosco sta cominciando a divorare.

 

 

Discesa a valle e lunga salita verso il santuario, tra foreste di faggi e abeti, lungo i fianchi di un monte roccioso, che ancora oggi appare maestoso. Chissà che effetto avrà fatto a Francesco la prima volta che vi si recò, dopo che il conte Orlando Catani di Chiusi in Casentino decise di regalargli l’intera montagna.

“Io ho in Toscana un monte devotissimo il quale si chiama monte della Verna, lo quale è molto solitario e selvatico ed è troppo bene atto a chi volesse fare penitenza, in luogo rimosso dalla gente, o a chi desidera vita solitaria. S’egli ti piacesse, volentieri lo ti donerei a te e a’ tuoi compagni per salute dell’anima mia” (dai Fioretti)

A La Verna, come ad Assisi, si respira la presenza del santo, il suo messaggio di povertà e di umiltà, al di là di tutte le contraddizioni, quali le imponenti strutture costruite successivamente nel suo nome.

L’ingresso fotografato all’alba del mattino seguente:

 

 

Arrivo giusto in tempo per la Messa, ma non potrò dormire nella camerata dei pellegrini, tutto esaurito. Così mi concedo il trattamento di mezza pensione in camera singola (€ 48). Certo, bisogna fare un bello sforzo per immaginare come saranno stati gli alloggi dei pellegrini nei primi tempi. Secondo la Leggenda perugina del 1631, per diposizione testamentaria Francesco fece scrivere:  “tutte le abitazioni dei fratelli devono essere fatte di fango e di legno, in segno di povertà e umiltà, e che le chiese che si fabbricano per loro siano piccole” (Leggenda perugina – 1631). Il Santuario, immenso, non rispetta forse i canoni fissati dal fondatore, però ha permesso ad Andrea della Robbia e alla sua scuola di lasciarci tre capolavori: L’annunciazione e La natività, nella Basilica, e La Crocifissione, nella Cappella delle Stimmate. Ammiriamo, rispettando il divieto di fotografare.

 

Lunedì 10 luglio: La Verna – Sansepolcro, km 60

L’atmosfera di La Verna mi ha contagiato: quel luogo “attissimo alla orazione e alla contemplazione” mi spinge a cercare strade il più possibile deserte. Così sono disposto ad allungare il percorso pur di pedalare in silenzio e lontano dal traffico. I tracciati offroad mettono alla prova le sospensioni e il Cancellone protesta: non sono mica una mountain bike in assetto bikepacking! Gli effetti di questa scriteriata discesa sulla giù acciaccata ruota anteriore si faranno presto sentire…

 

 

Fedele alla guida, scendo a Pieve S. Stefano e appena fuori dell’abitato devio a sinistra per “Cerbaiolo”: 5 chilometri che salgono dolcemente in mezzo ai boschi di cerri, querce e noccioli, su strada sempre ombreggiata, una favola!

Solitudine cercata e trovata. Per tutta la mattina non incontro anima viva; solo animali vivi, mandrie di bovini al pascolo dietro la recinzione elettrificata, sormontata da un cartello inquietante: ATTENZIONE AL TORO! O come la colonia di cinghiali che si ferma a fissarmi in posa fotografica, salvo dileguarsi nel bosco appena faccio il gesto di estrarre il telefono.

L’arrampicata all’eremo di Cerbaiolo va completata a piedi. Saldamente ancorato alla roccia, il piccolo ed elegante complesso comprende una chiesa, un chiostro e un convento, composto di 17 celle, sala capitolare e refettorio. Cose che non vedrò, tutto chiuso.

Nella guida si racconta dettagliatamente la storia dell’eremo, il più antico insediamento monastico dell’Alta Valle del Tevere, ristrutturato di recente nel pieno rispetto dello spirito francescano, grazie alle cure di suor Chiara, scomparsa di recente, che ha dedicato la sua vita al recupero dell’eremo. Anche solo l’esterno vale la visita: la vista sulla vallata dal roccione a cui l’eremo si aggrappa è davvero uno spettacolo, e la fotocamera dell’iphone non può renderle giustizia. Mi pento di non aver portato la macchina fotografica, solo per la fatica di qualche etto in più…

Durante la discesa verso Sansepolcro mi accorgo che la ruota anteriore del Cancellone sta riprendendo a zoppicare: i vari interventi di regolazione dei raggi fatti in questi anni non hanno risolto il problema del cerchio deformato, e la discesa di prima ha fatto riaffiorare le magagne. Il fatto risale al giro del laghi del 2012. Alla stazione di Mantova mi venne indicato come comodo ascensore un montacarichi aperto, senza cabina; entrai con la bicicletta, che riuscii a sistemare solo incastrandola di traverso. Premuto il pulsante di salita, sentii la ruota anteriore cigolare e fare resistenza contro il muro: quando mi accorsi di quello che stava succedendo era troppo tardi, la ruota era orrendamente deformata. Una scena degna del miglior Fantozzi.

Vabbè, non resta che cercare un meccanico per una centratura d’emergenza; i due che trovo in città sono chiusi, il terzo, aperto, si trova in località San Giustino, ciclofficina EFFEFFE. Su Google Maps è indicato un indirizzo sbagliato, e solo dopo tre contatti telefonici riesco finalmente a trovarlo. Gentilissimo, procede immediatamente e GRATUITAMENTE all’intervento di regolazione e centratura della ruota, ma mi avverte che il cerchio è danneggiato e andrà prima o poi sostituito.

Questo piccolo inconveniente mi fa saltare la visita all’eremo di Montecasale, uno dei luoghi francescani più suggestivi e significativi della zona. Pazienza.

Perso Montecasale, non voglio perdere Sansepolcro. Soprattutto non voglio perdermi Piero della Francesca, la magnifica Resurrezione che ho visto mille volte sui libri di storia dell’arte e in televisione. Ma oggi è lunedì e il museo è chiuso. In più mi hanno detto che proprio la Resurrezione è in restauro. Pazienza.

Cerchiamo da dormire, mettiamoci in borghese e visitiamo la città. Il numero di telefono del convento dei cappuccini “Il Paradiso, casa dello studente” risulta inesistente; vengo poi a sapere che il convento è chiuso. Trovo invece posto in pieno centro, presso il Convento dei Servi di Maria, gestito da una famiglia: 15 € per il solo pernottamento in camerata. Scopro subito che sono l’unico ospite della camerata: con questo caldo, i pellegrini non si sono mossi quest’anno, commenta desolata la gestrice.

La città mi sorprende per la bellezza delle vie, dei palazzi e delle chiese. Il centro storico è un intrico di viuzze e vicoli strettissimi, molto suggestivi. Sicuramente c’è stato un tempo in cui questa è stata una città ricca e importante.

Capito davanti alla ex chiesa di S. Chiara, ora adibita ad auditorium. Guarda un po’, proprio stasera concerto pianoforte e clarinetto!

Al concerto faccio conoscenza con Antonio, professore di storia dell’arte in pensione. Mi racconta di Sansepolcro, della sua storia e dei tanti capolavori visibili e nascosti che la città ha in serbo. Se non ho fretta, domattina potrebbe farmi da Cicerone al museo. Certo che non ho fretta! E quando mi ricapiterà un’occasione del genere?

L’indomani, di buon mattino, mi presento  pimpante a casa di Antonio; mi offre un caffè e visto che il museo apre alle 10 mi propone una gita in auto all’eremo di Montecasale.

Lì siamo accolti da un anziano frate, molto gentile, che ci racconta storie e leggende legate all’eremo. Ancora una volta tutto è legato a San Francesco: dopo aver lasciato per sempre La Verna, Francesco, in viaggio verso Assisi in groppa ad un asinello, si fermò per qualche tempo a Montecasale. La porta dei briganti ricorda un episodio narrato nella leggenda perugina.

 

 

Un giorno giunsero al romitorio due malviventi a chiedere del cibo. Francesco ordinò ai suoi frati non solo di dare loro da mangiare, ma di portare provviste ai briganti nelle loro tane, per i giorni a venire: finito che abbiano di mangiare, proporrete loro le parole del Signore. Non a caso il nostro papa si chiama Francesco. Il frate ci mostra anche il leggendario orto dei cavoli, legato anch’esso ad un altro episodio famoso. A due ragazzi che volevano entrare nella comunità dei frati Francesco ordinò di piantare dei cavoli nell’orto, raccomandandosi di piantarli con le radici in su. Uno dei due era contadino e si rifiutò di piantare il cavolo a rovescio. L’altro invece prese il suo cavolo e seguì le indicazioni di Francesco. Alla fine il contadino fu rimandato ai suoi campi con la benedizione di Francesco, che lo invitò ad essere un bravo contadino, mentre l’altro fu ammesso nella comunità dei frati.

 

 

Ridiscendo in città. Prima di entrare al museo, Antonio mi mostra una curiosa bottega di giovani artigiani che lavorano, ristrutturano e decorano mobili e arredi in legno, per committenze di lusso, grandi alberghi e residenze storiche. Resto incantato di fronte a questo lavoro certosino con ritmi che sembrano fuori dal tempo.

 

 

La visita al museo civico di Sansepolcro è interessantissima, anche perché Antonio si muove come a casa sua. Vengo a scoprire è stato assessore per moltissimi anni e che è stato uno dei padri del museo stesso, concepito e realizzato con il suo costante intervento. Ora capisco perché l’hanno lasciato entrare gratis. Qui mi sta raccontando com’è cambiata l’urbanistica di Sansepolcro nei secoli.

La Resurrezione di Piero è visibile solo di sguincio, da sotto una vetrata che isola le impalcature del restauro.

 

Martedì 11 luglio: Sansepolcro – Pietralunga, km 55

Dopo la gita a Montecasale e la visita al museo, un saluto e un arrivederci ad Antonio. Mi rimetto in sella all’ora meno prudente, verso mezzogiorno, con il sole a picco, protetto solo dalla scorta di datteri.

L’acqua non mi preoccupa più; è vero che non tutti i paesi hanno fontane attive, ma tutti hanno almeno un cimitero. I cimiteri sono la più tranquilla sosta di approvvigionamento d’acqua.

Per strade basse di campagna, in buona parte segnate come ciclabili, taglio la pianura fino a Fighille, attraversando ampie distese di girasoli, per arrampicarmi fino al pittoresco borgo di Citerna. La vista dalla terrazza del bar centrale spazia sulla Val Tiberina.

Noto che la parlata non è più toscana schietta; scopro infatti di essere passato in Umbria. Dopo una breve sosta ristoratrice, riparto per scendere a Città di Castello, con l’intenzione di fare la breve deviazione consigliata dalla guida per l’eremo del Buon Riposo. Ma mi lascio distrarre dalle estese coltivazioni di tabacco, tabacco scuro – mi informano -, quello DOC per il sigaro toscano. Non ho mai fumato, ma vorrei saperne di più. Mi fermo ad interrogare un coltivatore, il quale sembra non aspetti altro: mi fa una lezione appassionata sul tabacco, sui segreti della coltivazione e della lavorazione, e io resto ad ascoltarlo incantato. Fino a ieri avrei disprezzato un lavoro che serve a produrre soltanto qualcosa di nocivo alla salute. Ora mi toccherà ripensarci.

 

 

Intanto che rifletto, perdo le indicazioni per l’eremo del Buon Riposo e mi ritrovo alle porte di Città di Castello, con gli imponenti contrafforti perimetrali.

La città colpisce per l’imponenza delle torri e degli edifici medievali, ma anche per l’eleganza signorile dei palazzi rinascimentali.

Nel bar dirimpetto alla cattedrale un tizio con due pastori tedeschi addestratissimi si offre di farmi una foto, nella quale gli basta un secco imperativo in tedesco per inserire anche i cani.

Purtroppo il tempo non mi consente la visita alla Pinacoteca comunale, dove avrei incontrato Raffaello, Luca Signorelli, i Della Robbia e altri illustri colleghi. Sarà d’uopo ripartire, visto che la strada per Pietralunga prevede salite piuttosto ostiche e la morsa del caldo non accenna ad allentarsi. La guida avverte: “Si pedala sempre in salita fino ad un altro bivio. Da qui si prende la direzione per Pieve de Saddi dove la salita ha alcuni tratti anche al 10% e per i meno allenati questo tratto potrebbe rivelarsi impegnativo”. Siccome rientro nella categoria dei meno allenati, mi preoccupo un pochino. Provo a fare una deduzione: ignorando la deviazione per Pieve de Saddi, e tirando dritto, la salita per Pietralunga sarà più agevole.

Infatti…

 

La calura è stremante e devo lottare con l’equilibrio, procedendo alla velocità della “rezdora in bicicletta”, costantemente inferiore a quella del pedone. In pochi chilometri sono salito 300 metri di dislivello.

Finalmente, ma è quasi sera, arrivo a Pietralunga, cittadina dall’aspetto di borgo medievale, per via dell’antica cinta muraria che raccoglie l’abitato attorno alla rocca longobarda dell’VIII secolo. Ma ci arrivo troppo stanco per fare delle foto.

La pieve di Santa Maria è chiusa, ma la canonica è aperta. Il parroco, don Francesco, giovane sacerdote rumeno, molto attivo, offre ospitalità in una dependance completamente ristrutturata, con due camerate. Offerta libera. Divido la camerata da 12 posti con un pellegrino, calabrese di origine, ma residente a Modena, che sta facendo il cammino a piedi da La Verna ad Assisi. Verso sera arriva una coppia di giovani. Si definiscono più turisti che pellegrini: si spostano in auto e visitano i luoghi facendo brevi passeggiate ad anello. Mi invitano a cenare insieme nel giardino prendendo le pizze da asporto. Una piacevolissima serata in compagnia.

Mercoledì 12 luglio: Pietralunga – Assisi, km 83

Quando mi sveglio, alle 6, il pellegrino è già partito, mentre i due giovani dormono ancora profondamente. Raccolgo il bucato, carico le borse e riparto a stomaco semivuoto, due datteri appena. Voglio guadagnare strada: l’inizio è in discesa e farò colazione più avanti.

Per arrivare a Gubbio scelgo la bella stradina in salita per S. Benedetto Vecchio, molto verde e poco trafficata. L’arrivo a Gubbio è sempre molto suggestivo. Gubbio è la più medievale delle città medievali. La vista dal basso impressiona. Scrive bene Angela Seracchioli: “un susseguirsi di quinte dove spiccano le torri e le case, il tutto abbracciato da mura che paiono disegnate da un bambino con pennellate di verde e lunghe sagome di cipressi” Si ripresentano alla memoria i ricordi dell’estate 2005, quando organizzai per un gruppo di giovani della parrocchia il pellegrinaggio a piedi Gubbio-Loreto.

 

Non poteva mancare la foto davanti alla Fontana dei matti.

Gubbio davanti alla fontana dei matti

 

Non ho tempo di visitare gli interni; il giro per le vie di Gubbio è comunque incantevole. Riparto per l’ultima mèta, la sospirata Assisi. Evito accuratamente la strada statale, piego per Ponte d’Assi, poi per l’abbazia di Vallingegno. Ad un certo punto vengo attratto da una gigantografia che campeggia sul muro di un bar-ristorante, il “Ristoro del turista”:

Il bizzarro proprietario si dichiara fan di Papa Francesco e di Vasco Rossi, i due massimi modelli di vita per i giovani di oggi… Sorvolo sull’accostamento, ammiccando, e ringrazio per l’acqua.

 

Riprendo la strada per Biscina, che porta dolcemente a Valfabbrica, costeggiando l’omonimo lago. Anche il paesaggio degli ultimi chilometri sembra preannunciare l’imminente pace.

Eccoci, il profilo della basilica di S. Francesco, con alle spalle il monte Subasio, è già in vista ed accompagna gli ultimi emozionanti chilometri. Tutti i pensieri convergono in un inno di gioia e di ringraziamento.

 

 

 

Oggi è il 12 luglio; l’anno scorso a quest’ora mi trovavo nel reparto di rianimazione a vegliare su mio figlio Claudio, in coma da tre settimane, e a pregare per il suo risveglio. Tre giorni dopo si sarebbe svegliato. E se oggi non è con me in bicicletta, è solo perché preferisce giustamente andare in vacanza con gli amici.

Non dovevo forse offrire questa pedalata a San Francesco?

 

Davanti alla Basilica superiore esibisco orgogliosamente la Credenziale del pellegrino, con i 9 timbri raccolti durante il viaggio.

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