
GIRO DELLA BORGOGNA
Prolegomeni
Finalmente sono riuscito a convincerla! L’anno scorso abbiamo fatto le vacanze camminando in montagna, quest’anno le faremo pedalando in pianura.
– Solo piste ciclabili! solo in pianura! solo se c’è anche qualcosa da visitare! solo se si mangia bene! solo se non piove! solo se non c’è troppa gente!…
Le condizioni poste dalla sposa sfiderebbero la più agguerrita agenzia di viaggi. Non posso permettermi di sbagliare il primo colpo; mi metto freneticamente a sfogliare guide, consultare forum, implorare l’aiuto della comunità del Cicloviaggiatore, che mi avvolge solidale in un abbraccio fraterno.
– Portala sulla ciclabile del Danubio, della Drava, oppure su quella del Sole, in discesa dal Brennero al lago di Garda. Qualcuno più timidamente: – La ciclabile del Brenta, del Po… Del Po?! Parto da casa e le propino la Pianura padana?! Così torna a casa di nascosto a cambiare le serrature.
Poi arrivano gli audaci: – L’Islanda è un paradiso per il cicloturismo, la Patagonia è La Mecca dei cicloviaggiatori… Vabbè, forse in un’altra vita, e con quattro figli in meno. Naturalmente, non c’è Patagonia che ci faccia rimpiangere alcunchè.
Restiamo con i piedi per terra: Austria, Francia, Austria, Francia… la carambola ormai gira a vuoto. Per non finire come l’asino di Buridano, punto il dito al centro della cartina: Francia! Non Loira, ma Borgogna. E Borgogna sia!
La Valè è sempre stata molto attratta dalla Francia, un’attrazione di rimando, nata per reazione all’antipatia maturata nei confronti dell’inglese mal ingoiato a scuola, estesa successivamente agli insegnanti di inglese, e agli inglesi in generale. E’ una vita che rimpiange di non aver scelto il francese a scuola: forse oggi riuscirei a spiaccicare qualche parola in una lingua straniera. Ma il consuntivo delle parole spiaccicate finora in terra francese non è molto confortante…
Prima di partire, facciamo la prova bagagli, che si rivela più semplice del previsto. Forte di tante vacanze in campeggio, e di vacanze accampate anche quando non si andava in campeggio, mia moglie ha mantenuto un certo spirito di adattamento: tutto il bagaglio nelle due borse posteriori, 8 kg in tutto. Il mio è di 12 kg: una pacchia, rispetto allo standard a cui sono abituato.
Niente tenda: alla signora è stato promesso un po’ di comfort. Per giunta, abbiamo passato entrambi la cinquantina, e il pavimento diventa sempre più basso. In compenso, abbiamo ricevuto risposta positiva a ben due richieste di ospitalità Warmshowers: una a Chalon-sur-Saône, il primo giorno di cicloviaggio; l’altra a Digione, tre giorni dopo. Poi pedaleremo in totale libertà, senza vincoli di tempi o di prenotazioni.
Io viaggerò con il consueto Cancellone, ideale per questo tipo di vacanza; Valeria userà la sua city bike, un’Atala con tripla anteriore e un cambiaccio a grip di bassa lega, che richiede qualche accortezza (come non bastasse la fatica!). Non è certo una bici ideale per lunghe percorrenze: la posizione è troppo eretta, la sella larga e soffice, le manopole piccole e dure. Saranno queste ultime a dare il problema maggiore, un indolenzimento ai polsi e alle braccia che le ha lasciato come strascico un formicolio. Ma è l’unica bici che ha, e non si fiderebbe comunque ad usarne un’altra.
Sistemo entrambe le biciclette nel bagagliaio della Zafira e partiamo. Arriviamo a Macon nel pomeriggio, ci sistemiamo presso il tranquillo b&b La Sylreine (due sole camere), in località Crottet.
martedì 17 luglio: Macon – Chalon-sur-Saône (73 km).
A Macon la Voie bleue, la pista ciclabile lungo la Saône, inizia subito dopo avere attraversato il Parc du Nord. Nell’ampio parcheggio libero, completamente vuoto, lasciamo l’auto, che riprenderemo tra due settimane.
La Voie Bleue è ampia e ben tenuta, e segue il maestoso corso della Saône per una quarantina di chilometri fino a Tournus.
Il verde delle rive, la calma delle acque, la brezza soave: un vero locus amoenus. L’incanto durerà solo fino a Tournus; poi, siamo stati avvertiti, la pista si interrompe e diventa una carraia. Se si vuole procedere su asfalto, bisognerà allontanarsi dal fiume.
Tournus, cittadina ricca di bellezze antiche. L’esterno dell’abbazia di Saint Philibert, con archetti pensili a dare un tocco di eleganza all’imponente facciata.
Chiesa di San Valeriano, costruita attorno al 1000 in sobrio stile romanico. Da tempo sconsacrata, ha subìto il destino di molte chiese francesi: è stata un cinema ai primi del Novecento, poi è stata affittata ad un antiquario. Quando siamo passati era chiusa.
Santa Maddalena, la chiesa più antica della città, costruita sul decumano del castrum romano, ci regala un prezioso spicchio d’ombra nella calura.
Tournus meriterebbe una visita più attenta, ma dobbiamo proseguire: siamo attesi a Chalon-sur-Saône dalla famiglia Timmel, contattata su Warmshowers.
Ora si presenta il dilemma: continuare il sentiero lungo il fiume, non più segnato e soprattutto non ancora asfaltato, oppure spostarci all’interno e raggiungere Chalon per vie secondarie. Tra i due principali e opposti spauracchi agitati dalla Valè, quello della strada trafficata e quello della strada sconnessa, sembra prevalere il secondo; perciò decidiamo di tenerci sull’asfalto, a rischio di traffico. Nel primo tratto non incontriamo quasi mezzi motorizzati. Scelta azzeccata, che ci porterebbe comodi comodi fino a destinazione, se non fosse per un vistoso cartello segnaletico che indica il fiume sulla destra. Il richiamo del fiume per me è irresistibile, mentre la moglie protesta:
– Dice solo “Saône”: io non ho studiato il francese, ma secondo me vuol solo dire fiume, non pista ciclabile!
– Fìdati di me, Valè, che ho fatto francese: “Saône” significa “pista ciclabile lungo la Saône”: i francesi “pista ciclabile” non lo scrivono. Altrimenti cosa l’avrebbero messo a fare, il cartello, qui in mezzo alla campagna?!
– Sarà…
Fortunatamente la fotografia è muta…
– Almeno, di traffico non ce n’è! Ma è una cosa che penso e basta, il momento è delicato…
Il pomeriggio comincia ad essere lungo e la sete si fa sentire; fortunatamente ci siamo ben approvvigionati a Tournus, sapendo che in Francia le fontane non esistono e i bar ti pelano.
Finalmente ritroviamo la strada asfaltata, in prossimità di un grande ponte che scavalca la Saône e ci porta a Saint-Germain-du-Plain.
Una sosta davanti al bel castello, che non visitiamo.
Esaurite le scorte idriche, faccio una puntatina nell’unico punto di ristoro del paese, il bar “Chez Fred”, al centro della piazza. In un francese poco più che scolastico chiedo una bottiglietta d’acqua minerale pétillante, frizzante. La barista estrae la bottiglietta da mezzo litro, io chiedo il prezzo, lei sorride e ammicca ad un altro avventore, i due si dicono qualcosa in francese stretto, lei si sposta verso la cassa con la bottiglia in mano, come a controllare chissà quale listino. Resto in attesa, io cliente pollo vestito da ciclista, tutto sudato e con le labbra screpolate; lei mi guarda, alza la bottiglietta come a pesarla e, voilà, adesso te la faccio vedere io la grandeur française! Spara:
– 5 euros.
– 5 euros?! Merci, je n’ai plus soif! E faccio per andarmene.
– Trop chère?…
– Trop chère! Ripeto, e me ne vado davvero.
Che soddisfazione! La sete mi è passata davvero. Ritorno trionfante dalla moglie sitibonda a raccontarle la mia disfida di Barletta, canticchiando Jannacci: “…E i francesi ci rispettano / che le palle ancor gli girano…”.
Appena usciti dal paese, fortuna vuole che la strada costeggi un cimitero: cimitero = acqua!! Breve consultazione sulla potabilità, ma non c’è scritto niente e anche se ci fosse scritto non significherebbe nulla: come da noi, i cartelli di non potabilità li mettono per risparmiare i soldi dei controlli. La Valè non si fida e si tiene la sete. Io mi fido e sfido la diarrea.
Ad un orario ancora urbano arriviamo a casa dei nostri hosts, Lucien e Noëlle, una coppia di pensionati che vive in una bella casa, ormai troppo grande, da quando i tre figli vivono altrove. Di quando in quando la casa si ripopola di figli e nipoti; proprio domani è atteso l’arrivo di due nipotini. Così hanno fatto in tempo ad accettare solo per questa notte la visita dei cicloturisti.
Lucien è appassionato di bicicletta, ma non è mai riuscito a fare i lunghi viaggi che sogna; si accontenta di giretti in giornata e viaggia “per procura”, come dice lui, nei racconti degli ospiti che ha collezionato. Saranno una trentina; mi mostra le foto sul computer: di tutti ricorda perfettamente la storia e l’incontro a casa loro.
Ci sistemiamo, ceniamo in giardino, si parla un po’ di vacanze e molto di figli. Scopriamo che Luc ha due grandi passioni: la genealogia e i bonsai. Ha fatto ricerche sulla storia della sua famiglia ed ha ricostruito l’albero genealogico fino al Settecento.
In giardino ci mostra orgogliosamente la ricca coltivazione di bonsai.
mercoledì 18 luglio: Chalon-sur-Saône – Beaune (62 km).
Prima di congedarci facciamo la foto di rito che ci farà entrare nell’album degli ospiti quali primi italiani.
Lasciamo come gradito dono ospitale un’ampollina di aceto balsamico dello zio Giuseppe. Luc si offre di accompagnarci in bici all’imbocco della ciclabile per Beaune, facendo una rapida passerella per il centro di Chalon. Già dal ponte la vista promette bene e la cittadina meriterebbe di più.
La piazza centrale:
La cattedrale di Saint Vincent:
Impariamo che Chalon ha dato i natali all’inventore della fotografia:
Ed eccoci sulla ciclabile. Foto ricordo e au revoir! E’ stata una bella esperienza, molto più che una sistemazione low cost. Persone generose e interessanti, che sarebbe bello incontrare ancora. Chissà.
Dopo i primi chilometri lungo il canale, ci aspetta la meravigliosa Voie Verte, la ciclabile che passa in mezzo ai vigneti più famosi del mondo.
Route des Grands Crus: qui il vigneron chiama ogni grappolo per nome…
… e sistema i filari con il calibro:
I primi saliscendi non si fanno molto sentire e la signora Rossi pedala gagliardamente:
Una delle aziende dei grandi Crus, Domaine Vincent Bachelet. Qui per una bottiglia dovrei fare la cessione del quinto…
Nel primo pomeriggio decidiamo di fissare la mèta a Beaune, che promette una visita interessante. Trovo online su Airbnb una camera appena fuori città: camera spaziosa in appartamento nuovissimo, arredato con molto gusto. Ci fermeremo due notti, perchè Beaune merita davvero.
giovedì 19 luglio: visita di Beaune, con degustazione…
venerdì 20 luglio: Beaune-Digione (treno) – St. Apollinaire (16 km).
La ciclabile da Beaune a Digione è in costruzione: Valeria si rifiuta giustamente di pedalare in mezzo al traffico delle strade dipartimentali, che abbiamo scoperto essere bellamente attraversate da autotreni di ogni pezzatura.
Trasferimento in treno a Digione, visita a Digione e nel pomeriggio breve tratto per raggiungere l’altra famiglia Warmshowers che ci ospiterà a St. Apollinaire. Oggi la tappa è ancora di riposo.
Ingresso in città. Città splendida, meriterebbe tre giorni.
Adiacente alla cattedrale, Rue de la Chouette, con il famoso bassorilievo su un pilastro della facciata laterale, rappresentante una civetta, divenuta simbolo della città. La tradizione vuole che toccando con la mano sinistra la civetta un sogno si realizzerà.
Non poteva mancare la foto davanti al palazzo dei Duchi di Borgogna, che si affaccia sulla bellissima Piazza della Liberazione.
Dentro il palazzo, il Museo delle Belle Arti (visita gratuita!) presenta sale di notevole interesse, dalle tombe monumentali dei Duchi alle collezioni medievali e rinascimentali.
Nel museo rischiamo di perdere la cognizione del tempo, dimenticando che siamo attesi in località St. Apollinaire dalla famiglia Lanquetin. Al secondo dei tre piani dell’edificio interrompiamo la visita, facciamo dietro front e corriamo ad inforcare le bici. Sedici chilometri non sono tanti, ma se fossero anche solo di leggera salita, significherebbero un’ora di tempo. Come effettivamente è.
Riusciamo comunque ad arrivare chez Lanquetin ad un’orario ancora decente. Accoglienza calorosa e generosa da parte dei padroni di casa, Denis e Dominique, una coppia all’incirca della nostra età, informatici di professione. Anche i due figli lavorano nell’informatica. Su questo non abbiamo molti argomenti in comune. Ma la conversazione non stagna: Denis è un appassionato di bicicletta reclinata, che conoscevo con il nome inglese di recumbent e che qui chiamano vélo couché. Ne possiede tre, tutte in modello triciclo, e ne esalta i vantaggi: addio problemi di “soprasella”, addio indolenzimento ai polsi, alla cervicale… Racconta eccitatissimo del prossimo giro che farà a fine estate: un pezzo dell’Eurovelo 6, dalla Bretagna a Digione, quasi 1000 km in una settimana. Due cose mi trattengono dal sognare una bici del genere, il costo e l’estetica: costa sui 5.000 euro e sembra il disegno sbagliato di un bambino dell’asilo.
sabato 21 luglio: St. Apollinaire – Châteauneuf en Auxois (58 km).
Anche Denis ci accompagna con uno dei suoi Vélocouché all’imbocco della ciclabile che costeggia il Canale di Borgogna.
Il canale ha un aspetto lindo e curato. Il primo tratto è frequentato: sportivi in bici da corsa, altri in sci a ruote o in pattini, runner della domenica, famiglie in bicicletta, gente a passeggio con il cane, carovane di e-bikers, senza disturbare gli aironi e gli anatroccoli che a modo loro presidiano il canale.
Ristorante lungo il canale: specialità escargots! La sposa è scettica e per invogliarla fingo una maestria che non ho.
Il battesimo gastronomico delle lumache per la Valè è una rivelazione: d’ora in poi “escargots” sarà la sua parola d’ordine, accanto a “eau pétillante”.
Sull’onda dell’entusiasmo, la Valè accetta di salire al borgo di Châteauneuf-en-Auxois, contravvenendo a una delle regole imposte. La salita è ripida e ci toccherà spingere le bici a mano per i due chilometri segnalati.
L’ora buona di spinta a mano è stata ben ripagata: il borgo è incantevole, quasi quasi ci fermiamo qui.
Pernottiamo nel cuore del borgo (Hostellerie du Château). Domattina di buonora riprenderemo il canale.
domenica 22 luglio: Châteauneuf – Montbard (83 km)
La giornata diventerà calda, ma per fortuna la ciclabile rimane per lungo tratto ombreggiata.
La pista è poco frequentata, ma può capitare di incontrare uno scooter guidato da un ragazzo o da una ragazza, che procede a velocità rispettosamente ridotta. Sono gli addetti alle chiuse. Guardando quei visi di liceali, immagino si tratti di lavori stagionali. Il sistema delle chiuse mi ha sempre incuriosito; a maggior ragione qui in Borgogna, dove i cancelli vengono azionati ancora manualmente.
Per seguire le chiuse e i ponti che intervallano il canale all’incirca ad ogni chilometro, la pista ciclabile presenta brevi rampe che spezzano la monotonia della pianura e danno un tocco di vivacità al percorso. Questo almeno è come la vedo io. Per la Valè è un impegno: le prime volte scende a spingere, poi impara ad usare il cambio e rimane stoicamente in sella.
Passando davanti al sito archeologico di Alesia, dove Giulio Cesare concluse nel 52 a. C. la campagna di Gallia, deviamo verso l’omonimo museo, una gigantesca e vistosissima costruzione, con tanto di accampamento romano annesso, completamente arredato all’antica e servito di figuranti in costume. Quando la grandeur si unisce al kitsch…
Terminata la visita, recuperiamo la ciclabile fino a Montbard, dove, non trovando di meglio, pernottiamo in un modesto ma decoroso alberghetto in piazza della stazione.
lunedì 23 luglio: Montbard – Ancy le Franc (56 km)
La giornata di oggi sarà per metà dedicata alla visita dell’abbazia cistercense di Fontenay, distante pochi chilometri da Montbard. Fondata da S. Bernardo nei primi anni del XII secolo, è un perfetto esempio di arte cistercense, intesa come recupero della semplicità architettonica, in obbedienza alla regola benedettina, che metteva al centro il ritorno alla povertà evangelica e la rinuncia alle comodità e alla mondanità. Da tempo purtroppo è venuta a mancare la comunità dei monaci e l’abbazia è ridotta a monumento turistico.
La rude semplicità dei capitelli del chiostro rispecchia l’interno della chiesa abbaziale, spoglia e priva di decorazioni figurate. Nessuna distrazione era concessa alla preghiera dei monaci.
Nel frattempo si è fatto mezzogiorno e occorre riprendere la ciclabile. Fuori dalla pista la Valè si sente a disagio, ma gli automobilisti francesi sono notoriamente rispettosi dei ciclisti, complice la segnaletica stradale:
Ritrovato il canale, torna il sorriso.
Quasi alle porte di Ancy-le-Franc, deviamo per visitare l’antica chiesa di San Giovanni Battista a Chassignelles, tenuta aperta grazie alla presenza di custodi volontari.
Notevoli le pitture murali a motivi geometrici:
E l’affresco raffigurante l’Annunciazione:
Ad Ancy-le-Franc ci aspetta l’elegante castello rinascimentale, perfettamente conservato. Residenza estiva dei duchi di Borgogna, che a quanto pare non se la passavano male…
La Duchessa di Borgogna, sorpresa a tavola in abito informale…
Un particolare del giardino.
Lungo il canale, troviamo alloggio nel camping “La Botica”. Struttura sovradimensionata, ma l’accoglienza è come piace a noi: informale, generosa e soprattutto economica.
La ragazza che gestisce la casa e il campeggio assieme al padre a ad un paio di amici ci confida di avere origini italiane da parte di madre, ma non ha mai imparato la lingua, e ora le dispiace. Ci offre da bere. La camera che ci assegna è spaziosa. La cena eccellente. Sarà questo ad indurci a fermarci due notti, per ritemprare corpo e spirito, fare una lavatrice, rilassarci in giardino con un libro in mano, visitare di nuovo il castello con calma.
martedì 24 luglio: sosta ad Ancy-le-Franc.
mercoledì 25 luglio: Ancy le Franc – Migennes (83 km)
Secondo la nostra cartina, la pista ciclabile termina ufficialmente a Tonnerre; il resto fino a Migennes risulta in costruzione. A Tonnerre dunque ci fermiamo, per visitare la città, mangiare qualcosa e meditare sul futuro.
L’Hôtel-Dieu è il più grande ospedale medievale d’Europa; fu fatto costruire alla fine del Duecento dalla contessa Margherita di Borgogna. Oggi ospita un museo, che non abbiamo visitato.
Consulta sul prosieguo: la cartina dice “pista in allestimento”, io dico una pista la troviamo, la Valè dice ha ragione la cartina. Vabbè, dice lei, proviamo, ma se poi diventa sterrata torniamo indietro e prendiamo il treno.
Per un tratto si pedala bene, fino a St. Florentin.
Poi, improvvisamente la cartina ha ragione, ma è troppo tardi per tornare indietro…
Ghiaione in salita, e un caldo soffocante. Piccola scorta di acqua calda nelle borracce. Uxor imprecans…
Circa 12 chilometri di sterrato, fatti a passo d’uomo, che rallentano drammaticamente i tempi e ci portano a Migennes al tramonto. Cerchiamo il campeggio di cui ci ha parlato una famiglia francese: lo troviamo, per finire in una mobilhome alla modica cifra di 84 euro! A quell’ora non abbiamo scelta.
Cenando nel campeggio, facciamo amicizia con una coppia francese di Tolosa, più attempata di noi, arrivata in bicicletta ed accampata in tenda. Uniamo i tavoli per scambiare quattro chiacchiere. Il pensiero della tenda, escluso in partenza, comincia a sfiorarmi. L’anno prossimo, Loira in tenda! La Valè fa marameo.
giovedì 26 luglio: Migennes – Auxerre (treno) – Chatel Censoir (52 km)
Trasferimento in treno, senza discussioni, fino ad Auxerre, che visitiamo con comodo.
Da Auxerre la pista lambisce prima il fiume Yonne, poi entrerà nel Canal du Nivernais, che seguiremo per circa 150 km in direzione sud, fino a Decize.
Lungo lo Yonne:
Scendendo, rasentiamo per un breve tratto i contrafforti del massiccio del Morvan, paradiso dei mountain bikers, a noi interdetto.
Arriviamo al camping di Chatel Censoir, ma la reception è chiusa e il numero di telefono segnato all’ingresso risulta non raggiungibile. Non avendo una tenda da piantare, dobbiamo metterci a cercare una sistemazione. Mentre ancora tergiversiamo all’ingresso del campeggio, siamo soccorsi da un ragazzino che si è accorto di noi: si offre di accompagnarci in paese alla ricerca di un alloggio. Ma l’unico albergo è chiuso per ferie. Il ragazzo si rivolge ad un negozio vicino: il gestore e due clienti si danno da fare e alla fine rintracciano una conoscente che gestisce una chiusa e vi affitta due camere. Arriviamo alla chiusa, cullati dall’idea di dormire lungo il canale, ma anche le due camere sono occupate. Come ultima chance, la signora ci offre l’appartamento in paese dove abita d’inverno: 50 euro e una casa tutta per noi. Affare fatto.
venerdì 27 luglio: Chatel Censoir – Vézelay (47 km)
Lasciamo di buon mattino la casetta, dove in cucina hanno dormito anche le biciclette.
La tappa di oggi prevede la visita all’abbazia di Vézelay, che non raggiungiamo direttamente, per un errore di tragitto. Ci spostiamo invece a sud lungo il canale, fino alla graziosa Clamecy.
Chiesa Collegiata di San Martino. Dall’altro lato della piazza, pizzeria “La vieille Rome”, la cui gentilissima proprietaria prima si offre di sorvegliare le biciclette parcheggiate davanti al locale, permettendoci di visitare con calma la città; poi, alla partenza, ci riempie le borracce di acqua e ghiaccio.
Oggi fa veramente caldo, il termometro tocca i 36°, l’abbazia di Vézelay dista dal canale una quindicina di chilometri, di “non pianura”. In caso di salita ostinata, la Valè ha sempre la soluzione pronta:
Gli ultimi due chilometri sono penitenziali. Mi apposto dietro un albero per immortalare gli istanti precedenti la conquista della mèta:
Arrivata in cima, la Valè sentenzia: Vézelay merita la fatica! Sottinteso: a differenza di quella schifezza di pseudo-ciclabile per Migennes che mi hai fatto fare a tradimento…
La basilica di Santa Maria Maddalena è un capolavoro di arte romanica, sopravvissuto alle devastazioni della Rivoluzione francese.
La splendida porta centrale del nartece:
La navata centrale.
Qui, a differenza di Fontenay, ogni capitello è diverso dall’altro e vuole raccontare qualcosa:
Diversamente da Fontenay, l’abbazia di Vézelay ha una vita spirituale attiva, in quanto ospita l’ordine della Fraternità Monastica di Gerusalemme, che garantisce il servizio liturgico stabilmente. Veniamo a sapere che tra di loro c’è un monaco italiano, ma non siamo riusciti ad incontrarlo. Ci fermiamo per il vespro cantato, ma quando scopriamo che, oltre ad essere in francese, si svolge tutto in piedi, il nostro zelo religioso si affievolisce e sgusciamo fuori alla chetichella.
sabato 28 luglio: Vézelay – Chatillon en Bazois (70 km)
Il sole non è ancora alto, quando lasciamo il borgo di Vézelay. Le borracce sono dotate di un sistema di refrigerazione da me brevettato: inserite in un calzino di spugna tenuto bagnato, diventano a pieno titolo borracce termiche low cost…
Decidiamo di non ritornare a Clamecy, ma di tagliare a sud ovest per riprendere quando che sia il canale del Nivernais. Ma per evitare a tutti i costi le strade dipartimentali, il presunto taglio sta diventando un ghirigori che si avvicina progressivamente e pericolosamente al Parco Naturale del Morvan e di pianura non ha neanche un metro. Così riguadagniamo il canale all’altezza di Monceaux-le-Comte e di lì proseguiamo nel verde tranquillo fino a Corbigny.
Verso le cinque del pomeriggio arriviamo a Chatillon e qui decidiamo di pernottare. Ma pare che molti altri abbiano avuto la stessa idea: all’ufficio del turismo ci segnalano come disponibili due alloggi, che risultano invece entrambi occupati. Resta solo l’albergo della catena Logis-Auberge de France, che fortunatamente ha posto.
A cena facciamo conoscenza con una simpatica famiglia belga arrivata anch’essa in bicicletta: padre, madre e un bambino sotto i dieci anni; viaggiano lungo il canale del Nivernais con equipaggiamento da campeggio integrale: tenda, bombola, fornellino, pentolame… Il papà ha attaccato alla bici, carica di borse posteriori, un carrellino che trasporta tutto l’equipaggiamento da campeggio, in totale 35 kg. Ogni tanto si concedono una notte in albergo: oggi, nella fattispecie.
domenica 29 luglio: Chatillon en Bazois – Décize (60 km)
L’ultimo tratto del Canale del Nivernais è particolarmente gradevole, grazie anche alla temperatura che si è fatta più mite.
In una delle poche aree di sosta ci raggiunge imprevista la famiglia belga: beviamo qualcosa, facciamo due chiacchiere e ci salutiamo senza scambiarci nomi e indirizzi. Unico contatto, il mio profilo su Warmshowers: Paolo Rossi è un nome che strappa un sorriso al papà, poco più giovane di me, che ricorda bene i gloriosi Mondiali dell’82. Sulla sinistra, la bici con il carrello.
La campagna è punteggiata di vacche bianchissime al pascolo; da noi le si vede soltanto in alta montagna: ecco perché i formaggi francese siano così buoni!, esclamo ignorando che si tratta della razza “charolaise”, per la cui pregiatissima carne le vacche vengono fatte pascolare, non per il latte, che produrrebbero allo stesso modo standosene comodamente in stalla.
Sullo sfondo sfilano castelli minori che non ci sogniamo neanche di visitare: ormai nulla può distrarci dalla retta via del canale, che ormai siamo determinati a percorrere fino in fondo.
Verso ora di pranzo ci troviamo alle soglie di Decize, in anticipo sulla tabella di marcia. Qui finisce il Canale del Nivernais, intersecato in questo punto da un canale laterale della Loira, lungo cui corre la famosa Eurovélo 6, la “strada dei fiumi” che taglia per 3.500 km l’Europa trasversalmente, dalla Francia alla Romania, ovvero dalla foce della Loira alla foce del Danubio.
Per chiudere in quadrato il nostro cicloviaggio mancherebbe il lato meridionale, ossia il Canal du Centre. Provo ad azzardare: ancora un paio di centinaia di chilometri e arriviamo dritti a Macon. Ma la pista ciclabile non è ancora completamente allestita: il sorriso della Valè parla chiaro: è stato bello, il cicloviaggio finisce qui!
Andrea Agostini
Scritto il 11 Settembre 2018
Complimenti Valeria e Paolo. Abbiamo letto con attenzione e grande piacere del vostro cicloviaggio in Borgogna. Interessanti le affinità con la nostra Borgogna: Le quasi infinite condizioni poste dalla Moglie e lo stesso decreto di fine viaggio emanato dalla medesima Moglie prima del giro completo, le stesse borse Vaude blu della Moglie e lo stesso alloggio a Chatillon en Bazois, les Canards scolpiti nelle lucide acque del canale e i precisi capitelli che volteggiano seri in esagerati cieli romanici e les vignobles e les charolais e … Grazie per il bel racconto. Paola e Andrea
Paolo Rossi
Scritto il 09 Settembre 2018
Grazie, e questo è solo l’inizio!…
Emanuela Boiardi
Scritto il 09 Settembre 2018
Veramente splendido percorso e congratulazioni ad entrambi. Avete visto cose bellissime e al di fuori delle consuete rotte turistiche
Claudia & Stefano
Scritto il 04 Settembre 2018
Complimenti a Valeria ! Bel viaggio, saggiamente organizzato.
Commenta
Devi essere connesso per inviare un commento.
Paolo Rossi
Scritto il 12 Settembre 2018
Grazie Andrea per il lusingiero apprezzamento. Effettivamente ci sono simpatiche analogie tra i nostri viaggi! Tu però cavalchi una Salsa Vaya, altro pianeta direi… Però è anche vero che il mezzo rimane un mezzo. A proposito, complimenti per i tuoi diari: sono scritti in punta di penna!