GARGANO ROVENTE
Il viaggio
Sono le sette del 2 luglio 2012. Finalmente riesco a partire in bici, direzione Gargano.
Sono a Numana, ad una ventina di km a sud di Ancona, ed a quest’ora del mattino si pedala abbastanza bene, dato che il sole non picchia ancora forte. Il lungomare tra Numana e Porto Recanati è una strada che conosco a memoria, direi metro per metro. L’asfalto scorre silenzioso sotto le ruote della bici. Getto uno sguardo distratto a sinistra verso il mare piatto, e a destra verso la Basilica di Loreto che dall’alto della sua collina, con il suo aspetto tra il solenne e il bonario, sembra volermi rassicurare e incoraggiare nell’intraprendere il viaggio.
Prima di partire ho sparso la voce per trovare compagnia, ma senza risultato. Non ho insistito più di tanto, perché tutto sommato viaggiare in bici da solo, non mi dispiace.
Il mio programma di massima è visitare il Gargano e poi eventualmente spingermi anche più a sud senza una meta precisa, perché devo vagliare e decidere al momento. Parto con pochissimo allenamento nelle gambe, ma ho fiducia che me lo procurerò strada facendo.
Mi sento felice, come sempre quando faccio questo tipo di viaggi! Sì, viaggiare in bici portandomi dietro tutto l’occorrente: “cicloviaggiare” come ci piace definire questo tipo di attività. Che bella sensazione! È il modo di viaggiare che prediligo, anche se non mi mancano mezzi di trasporto ben più confortevoli della bici. Guadagnare la strada metro dopo metro, pedalata dopo pedalata, è un’esperienza fantastica, una sensazione esaltante!
Ma torniamo al viaggio. Dopo aver percorso una ventina km, un bel campo di girasoli cattura la mia attenzione e colgo l’occasione per scattare la prima foto. Avete notato la bici? È ben carica di bagagli, compresa anche tenda, sacco a pelo e materassino. Con il senno di poi posso dire che ho portato troppa roba, e un po’ di cose non le ho neppure mai usate. E meno male che ho lasciato a casa fornelletto con accessori!
Proseguo il viaggio e mano a mano che il tempo passa, il caldo diventa sempre più forte. Nelle cittadine rivierasche situate tra Marche ed Abruzzo esistono alcune piste ciclabili lungo le spiagge, che però non sono (ancora) collegate tra loro. Queste piste sono davvero belle. A volte sono sotto le palme, a volte lambiscono la spiaggia. In certi orari però sono affollate di bagnanti che vanno in spiaggia e per transitarle bisogna fare un po’ di slalom tra la gente.
Questa volta preferisco percorrere la Statale Adriatica. Il traffico non è eccessivo, ma le difficoltà maggiori le trovo negli attraversamenti dei centri urbani, dove i numerosi semafori mi obbligano spesso a fermarmi e ripartire tra le auto in colonna.
Arrivato ad Alba Adriatica decido di pernottare lì, e alle tredici sto già montando la tenda al Campeggio Eucaliptus.
Dopo pranzo tento di riposare un po’ in tenda, ma è impossibile farlo a causa del gran caldo afoso. Durante la notte, poi, mio malgrado sono protagonista di una scena serio-comica: dopo mezzanotte un dolore fortissimo mi attanaglia la gamba sinistra e mi sveglia di soprassalto! È arrivato il temuto crampo muscolare, dovuto probabilmente alla mancanza di allenamento. Devo alzarmi in piedi per farlo passare ma per far questo devo uscire dalla tenda. Uscire in fretta da quella tendina a forma di cuccia di cane con una gamba bloccata dal dolore evitando anche di lamentarmi per non disturbare o allarmare gli altri campeggiatori, è un’impresa davvero difficile! Una volta uscito ed assunto una posizione eretta, muovo qualche passo e il dolore lentamente passa. Tuttavia rimango ancora molto tempo fuori della tenda prima di riprovare a sdraiarmi dentro la cuccia. Credo che nessuno si sia accorto di quanto successomi. La notte è stata per me quasi insonne!
Il giorno seguente riprendo il viaggio con tutta calma, ma come prima cosa compro in farmacia delle compresse di potassio/magnesio per prevenire i crampi, che per fortuna non ho più avuto per tutto il periodo. Il caldo si fa sempre più intenso. Sul lungomare di Roseto una fitta pineta dotata di panchine mi invita a fermarmi all’ombra per uno spuntino veloce a base di frutta che ho con me. Mi siedo su una panchina con schienale formata da robuste assi di legno di colore molto scuro, quasi nero. Mangio un po’ di frutta, bevo acqua e mi rilasso, mentre poco più in là alcuni bambini giocano felici sotto lo sguardo attento delle madri sedute su un’altra panchina. Finita la breve pausa, provo ad alzarmi, ma mi sento come appiccicato alla panchina! Riprovo con più slancio e sento il pantaloncino da ciclista che si stacca dalla panchina dopo che il tessuto si è steso in diversi punti. Accidentaccio! Non mi ero accorto che la panchina era cosparsa di resina dei pini! Volgo lo sguardo verso le mamme sedute sull’altra panchina che facevano finta di niente, ma era evidente che si trattenevano dal ridere! Ripartito in bici, noto lo stesso fenomeno di appiccicamento del pantaloncino anche sulla sella. In seguito non l’ho più indossato perché non sono riuscito a togliere le vistose macchie di resina.
Riprendo a pedalare, e quando arrivo sul lungomare di Pineto mi ritrovo in un’altra bella pineta in riva al mare. C’è anche un piccolo ristorante sulla spiaggia dove prendo un primo piatto tipico locale, e poi mi sdraio su una panchina (questa volta l’ho osservata bene) all’ombra dei pini per fare un pisolino. Sono nel bel mezzo di un concerto di cicale che fanno un “cicaleccio”, anzi direi un “baccano” terribile, tanto che è impossibile appisolarmi. Il posto tuttavia è bellissimo, una leggera brezza marina rinfresca l’aria ed io sono più che contento e soddisfatto. Le cicale, in fin dei conti, tengono compagnia! Nella pineta fa anche bella mostra di sè questo cartello “Ciclovia Adriatica”, cioè quell’ambizioso progetto di percorso ciclabile che dovrà (o dovrebbe?) collegare Trieste a S.Maria di Leuca! Mah! Boh! Io di certo non lo vedrò concluso!
Ripreso il viaggio, dopo Silvi Marina attraverso Pescara dove c’è un vivace traffico motorizzato e poi arrivo a Francavilla a Mare e pernotto al “Campeggio Francavilla”.
Notte tranquilla e finalmente riposante!
Nel terzo giorno di viaggio affronto la prima salita lungo la Statale Adriatica subito dopo Ortona. Non è lunga e nemmeno tanto ripida (pendenza max 6%), ma con tutti quei bagagli sulla bici e il gran caldo che fa, mi dà il primo segnale di cosa mi aspetterà nei giorni seguenti. In cima alla salita c’è un cimitero di guerra molto ben tenuto (MORO RIVER CANADIAN WAR CEMETRY) dedicato ai militari Canadesi morti in quella zona nel 1944 durante una cruenta battaglia lungo il fiume Moro. Mi è parso doveroso fare una breve sosta per rispetto verso tutti quei poveri ragazzi venuti a morire qui.
Riparto e percorrendo vari sali-scendi arrivo a Fossacesia e poi aTorino di Sangro. Questo tratto di costa mi regala alcuni bei scorci e incontro i primi trabucchi, cioè quelle tipiche costruzioni di legno su palafitte attrezzate con grandi reti da pesca. Sul lungomare di Torino di Sangro faccio uno spuntino, mi riposo un po’ e poi lentamente riparto. Altra salita al 5% in avvicinamento a Vasto, ma salgo senza problemi.
Alle sei del pomeriggio arrivo a Termoli, faccio un giretto nel borgo antico, ma poi proseguo verso sud perché a Termoli non ci sono campeggi. Arrivo a Lido di Campomarino dove ce ne sono diversi ed entro nel “Campeggio Happy Days”. Mentre sto parlando con la proprietaria per fare il check-in arriva un giovane che appena vede la mia bici, rimane così meravigliato e sorpreso che, interrompendo il discorso tra me e la padrona del campeggio, mi chiede se sono di Torino. “No!” rispondo “Sono di Ancona! Perché?” “Perché Lei ha una bici Discovery, cioè il marchio di bici fatte dal mio amico Silvano di Torino!” Il giovane è davvero contento di aver visto la mia bici, e le fa subito un paio foto con lo smartphone e le invia a Silvano.
Finito di parlare con questo giovane e concluso il check-in, mi rendo conto che il campeggio presenta evidenti segni di vecchiume e di abbandono un po’ ovunque. Trascorro però una notte tranquilla e la mattina successiva mi sento ben riposato e nuovamente pronto a spingere sui pedali.
Inizia il quarto giorno del mio tour, e mi sento in forma! Posso considerare le tappe finora fatte come tappe di trasferimento, perché ormai sono alle porte del Gargano, la meta principale del viaggio. Alle otto lascio il campeggio ed inizio a pedalare sotto un sole infuocato che non lascia presagire niente di buono. Sì, lo so! Dovrei partire prima, di mattina! Molto prima, sfruttando quel po’ di fresco che le prime ore della giornata ci concedono. Ma come si fa a partire prima? Io non ci riesco.
Mi immetto sulla Statale Adriatica, che in questo tratto è poco trafficata. Tira una discreta brezza (calda) da sud-est e quando qualche raro camion mi sorpassa troppo velocemente, sono avvolto da fastidiosi vortici. Ogni tanto, a intervalli regolari, s’incontrano a bordo strada su ambo i lati alcune piazzole di sosta, tutte piene di rifiuti di ogni genere, compreso anche grandi elettrodomestici. Peccato! Una vergogna per questi luoghi che meritano ben altro!
Dopo aver percorso circa 25 km dal campeggio, abbandono la Statale Adriatica definitivamente, e in pochi minuti arrivo a Lesina, sull’omonimo lago. Ecco, sono ormai nel Gargano! Lesina è carina, molto ordinata e pulita. La sua economia è legata alla pesca sopratutto dell’anguilla, ma ormai anche al turismo. Gironzolo qua e là, faccio scorta di frutta, mi siedo su una panchina rigorosamente all’ombra nella piazza centrale, e poi mi avvio in direzione Torre Mileto, percorrendo una strada secondaria che si snoda di fianco alla Statale n°89. La strada è deserta, il sole picchia forte e con me ho poca acqua. Infatti a Lesina non ho visto fontane, e non ho neppure provveduto a comprarne una bottiglia. Però la distanza che mi separa da Torre Mileto è di soli 22 km tutti pianeggianti, e perciò non mi preoccupo. Mano a mano che procedo si alza un vento contrario non forte, ma che tuttavia mi rallenta l’andatura. Tuttavia é piacevole pedalare lungo questa strada, perché oltre ad essere completamente senza traffico, ogni tanto consente qualche bella vista sul Lago di Lesina.
Una grande statua di San Pio attrae la mia attenzione.
Dopo un po’ trovo uno spazio d’ombra accanto ad un cancello chiuso di una masseria. Mi siedo su un muretto, mangio un po’ di frutta e scolo l’ultima acqua che ho. Ormai mancano circa 10 km a Torre Mileto e riparto sperando di non dover sentire lo stimolo della sete fino alla meta. Ma dopo neppure 200 metri una graditissima sorpresa: dietro una curva mi appare un gran piazzale su cui si affaccia il lato posteriore di una stazione di servizio che sta sulla parallela Statale n° 89. Entro subito nel fornissimo bar, bevo acqua a volontà, riempio le borracce e mi pappo un ricco gelato che mi dà una effimera ma piacevole sensazione di fresco. Infine concludo la sosta con un buon caffè e riprendo il viaggio.
Torre Mileto è una bella località sul mare, caratterizzata dalla presenza di una massiccia e ben conservata antica torre di avvistamento, che si trova incastonata tra il Lago di Lesina, il Lago di Varano ed il mare. Vicino alla torre e a qualche metro dalla battigia, mi sorprende vedere tra le rocce una sorgente di acqua dolce, che utilizzo subito per lavare la frutta appena comprata.
Dopo una breve sosta ed una chiacchierata con un coetaneo locale incuriosito nel vedermi, riparto e in pochissimi km arrivo a Capoiale, dove mi fermo al “Campeggio Rancho”. Mi si presenta con un ingresso da grande struttura turistica: cancello enorme, ampio piazzale asfaltato con una grande aiola circolare con belle piante e ben curata, teatro all’aperto con tante sedie allineate davanti ad un palcoscenico con un grande scenario, ristorante con un’ampia sala e tavoli all’aperto. Poi c’è l’altra faccia della medaglia: il campeggio occupa uno spazio molto grande ma con pochissimi ospiti, l’acqua delle docce è salata e quasi fredda, noto parecchie tane di talpe che mi preoccupano un po’, e dopo aver montato la tenda ho dovuto subito spostarla di una ventina di metri, perché stavo per essere assalito dalle formiche. Ceno al ristorante del campeggio dove ero l’unico commensale, ma meno male che il cibo era buono.
La notte trascorre bene, e il quinto giorno inizia all’insegna di una levataccia, anche se involontaria: verso le cinque sono già sveglio. Così ne approfitto per alzarmi e smontare tutto, in modo da partire presto almeno una volta. A quell’ora nei campeggi bisogna ovviamente fare attenzione a non far rumore per non disturbare, ma io non ho altri campeggiatori vicino a me almeno in un raggio di 100 metri. In poco tempo preparo tutto e sarei anche pronto per partire, se non fosse che il cancello è ancora chiuso. Veramente c’è un passaggio pedonale da cui potrei uscire, ma il problema però è un altro: sia il bar (almeno per un caffè) che la réception (devo pagare) sono ancora chiusi e dovrò attendere la loro apertura fino alle sette e mezzo!
Verso le 8 riesco finalmente a partire. Percorro quella stretta lingua di terra che separa il Lago di Varano dal mare. Traffico inesistente. Altri campeggi mi sfilano in sequenza uno dopo l’altro sul lato destro, e dietro di loro c’è il Lago di Varano. Mi appaiono come bei campeggi con nomi invitanti, bandiere di tutte le nazioni che sventolano tese da una leggera brezza marina, ed io mi domando se ho fatto bene ieri sera a fermarmi al primo campeggio incontrato, o se sarebbe stato meglio scegliere uno di questi.
Sul lato sinistro della strada ci sono alti alberi che impediscono la vista del mare che è lì dietro a pochi metri, ma che ogni tanto si intravede. Finito di percorrere questo lungo istmo, arrivo alla Foce di Varano, cioè una via d’acqua che collega il Lago di Varano al mare aperto. Un ponte consente di superare questo canale d’acqua e lì mi fermo per scattare un paio di foto al sottostante piccolo porto turistico e per pescherecci.
Sono al Lido del Sole e qui la strada si allontana un po’ dalla costa per salire verso Rodi Garganico. Appena supero un passaggio a livello della locale ferrovia, la strada si impenna all’improvviso tanto che preferisco scendere e percorrere alcune decine di metri spingendo la bici a piedi. Beh, con tutti quei bagagli che porto sulla bici ed il caldo torrido che c’è, faccio quello che posso e soprattutto cerco di non “strafare”. Appena la strada me lo consente risalgo in sella e mi arrampico lentamente lungo una breve salita fino a Rodi Garganico. Il centro del paese mi appare accogliente e vivace. E anche se noto negli edifici molti elementi tipici di tutte le cittadine del Gargano (pareti bianche, balconi con ringhiere in ferro, vicoli, scalinate, decorazioni bianche con luci in alto sopra le vie, ecc.) mi pare che Rodi abbia una fisionomia sua particolare, insomma qualcosa che la distingue un po’ dalle altre cittadine. Scatto qualche foto, e poi giù in velocità lungo una breve ma ripida discesa con qualche tornante che mi riconduce fino al mare. Percorro cinque km di lungomare con la spiaggia a sinistra e la ferrovia a destra che quasi lambisce la strada e poi salgo lentamente lungo una breve salita fino a San Menaio, un piccolissimo centro abitato. Faccio qualche foto, tra cui anche quella di una fontana da dove sgorga acqua fresca. Questa fontana merita una foto, perché in tutto il Gargano non ne ho incontrate altre.
Ormai sono vicino a Peschici,
che mi si mostra a picco sul mare quasi all’improvviso dietro una curva e dove arrivo verso le 11, dopo una breve salita che porta direttamente in centro. (il centro di Peschici)
Il paese è carino ed accogliente, ma lo conosco già per esserci stato più volte, tanto che non mi va di girarlo. Il sole picchia forte, e trovo un piccolo ristorante con un ombroso pergolato, dove mi fermo per assaporare un piatto locale. Mi riposo e poi faccio visita ad un bar lì di fronte, anche questo con invitanti tavolini all’ombra: un buon gelato e un caffè, e così faccio passare ancora un po’ di tempo per non mettermi a pedalare nelle ore centrali della giornata, che sono le peggiori.
Lasciato il centro del paese e percorrendo un breve tratto della Statale, giungo ad un bivio dove alcuni cartelli indicano sulla sinistra, verso il mare, “Baia San Nicola” ed i nomi di qualche struttura turistica. Io mi trovo ad una certa altitudine sul mare, e la Baia San Nicola è giù in basso, molto più in basso di me, e si vede solo il primo tratto di strada che scende, molto ripida e molto stretta.
Dovrei scendere giù fino al mare per incontrarmi con mio cognato che dovrebbe essere in vacanza con la famiglia in una struttura turistica di Baia San Nicola. Provo a contattarlo al telefono, ma invano. Sono molto dubbioso se scendere o no, perché mi preoccupa la ripida salita per tornare sulla Statale. Alla fine rischio, e mi tuffo giù in ripida discesa. Di mio cognato nessuna traccia, ma trovo una deliziosa pensione dove pernottare, incastonata tra le rocce, quasi al livello del mare. La baia è davvero bella, la pensione è fantastica e gestita da una simpatica ed ospitale famiglia. Ceno in un ristorantino ad una trentina di metri dalla pensione, dove naturalmente propongono solo menù a base di pesce. Il posto è tranquillo, si respira aria di mare e la leggera brezza marina serale crea un clima meraviglioso.
(due foto dal terrazzino della pensione)
Il sesto giorno inizia bene, perché ho trascorso una notte davvero riposante dormendo su un vero letto! Ho anche approfittato per caricare bene tutti i miei vari aggeggi elettronici, e la prima colazione è davvero super, consumata nel grazioso giardino della pensione, ovviamente con vista mare. Ora c’è il problemino di dover salire fino alla Statale, percorrendo una stretta strada con pendenza ben oltre il 10% e lunga quasi 2 km. Chiedo ad uno dei figli della padrona se può portarmi su i bagagli con l’auto mentre io salirei in bici, ma questo gentilmente si offre di portare su anche me e la bici con il suo capiente SUV. Ah! Meno male! Ho evitato una salita che mi preoccupava un po’.
Mi avvio verso Vieste lungo la Statale che costeggia il mare, caratterizzata da continui sali-scendi, e da bellissimi scorci sul mare tra antiche torri, spiagge e rocce, tipici paesaggi della costa Garganica.
Poco prima di arrivare a Vieste, noto su un’altura molto vicina alla città un denso fumo che si leva verso il cielo, proveniente da un bosco. Ecco, ci siamo! Sono purtroppo testimone di uno dei tanti incendi estivi (secondo me tutti dolosi) che divampano tutti gli anni in varie zone d’Italia, soprattutto al sud. La ritengo una piaga terribile!
A mezzogiorno sono già al campeggio Baia degli Aranci. Monto la tenda, mangio qualcosa al bar della piscina, e subito dopo inizia il volo incessante degli aerei Canadair che scendono in mare a rifornirsi d’acqua per spegnere l’incendio che avevo visto poco prima.
Il pomeriggio fino a sera tardi lo trascorro a passeggiare per il centro di Vieste, che è davvero attraente, con i suoi vicoli caratteristici e splendidi panorami della città sul mare.
(Scorci di Vieste)
Nel campeggio attraggo l’attenzione di una giovane famigliola italiana (moglie, marito e una bimba di 6 anni) che è con il loro camper nella piazzola attigua alla mia. Il marito è appassionato di MTB e tutti i giorni esce a fare un giro alla mattina presto e verso le otto è già di ritorno. È rimasto impressionato nel vedermi arrivare lì in bici con tutto l’armamentario, e mi ha invitato a prendere un caffè sotto la veranda del loro camper, tempestandomi di domande sul mio viaggio e sul viaggiare in bici in generale. Chissà se sarà un futuro “cicloviaggiatore”?
La notte trascorre bene, e lo spauracchio dei crampi notturni è ormai un lontano ricordo. Il gran caldo si fa sentire anche di notte. Ho con me un sacco a pelo leggero (temp. Comfort +20°) usato solo la prima notte ad Alba Adriatica, e poi mai più aperto per tutta la durata del viaggio.
La mattina del settimo giorno mi alzo abbastanza pimpante, e quando alle otto mi accingo ad uscire in bici dal campeggio, incontro l’amico camperista che rientra dal suo giretto in MTB. Un breve saluto, e via. Oggi non viaggio, ma faccio una puntata fino alla Foresta Umbra per poi tornare al campeggio. Ovviamente pedalo senza bagagli, e questo mi agevola molto nell’affrontare le salite, che anche in questa occasione non mancano. Dal campeggio fino al cuore della Foresta Umbra sono 29 km, di cui 16 di salita con pendenza fino al 9%. Meno male che buona parte della strada in salita si snoda sotto un fitto bosco che regala molta ombra. A proposito, il nome “Umbra” deriva dalle parole “ombra”, “ombrosa”. Arrivato in cima (m. 795) trovo un bel bosco formato da alberi giganteschi, un piccolo bar in un chiosco adiacente ad un ristorante e alcune panchine sparse qua e là. Poco distante c’è un museo naturale dedicato a questo sito, ed anche un grande spazio dove, avvicinandosi alla recinzione, si possono osservare daini e caprioli. Ma la Foresta Umbra non è solo questo: si possono fare anche escursioni a piedi a contatto della sua splendida e selvaggia natura. Mi siedo su una panchina a gustarmi un buon gelato. Sono felice e soddisfatto di essermi arrampicato fin quassù, e dopo le fatiche della salita, stare lì a godermi il fresco è la miglior ricompensa che posso pretendere. Faccio anche la conoscenza con un “collega cicloviaggiatore” di Bari abituale frequentatore del Gargano, anche lui salito fin lì da Vieste e senza bagagli. Scambiamo qualche chiacchiera, ed ascolto con interesse i suggerimenti che mi dà per raggiungere Mattinata, cosa che intendo fare domani. Nel pomeriggio torno al campeggio di Vieste,
ed in serata ritorno a passeggiare in centro, dove ceno con “orecchiette alla polpa di granchio”. Una squisitezza!
L’ottava giornata inizia all’insegna del caldo rovente, ancora più forte dei giorni precedenti! Alle sette di mattina già non si riesce a stare al sole. Smonto tutto, preparo i bagagli, ed alle otto sono sulla strada facendo rotta verso Mattinata. Intendo seguire il suggerimento del cicloviaggiatore conosciuto ieri, e cioè evitare la strada litoranea a causa del traffico ed anche di alcuni strappi molto ripidi, percorrendo invece la Statale 89 interna, priva di traffico, con pendenze meno accentuate, e con un bel panorama sul mare dopo il punto di scollinamento. Farò bene o farò male? Boh, non lo so. Di certo rinuncerò ad ammirare alcuni tratti molto suggestivi della costa Garganica.
Subito dopo Vieste inizia la lunga salita, che si concluderà dopo 19 km al Valico del Lupo (m. 682 s.l.m.). La strada appare subito davvero deserta. Di auto ne vedo passare si e no una ogni mezz’ora, ma non ci sono neppure case private, fontane o altro che possa dare l’idea di attraversare un luogo abitato. Lungo i bordi della strada vedo spesso reti di recinzione con ogni tanto un cancello rigorosamente chiuso con catene, che lascia immaginare che stia lì a proteggere una masseria o comunque qualcosa che però non si vede, perché coperta da una fitta vegetazione fatta di alberi di alto fusto e di boscaglia. La strada sale costantemente sempre intorno al 7-8%.
Mi pare un percorso un po’ noioso. Forse avrei dovuto avere con me della musica da ascoltare, insomma qualcosa che mi distraesse un po’. Ma non avendola, è questa la tipica situazione in cui automaticamente mi immergo nei miei pensieri, anche quelli più intimi, a volte pure pensando alle cose più strane come può succedere nei sogni. Così rifletto (per l’ennesima volta) sui pro e contro del viaggiare in bici da solo, che a me, comunque sia, piace. Cosa potrebbe accadermi se dovessi andare steso per terra per un malore o una semplice caduta? Qui non c’è nessuno, ed il primo ad accorgersene sarebbe il primo automobilista di passaggio. Ma come potrebbe reagire? Avrebbe quel briciolo di umanità per fermarsi a soccorrermi, o penserebbe che per lui sarebbe meglio lasciar perdere e svignarsela magari anche dopo essermi passato sopra con le ruote? Noooo! Basta!
Accidentaccio, ma a che cavolo sto pensando! Ecco che per fortuna mi viene in mente, proprio a proposito, il motto “pedala che passa!” impresso sulla maglietta che mi regalò l’amico Giuseppe (detto DESMO) di Zibello (PR).
Così quei tetri pensieri svaniscono dalla mente come quando mi risveglio da un brutto sogno, e riprendo a pedalare con il mio tranquillo ritmo lungo questa salita che sembra non finire mai.
Arrivo finalmente al Valico del Lupo, dove spero di trovare qualche cenno di presenza umana, ma invece non c’è niente, neppure il lupo ;-). Non vedo neanche un cartello che indichi che sono al valico. L’unica cosa che mi conferma di essere arrivato, è che la strada non è più in salita, ma presenta un breve tratto pianeggiante, e poi giù in ripida discesa. Bene! Inizio ad andar giù veloce, e mi fermo a fare un paio di foto solo quando inizio a scorgere qualche bella vista sul mare.
Dopo un paio di km di discesa, mentre vado giù veloce, subito dopo una curva noto sul bordo sinistro della strada due bici ferme, una donna stesa per terra sull’erba a faccia in giù con braccia e gambe divaricate ed un uomo che mi fa ampi gesti con le braccia affinché mi fermassi. “Accidenti, cosa è successo, quella sta male” penso. Tiro le leve dei freni con tutta la forza che ho nelle mani, e riesco a fermarmi proprio lì da loro.
“Abbiamo finito i tre litri di acqua che avevamo e siamo stanchi della salita. Mi sai dire se più su c’è una fontana?” mi dice l’uomo. “Mi dispiace”, rispondo. “Anch’io sono senz’acqua, e lungo la strada non c’è niente di niente. Però hai da percorrere ancora solo due km di salita fino al Valico del Lupo e dopo é tutta discesa fino a Vieste”. A quel punto la donna stesa per terra accenna una battuta spiritosa accompagnata da un ghigno ironico. Battuta che non capisco, ma che mi conferma che tutto sommato sta abbastanza bene. L’uomo mi ringrazia, ed inveisce contro chi gli ha consigliato di percorrere quella strada, perché senza traffico e panoramica! Li saluto augurando loro buona fortuna, e riprendo la mia discesa verso Mattinata. L’ultimo sorso d’acqua l’ho scolato al valico, ma per me non è un problema, perché per arrivare al Lido di Mattinata ho ancora solo una quindicina di km tutti in discesa. Mentre scendo veloce penso a quella coppia, e mi chiedo se avranno voglia di proseguire, o preferiranno tornare indietro in discesa. Non hanno bagagli sulle bici, credo siano ciclisti occasionali, e oltretutto hanno un fisico corpulento.
Per girare in bici lungo le strade del Gargano con questo gran caldo che fa, bisogna essere previdenti facendo una buona scorta d’acqua da portare con sé, perché non se trova. Inoltre con il sole infuocato che picchia così forte, l’acqua nelle borracce normali si riscalda in poco tempo e diventa sempre più calda col passare delle ore. Bere l’acqua calda non è piacevole!
Alle tre del pomeriggio arrivo finalmente in un campeggio al Lido di Mattinata. Sono un bagno di sudore, che neppure l’aria presa durante la lunga discesa è riuscita ad asciugarmi, e mi sento stanco. Faccio passare un paio d’ore prima di mettermi a montare la tenda, e trascorro questo tempo seduto ad un tavolo del bar del campeggio, dove mangio uno spuntino e bevo due granite e tanta acqua.
Il posto è bello, il campeggio ha i bagni nuovi e ben puliti e dispone anche di una invitante spiaggia privata. Ma anche questo, come tutti gli altri da me utilizzati (tranne uno) è pieno di clienti cosidetti “stanziali” e pochissimi campeggiatori in transito. Monto la tenda e trascorro il pomeriggio in totale relax un po’ sdraiato all’ombra, un po’ in spiaggia. Ceno in un ristorante a 500 metri di distanza e in riva al mare, che raggiungo in bici. Poi a nanna presto, sperando in una notte tranquilla e riposante.
Eccomi al nono giorno. La notte è andata bene, ma qui ci sono tante zanzare! Ecco perché ieri avevo notato un ricco assortimento di prodotti anti-zanzare nello spaccio del campeggio.
Oggi sento il bisogno di riposarmi. Desidero solo visitare Mattinata che sta su un’altura a circa 5 km dal campeggio, e poi voglio fare relax in spiaggia.
Anche Mattinata presenta le caratteristiche tipiche dei paesi o città del Gargano appoggiate sopra una collina. Ecco che vedo case tutte bianche con balconi con parapetto in ferro, vicoli e scalinate.
Sono aspetti che mi piacciono, anche perché trovo tutto in ordine e tutto pulito.
Finita la visita a Mattinata, torno al campeggio del Lido di Mattinata. Giornata di tutto riposo: spiaggia, bagno in mare, spuntino per pranzo al bar del campeggio, riposino all’ombra di alti alberi su una terrazza sovrastante la spiaggia, e così con tutta calma arrivo all’ora di cena, che consumo nello stesso locale di ieri sera.
I km percorsi oggi in bici sono addirittura soltanto 12 (dodici)!
Il decimo giorno mi sveglio presto, ma ben riposato. Inizio subito a giocare con le zanzare, ma siccome non mi diverto, esco dalla tenda e comincio a prepararmi per l’escursione di oggi che mi porterà alla città di Monte Sant’Angelo. Non è molto lontana dal campeggio, ma c’è anche questa volta da arrampicarsi su una bella salita di 17 km che dal livello del mare porta fino a 796 metri di altitudine con una pendenza che però non supera mai il 5%.
Alle sette esco dal campeggio, ma già il sole picchia forte come ieri. Il bar del campeggio è ancora chiuso, e così mi fermo per una colazione veloce al bar di un’area di servizio dopo un paio di km.
Dalla strada che sale verso Monte Sant’Angelo si gode di bei panorami, e questo è anche una buona scusa per fermarmi ogni tanto per fare foto, bere acqua e staccare i piedi dai pedali.
(Mattinata vista dall’alto)
(in lontananza, bagnata dal mare, si intravede Manfredonia)
(altri viandanti lungo la strada)
Arrivo a Monte Sant’Angelo, e resto subito incantato dalla bellezza del centro storico. Non sto a descrivere i vari edifici storici, ma mi limito a citare il Santuario di San Michele con la grotta (da poco tempo eletto “patrimonio dell’Umanità” UNESCO), il suo bellissimo campanile ottagonale, il Castello Angioino.
Ancora una volta, però, è tutto l’agglomerato urbano che mi affascina. Tutte le case sono bianche, e da lontano sembrano ammassate una sopra l’altra. Ma entrandoci dentro mi perdo piacevolmente in un dedalo di stretti vicoli, scalinate e piccolissime piazzette. Un vero spettacolo che non so neppure descrivere.Dopo aver girovagato a lungo dentro Monte Sant’Angelo e dopo aver atteso che passassero le ore più calde della giornata, mi dirigo verso Manfredonia, percorrendo una veloce discesa.
Ben presto arrivo ed attraverso tutta la città per cercare la stazione ferroviaria delle “Ferrovie del Gargano” che sta dalla parte opposta. Vorrei informarmi sui treni che vanno a Foggia, perché sto pensando di terminare qui il mio tour in bici. Quando la trovo, resto un po’ deluso, perché questo piccolo edificio, pur avendo l’aspetto di una stazione, ha tutte le porte chiuse, e l’unico accesso è, girando attorno all’edificio, sul lato binari, dove si può soltanto consultare un orario appeso alla parete. Ormai è tardo pomeriggio, ed in stazione non c’è più nessuno, penso. Bho, un po’ perplesso mi allontano, facendo rotta verso il campeggio di Lido di Mattinata. Riattraverso tutta Manfredonia questa volta percorrendo più che posso il lungomare. La città mi appare abbastanza vivace ed anche con un abbondante traffico motorizzato , ma ordinato. Passo di fianco dell’imponente Castello Svevo-Angioino-Aragonese, e penso che sarebbe interessante poterlo visitare, ma tiro dritto perché ormai è tardi. Sarà per un’altra volta. Dopo un po’ sono di nuovo a percorrere la Statale verso il campeggio. Pedalando penso quale decisione prendere riguardo al rientro a casa, ma poi rimando il tutto a più tardi.
Undicesimo giorno. Come si sa la notte porta consiglio, e mi sveglio con le idee chiare. Il mio viaggio prevedeva un bel giro del Gargano, ed eventualmente, se ne avessi avuto voglia, mi sarei spinto anche più a sud. Pedalare con questo caldo da tutti definito eccezionale è davvero stressante e stancante. Il Gargano l’ho girato abbastanza, e quindi la decisione è presa: torno a casa con il treno da Foggia. Smonto tutto e alle sette sono già in viaggio verso Manfredonia, dove torno alla stazione ferroviaria che stavolta la trovo aperta, ma non c’è niente di tutto ciò che ci si possa aspettare di trovare in una stazione. Neppure uno sgabuzzino di ufficio delle Ferrovie del Gargano. Ci sono invece due uffici del comune, sulle cui porte appare in bella mostra un cartello con scritto “Questo non è l’ufficio informazioni della Stazione – Qui non si vendono biglietti ferroviari”.
Fingo di non aver letto il cartello ed entro chiedendo per favore se mi dicono dove si vendono i biglietti. Mi viene risposto “dal giornalaio o al bar qui vicino”.
Ci penso un po’, ma poi decido di raggiungere Foggia in bici. Da Manfredonia sono solo 60 km lungo la Statale, che sulla mappa appare rettilinea e pianeggiante.
Il Gargano Rovente, però, vuole darmi l’ultimo saluto alla sua maniera. La strada è molto larga, il traffico scarso ed il caldo sempre più intenso ed umido. Mentre avanzo si alza un vento caldo che mi batte in fronte sempre più forte, e che mi crea difficoltà anche a superare dei saliscendi con pendenze minime (2-3%) presenti lungo la strada. Sono un bagno di sudore, e scarseggiano posti per fermarsi all’ombra. Piuttosto che fermarmi al sole, preferisco continuare a pedalare.
Finalmente arrivo alla stazione di Foggia e dopo un’ora salgo su un treno per Termoli, dove arrivo alle 15,40.
Da lì mi dirigo in bici al Lido di Campomarino, dove mi sistemo al Campeggio Pineta. La mattina seguente torno in bici a Termoli, da dove partirò con il treno fino a Porto Recanati.
Ho qualche ora di tempo prima di salire in treno, che utilizzo per una interessante visita al vecchio borgo di Termoli ed al suo porto.
Alle 13,10 parto con il treno da Termoli. Appendo la bici nell’apposito spazio e mi siedo su un sedile lì accanto. Mentre il treno viaggia veloce, guardo la bici appesa che dondola leggermente e rivivo tutti i momenti salienti di questo “sudato” viaggio. Fantastici panorami, caratteristiche cittadine, salite toste, mare, boschi, rocce, spiagge…
Il Gargano è un territorio bellissimo, davvero speciale, che riesce anche a farsi perdonare alcune pecche che a volte emergono.
La prossima volta, però, non ci andrò nel mese di luglio!
A Porto Recanati scendo dal treno e pedalo per gli ultimi 10 km di questo bel cicloviaggio fino a Numana, da dove ero partito 12 giorni prima.
fernando
Scritto il 21 Febbraio 2017
Bellissimo racconto e reportage. Grazie Aldo.
Aldo Tortorelli
Scritto il 30 Dicembre 2016
Molte grazie, Corrado per il tuo bel commento! Ti auguro di poter assaggiare presto le “orecchiette alla polpa di granchio”, sicuro che ne apprezzerai il delicato sapore, anche se, come ben saprai, in Puglia le orecchiette te le propongono in tanti tipi di condimenti!
Aldo Tortorelli
Scritto il 30 Dicembre 2016
Grazie a te, Andrea! Se il Gargano manca ancora nella rosa delle mete dei tuoi cicloviaggi che finora hai fatto, ti consiglio caldamente di farci un pensierino!
Corrado
Scritto il 29 Dicembre 2016
Ciao Aldo, ho letto il tuo racconto con grande piacere. Non ti nascondo che nel tuo modo di viaggiare mi sono spesso visto io stesso; anche a me non spiace affatto viaggiare da solo e così come te, a volte, per la totale solitudine dei posti attraversati, non mi sono sentito particolarmente sicuro … Mi piace percepire il tuo entusiasmo ed interesse per i luoghi visitati e per ciò che questi sanno offrire, sai prenderti tutte le soste che servono senza mai essere affatto superficiale. Mi dispiace per l’occasionale sporcizia, spero limitata alle piazzole, e per gli incendi. Gli imbecilli e i maleducati, sai bene di che cosa parlo, sono veramente sempre troppi. Leggo che giochi con le zanzare … ma non ti diverti !!! …. eh eh, meno male !! “Orecchiette alla polpa di granchio” ?? …. sai che mi hai fatto venire una certa acquolina in bocca?? La prossima volta a Vieste non me le farò scappare !!
Andrea Agostini
Scritto il 28 Dicembre 2016
Grazie Ammiraglio per questo luminoso e caldo itinerario nel nostro Adrio Mar e nel nostro imperdibile sudest. Grazie Aldo per questo tuo nuovo, bel racconto.
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Aldo Tortorelli
Scritto il 21 Febbraio 2017
Grazie a te, Fernabdo!