
Idea di un giro italico (testo di un viaggio del 2013)
3 – 9 Agosto 2013 Giro di Eremi e Abbazie in Toscana
Giro di Eremi e Abbazie in Toscana
Giro di Eremi e Abbazie in Toscana
Marco – Vanni – Tino
Marco – Vanni – Tino
Prefazione
Prefazione
Il giro per eremi e abbazie in Toscana nasce dall’intenzione del mio ex compagno di scuola di voler partecipare ad una delle mie vacanze in bicicletta; Tino è un fervente credente e questo mi ha dato lo spunto per “personalizzare” un giro tematico (o quasi).
Naturalmente non è solo l’interesse per i siti religiosi il movente ma la percorrenza in zone di indubbia bellezza e ricchezza culturale, artistica e storica.
Cosa abbiamo assorbito poi di contanta ricchezza questo è un altro paio di maniche… Vanni invece si è affrancato per sperimentare un modo di andare in bici e vivere una vacanza piuttosto inusuale.
Io e Vanni, già compagni di pedale, ci chiedevamo se Tino, principiante turista a due ruote, fosse riuscito a sopportare il carico di km e il susseguirsi di giornate impegnative. Le risposte arriveranno presto, sulle rampe del Passo dei Mandrioli e nei giorni a seguire.
Inoltre dobbiamo verificare se riusciremo a far convergere esigenze personali, abitudini, praticità varie, intenti , fatiche….
N.B. nel testo le informazioni relative alle mete non sono state integrate poiché le pagine di questo racconto diventerebbero infinite. Consiglio eventualmente una ricerca in internet per caricarsi di indicazioni utili, come abbiamo fatto noi del resto.
1° giorno – L’ENTUSIASMO, IL CALDO, LA FATICA
1° giorno – L’ENTUSIASMO, IL CALDO, LA FATICA
Una splendida aurora illumina la partenza da Cesenatico.
A suon di chiacchiere io e Vanni raggiungiamo Matteo e Sonia all’ingresso di Cesena.
Tino sta aspettando da diversi minuti al chiosco, serrato, di piadina, davanti allo stadio; la sua espressione comunica ansia e impazienza.
Prendiamo la vecchia strada che porta in Appennino
risalendo la valle del fiume Savio, attraversando l’entroterra Cesenate.
A Mercato Saraceno allerto Claudio, ex compagno di lavoro e buon sportivo, che ci accompagna pedalando fino a Sarsina e per giunta offre la colazione a tutti.
Pare che l’entusiasmo ci aiuti a bere quelle minime salitelle e a raggiungere S.Piero e Bagno di Romagna ma è l’impegno al Passo dei Mandrioli che ci turba, soprattutto in virtù dell’orario e del caldo.
Dopo una sosta che dovrebbe consentirci di ricaricare liquidi ed energie affrontiamo il passo .
Tino già alla seconda curva lascia tutti indietro. Ognuno utilizza la propria marcia per coprire gli 11 km fino al valico, più della metà arsi dal sole.
A tratti mi fermo a scattare qualche foto assicurandomi di esserci tutti.
In prossimità del Villaggio Ravenna uno spazio con una maestà e un po di ombra regala un momento di sosta e l’opportunità di raggrupparci; contemporaneamente raggiungiamo anche altri due cicloviaggiatori romagnoli che percorrono la nostra prima tappa. Gli ultimi km sono parzialmente all’ombra e presto valichiamo i Mandrioli.
La salta ma ancor più il caldo ci ha debilitato; personalmente ho visto la spia rossa accendersi e mi rendo conto che occorreva nutrirsi meglio prima di affrontare questo tratto.
La discesa a Badia Prataglia mette alla prova l’assetto delle bici cariche al posteriore; non abbiamo ancora fatto l’abitudine a viaggiare carichi ed ogni veloce curva in discesa richiede una correzione di traiettoria.
Ci fermiamo a Badia a recuperare liquidi ed energie, poi a salutare Matteo e Sonia che il giorno successivo faranno ritorno.
Ritroviamo i due ciclisti incontrati sui Mandrioli e facciamo squadra per raggiungere Chiusi La Verna.
Il segnale indica 23 km, distanza modesta ma dobbiamo calare la Val di Corezzo e salire il monte Penna fino al Santuario.
La discesa fino a Rimbocchi è un lampo ma non si può certo dire dei successivi 12 km di salita. Il caldo è feroce e l’ombra è assente, la fatica dei 100 km precedenti si fa sentire.
“Acqua! Acqua!” come disperati persi nel deserto.
Troviamo ristoro prima in un casolare poi ad una fonte freschissima alcuni km prima della meta.
Tino approfitta di ogni sosta per operare il cambio della maglia sudata perchè. dice lui, in discesa poi si raffredderebbe: raffredderebbe????
Arriviamo a Chiusi: sia io che Vanni vorremmo buttarci in picchiata sul campeggio e solo dopo risalire per una – improbabile – visita al Santuario, ma Tino insiste ed ha ragione. Raggiungiamo il Santuario con un plus di salita.
Sarà l’aria mistica del luogo o il breve lasso di tempo in cui membra e mente si rilassano e subito riacquistiamo un po di energie.
[ Santuario di La Verna]
I nostri compagni di tappa avevano anticipatamente prenotato alla foresteria del Santuario ma per noi è troppo tardi.
Le tende prendono forma nel campeggio qualche km più in basso e noi riprendiamo un aspetto decente dopo la doccia.
La ragazza ai tavoli guarda le nostre facce illuminarsi mentre sciorina il menù; vorremmo prendere tutto ma ci accontentiamo di …molto!
2° giorno – LE COLLINE DOPO I MONTI
2° giorno – LE COLLINE DOPO I MONTI
Si impacchetta tutto per bene e ci si avvia a compiere un rito inalienabile: la colazione.
Via… da Chiusi ora ci spettano ben più di una decina di km in discesa attraverso il verde bosco di latifoglie fino a
Chitignano e poi giù ancora verso la strada statale che dai Mandrioli conduce ad Arezzo.
Percorrere la statale non è piacevole; troppi automezzi e troppi km noiosi; per fortuna il nostro tratto è di poco più di 20 km.
Inauguriamo il nostro ingresso ad Arezzo con una successiva ed esagerata colazione e sebbene non rientrasse nel nostro programma di visite facciamo ugualmente un giretto per il centro.
Nell’occasione c’è pure il mercatino dell’antiquariato (e cose vecchie) che si tiene ogni primo weekend del mese.
Riprendiamo la via per uscire dall’aretino e mordere i primi colli senesi e a proposito di “mordere” lasciamo passare l’orario in cui i negozi restano aperti la domenica e così ci ritroviamo dopo un po a cercare cibo in frazioni semideserte.
Un bar è aperto a Monte San Savino; spazzoliamo un po di roba mentre ventila l’aria condizionata troppo fresca e molte teste sono rivolte allo schermo, corrono le moto.
Ok! ci facciamo forza… ora iniziano le colline ed è molto caldo.
L’umore è alto e la salita sembra – dico sembra – dolce.
In cima la via preventivata sulla carta devia a destra e con nostra sorpresa diventa ombreggiata… poi bianca (senza asfalto).
Ci dirigiamo verso la Diga del Calcione e omonimo lago che in realtà non abbiamo visto sebbene ci fossimo ben guardati attorno.
Però il successivo laghetto l’ha visto bene Vanni che approfitta del caldo per un tuffo.
Il posto è veramente bello: dall’alto spunta il Castello della Modanella e dall’altro lato, oltre il laghetto, una serie di casali, alcuni dei quali ristrutturati e sicuramente adibiti a resort.
La statale Bettolle- Siena è poco più in là, l’attraversiamo e valichiamo una collina per discendere a Rapolano.
Avevo sentito dire che fuori dalle Terme c’era un luogo dove approfittare di un bagno gratuito ma le indicazioni in loco smentiscono presto.
E’ pomeriggio inoltrato, siamo stanchi, le mie braccia sono arrostite… cerchiamo una stanza qui, anzichè fare altri 10 km per arrivare ad Asciano.
Decisione saggia, il rifugio è una bella torre che sovrasta il paese, ogni piano è una stanza e la terrazza sul tetto è un punto panoramico a 360°.
La sera cala dolce e lenta come la birra fresca nelle nostre gole; le gambe ne risentiranno poco dopo.
3° giorno – MISTIC TUSCANY
3° giorno – MISTIC TUSCANY
Ci alziamo prestissimo.
Dall’alto della torre l’alba sorge limpida oltre le colline calcate il giorno prima. Le nostre bici sotto sono già pronte.
Sotto ancora il bar sta aprendo e le briosce sono appena arrivate; per al colazione ci prendiamo il giusto tempo e comunque montiamo in sella che è ancora presto ma non prima che Tino abbia rotto un po i maroni al barista per farsi fare una …borraccia di tè.
Le ombre lunghe si spalmano sui calanchi e sui campi in direzione di Siena che, a vista, sonnecchia laggiù, in fondo.
Ne disegnano i contorni le sagome dei palazzi più alti. Intanto impietosi cartelli stradali ci anticipano più volte gli strappi al 12 e 15%, sia prima che dopo Asciano.
Arriviamo all’Abbazia Benedettina di Monte Oliveto Maggiore e ci tocca attendere un mezz’ora prima dell’apertura e di una rapida vista.
[Abbazia di Monte Oliveto Maggiore]
Chiusure, è una chicca di paese appollaiato sulla lama di creta che termina con l’Abbazia più in basso. Anche qui poche persone per la via.
Siamo solo a metà mattinata ma non possiamo far tacere il richiamo di un panino preparato in quel negozio dove si vende di tutto (come i negozietti di tanto tempo fa).
E’ caldo fuori ma dentro si sta bene, difatti alcuni personaggi vi sostano come solitamente si fa al bar, fra il fruscio delle pagine del quotidiano locale, le salamelle di cinghiale, detersivi e rossi imbuti di plastica.
Ci “imbottiamo” per bene perchè la via che ci aspetta ci darà da fare.
Sbagliamo un paio di direzioni però finalmente riconosco il luogo
da me già percorso qualche anno addietro… con il difetto di non
ricordare il sentiero che ora discende.
Mi basta poco per comprendere che raggiungeremo il mio.. il nostro obiettivo dalla parte da cui non avrei voluto passare.
Dopo aver percorso un tratto di sentiero, prima in discesa e poi in salita… spingendo a piedi, passiamo stremati sotto l’arco della vecchia e impraticabile via che entra a Monterongriffoli, un nome che sarebbe stato assai bene nelle pagine del Pinocchio di Collodi.
Monterongriffoli, un antico paese di 10 abitanti attuali, collocato sulla curva di una ripida balza calcarea, sulla sponda destra della valle dell’Asso, con edifici di colore rossastro che il tempo e l’abbandono hanno stemperato.
La fatica per raggiungerlo ci ha forse negato un poco di quella sorpresa mista a curiosità che provai qualche anno fa nell’entrare dalla parte opposta e che volevo ora condividere.
Tino si è cambianto la maglia e così caliamo dalla via bianca verso la strada nei pressi di S.Giovanni d’Asso e dirigiamo il naso verso Torrenieri sfilando dolci colline rasate e arse, cinte a tratti da file di cipressi.
La via non è molto interessante ma è piana e ci porta diritti, a pochi km da Montalcino.
Sostiamo a Torrenieri cercando rifugio nell’unico bar aperto. Sotto la scarsa ombra dei palazzi si trascinano due ragazzi a piedi, pellegrini diretti a Roma, madidi di sudore e senza un goccio d’acqua…decisamente stravolti.
Chiacchiere, scambio di informazioni e di ..acqua naturalmente.
Infiliamo la provinciale del Brunello; alcuni cartelli indicatori (distanziati fra loro di almeno 1500 mt) segnano sempre 8 km al paese ed io impreco animosamente. Comincia la salita e il caldo (forse la giornata più calda di questi giorni) la fa sembrare ancora più lunga. Lo sguardo cerca il punto di arrivo ma davanti solo curve e mura lontane.
Finalmente entriamo al primo accesso e siamo presto in piazza del Popolo; appoggiati i ferri e messi i piedi a terra, ci rinfranchiamo quanto prima.
Pestiamo le antiche pietre del selciato raggiungendo la fortezza mentre Il vino Brunello ostenta nelle vetrine delle enoteche; noi abbiamo tanto bisogno di recuperare liquidi che la nostra esigenza è la quantità più che la qualità.
Questo giro che incontra le zone vinicole fra le più famose d’Italia è per noi invece un ricorrere all’acqua e alla …birra.
Peccato, certo, ma ogni situazione ha le proprie necessità e altrettante rinunce.
S.Antimo dista 10 km; chiediamo e alcune persone ci indicano che è tutta discesa… non sembra vero.
[S.Antimo]
L’Abbazia benedettina sembra attenderci paziente cullata dagli ulivi e noi la lasciamo aspettare cercando prima un alloggio per la sera. Poco dopo la quiete e il misticismo del luogo ci avvolgeranno sospendendo per un poco lo scorrere del tempo.
Dopo una cena a base di spezzatino di cinghiale (burp!!), raggiungiamo l’Abbazia a piedi lungo un sentiero per assistere alla Compieta, la preghiera serale cantata in gregoriano.
Che ci fa un miscredente come me inginocchiato a recitare l’oscuro latino?
L’opportunità di redenzione?
E’ calato il buio e S.Antimo, illuminato artificialmente, emerge circondato dalle scure ondulazioni dei colli.
4° giorno – LA FAVOLA E LA STORIA
4° giorno – LA FAVOLA E LA STORIA
Dovremmo ritornare a Montalcino;
studiamo più volte la carta per verificare se ci sono alternative meno terribili di 10 km in salita di primo mattino. Niente!
Arriviamo però in fretta a Montalcino; il chiacchiereccio durante la pedalata ha anestetizzato quello che pensavamo fosse un calvario.
Nel frattempo Vanni, con il telefonino incastrato nelle cinghie del casco, detta indicazioni di lavoro al collega all’altro capo.
La nostra meta ora è la Val di Merse; decidiamo sulla mappa la via da seguire. Fantastico! (almeno per me e Vanni), ci ritroviamo su una ampia via bianca che calca un crinale e successivamente scende verso Buonconvento.
Vigne e ulivi sono sparsi a vista, splendidi casali (ville!) dominano sulle colline. Scopriamo con sorpresa che questa strada è parte dell’Eroica, gara ciclistica epica ed atipica, che si corre in Toscana ogni anno nei primi di Ottobre.
Quando la strada comincia a scendere piuttosto decisa, incrociamo il complesso turistico di Castiglion del Bosco con estensioni di …campi da golf – luogo sicuramente esclusivo -. La discesa impegnativa mette alla prova Tino che non è abituato a percorsi accidentati e non ha la bike giusta per queste vie.
Un sosta sul piano, un’altra occhiata alla mappa e via sull’asfalto verso Murlo. Probabilmente Murlo valeva una visita ma non so come passiamo oltre e raggiungiamo Vescovado proprio poco prima della chiusura dei negozi.
E’ ora di “fare il pieno”; carboidrati e proteine (panino con prosciutto), vitamine, zuccheri e fibre (melone e pesche), un buon caffè e due chiacchiere con la bella barista e impariamo che la zona era un grande centro minerario per l’estrazione del carbone.
Riprendiamo la via passando per la frazione di Lupompesi, nome alquanto strano che provoca subito in noi esilaranti allusioni.
La strada si alterna in vari saliscendi e aggira i ruderi della Rocca di Crevole con l’alta torre che svetta sulla macchia di arbusti.
Nei pressi di Casciano scorgiamo in lontananza due leggiadre figure a pedali; è un attimo raggiungerle. Due cicloviaggiatrici olandesi ci aggiornano sulla loro percorrenza e sulla meta: Roma.
La tappa odierna per loro termina qui, nel primo pomeriggio al campeggio di Casciano, sembra dopo nemmeno 20 km di pedalate.
Noi invece proseguiamo in una folle discesa che ci fionda in Val di Merse, proprio di fronte a risaie verdissime e comunque nella statale Grossetana, stretta e piuttosto trafficata.
Ci spariamo un paio di km per poi deviare per oltrepassare l’ultima asperità della giornata. Nei tratti a ridosso delle alture anche l’aria si para e il caldo è insopportabile. San Lorenzo a Merse sembra un paese fantasma, tutto chiuso e nessuno in giro, per fortuna c’è la fontana.
Dovrebbe essere l’ultima salita e allora stringiamo i denti; la strada però non è faticosa e di tanto in tanto il bosco ci rovescia addosso un po d’ombra… poca .
Il posto è splendido, verdissimo e per nulla trafficato; sembra un attimo (almeno ora nel ricordarlo) e siamo già in cima. Questi luoghi credo facciano parte di una riserva naturale.
Ora la via discende e l’aria scivola sulle nostre membra sudate e bruciate, rinfrescandoci.
Passiamo su un ponte, sotto un corso di acqua limpida; con sincronismo d’intenti posiamo le bici, disturbando sicuramente una coppietta in auto intenta in “coccole” … e in men che non si dica siamo già a mollo.
Dopo un meritato refrigerio risaliamo in sella tutti bagnati; i panni asciugheranno per strada, pericolo di prender freddo non ce n’è!
Al bivio di Monticiano insisto per andare dalla parte opposta al paese.
Non voglio svelare la sorpresa, intendo portare Tino e Vanni direttamente alla destinazione; così ci buttiamo sugli ultimi km di strada e quando svoltiamo cominciamo ad annaspare su alcuni perfidi saliscendi.
Scappo in avanti per attenderli proprio sotto al cartello con vista sulla piana dove sorge il complesso di S.Galgano.
[ Abbazia di S.Galgano – Monastero di Montesiepi]
E’ una meraviglia! Lo è ancor più quando cominciamo a visitare il luogo, dentro le mura della cattedrale gotica spoglia, enorme, inquietante.
E poi la spada nella roccia nel monastero di Montesiepi, quello sulla collinetta lì a fianco.
spada nella roccia
Ricordo la classica storia della spada raccontata ai bambini e immagino il loro volto qualora la vedessero dal vero; tuttora qualche adulto si stupisce.
La ciliegina sulla torta è l’alloggio, proprio di facciata all’abbazia e ad un prezzo accessibilissimo. La sera ovviamente è abbuffata! La sera è anche il momento per decidere qualche ritocco alla prossima giornata.
5° giorno – NON UNA GOCCIA DI VINO!
5° giorno – NON UNA GOCCIA DI VINO!
Dopo aver valutato la poco pratica opportunità di seguire una pista bianca, prendiamo l’asfalto che sale a Frosini e poi segue il corso del torrente Rosia quasi fino alle porte di Siena. Poco dopo il ponte romano della Pia, all’ingresso di Rosia (paese che prende il nome dal corso d’acqua) ci fermiamo da un meccanico di cicli che finalmente sistema la bici di Tino, partita da casa con qualche handicap.
A metà mattina passiamo Porta S.Marco ed entriamo nella città del Palio.
Sicuramente in barba a qualche regola ci permettiamo di percorrere in sella le vie del centro dribblando le mandrie di turisti stranieri e giungendo sotto la maestosità del Duomo.
Tino si fionda all’interno seguito a ruota da Vanni mentre resto io a piantonare le bici e ad aspettare l’amico senese Sembola che avevo avvertito poco prima di arrivare.
La piazza del Palio è arsa dal sole di mezzodì e le ombre sono gremite di gente; lo scalino di un portone ci offre la tranquillità del pranzo rimediato nei negozietti.
Dopo tanto peregrinare per vie e paesi semideserti,o comunque tranquilli, il caos di Siena ci disorienta.
Riposiamo un poco in una piazzetta alberata.
Le nostre intenzioni erano di passare tutta la giornata in Siena e riprendere la via il giorno successivo ma ora l’idea è quella di scappare e giocarci un po di chilometri sul chiantigiano.
Seguendo le indicazioni del buon Sembola usciamo in fretta dalla città e cominciamo a salire per l’ennesima volta altri colli, segnati da ulivi e vigneti ed anche da fichi d’india che con i muretti a secco a lato della via sembra quasi di stare in Puglia… ma non ricordo salite così in Puglia!
All’apice di una di queste erte ci attende una cantina e una fornita rivendita di vini; abbiamo la faccia tosta di entrare e chiedere solo acqua, per le borracce.
Castellina in Chianti è finalmente a portata ma l’ingresso non ha nulla di tipico perchè un gigantesco cementificio – o almeno quel che sembra – toglie tutto il sentimento.
Il paese invece è bello, caratteristico come si chiede.
Troviamo presto un buon alloggio .. e c’è anche la piscina ma al momento del tuffo il sole scompare dietro le nubi. Il bagno si fa lo stesso ma non è la stessa soddisfazione. Lungo il selciato del corso, a cena all’aperto, ci buttiamo su …pizza e birra, disertando i piatti e i vini di questi luoghi. Ci sta anche un gelato prima di nanna.
6° giorno – DAL SENESE AL FIORENTINO
6° giorno – DAL SENESE AL FIORENTINO
Non vi tedio ancora con… l’esaltazione della colazione.
Ci rimettiamo in marcia direzione Greve in Chianti.
Percorsi alcuni saliscendi di poco conto, fra colline tratteggiate di vigneti, giunge presto una lunga discesa che ci spinge in Greve.
Incontriamo un numero consistente di ciclisti che invece salgono, nemmeno con tanta baldanza…fortuna nostra andiamo in direzione opposta.
L’ingresso in Greve non è bellissimo ma si riscatta decisamente quand entriamo nella piazza principale. Naturalmente la sosta per un plus-colazione è d’obbligo.
Il Chianti ora è alle spalle non prima però di aver scollinato con fatica un’altra altura. Scendiamo in Val d’Arno ed entriamo a Figline.
In una piazzetta Tino, come consueto, intorta un signore del luogo che, curioso, chiede da dove veniamo; così abbiamo anche l’onore di conoscere il cugino (o lo zio?) del giocatore del Cesena anni 70 Paolo Ammoniaci.
Tino si bea ricordando quando da adolescente ribelle militava negli Ultras locali.
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L’Arno scorre lentamente sotto il ponte ovviamente incurante del notevole traffico sopra e delle nostre biciclette che puntano al Pratomagno.
Il Pratomagno è un massiccio montuoso segnato a est, sud e ovest dal corso dell’Arno, praticamente impone un giro attorno a se stesso al fiume; è anche il punto di arrivo per oggi.
Una via non bella ma poco trafficata sale verso Reggello; l’ora è quella giusta per mangiare qualcosa e preparare il pomeriggio per l’ultima salita.
Cerchiamo un po di ombra sotto le mura del Municipio.
Non vorremmo alzarci e ripartire dato il caldo e la pancia piena, però miriamo a raggiungere Vallombrosa e l’omonima abbazia.
Man mano che la strada si arrampica il verde attorno prende vigore.
Anche qui vi risparmio le note sulla fatica il caldo e il sudore…tant’è che arriviamo a Saltino, località di villeggiatura un po demodè e frequentata da “giovinastri della quarta età”.
– fra alcuni anni potremmo essere noi quei giovinastri…-
[Abbazia di Vallombrosa]
Il verde del bosco tutt’attorno esalta il complesso religioso, bianco e imponente.
Un via vai di gente, pellegrini e turisti formicola per le vie …ed anche auto, nota alquanto stridente con la quiete del luogo.
Primaria è l’esigenza di cercare un luogo dove appoggiare le nostre cose; è pomeriggio e c’è tempo, così la fontana del parcheggio dei camper è la nostra doccia e la tettoia della vecchia segheria sarà il nostro sito per la notte
Entriamo nella corte, poi nella chiesa dell’abbazia e ci guardiamo attorno cercando di legare assieme quelle poche informazioni di cui ci eravamo dotati.
Le mie conoscenze storiche, artistiche e religiose su questa abbazia sono ben poche … probabilmente Tino ne sa molto di più ed infatti è perso di vista spesso poiché entra in ogni antro a disturbare chiunque incontri chiedendo qualsiasi cosa. Naturalmente dopo ci dispensa delle notizie ricevute.
Nella sala da pranzo l’età media delle poche persone ai tavoli sarà intorno ai 75 anni e non riusciamo a trattenerci nello sparare cazzate.
Le risate fioccano : effetto del mix birra + stanchezza o veramente il buffo della situazione?
Stesi nei sacchi a pelo a terra per un po puntiamo lo sguardo verso il nero del bosco, poi…
7° giorno – IL TRATTO PIU’ LUNGO
7° giorno – IL TRATTO PIU’ LUNGO
La notte è passata bene.
Ci alziamo prestissimo perchè sappiamo che questa ultima tappa sarà lunga.
E’ desiderio comune una buona colazione ma il bar è ancora chiuso, nessuno in giro.
Anche i bagni sono chiusi; lascio una testimonianza copiosa del mio passaggio sotto un grande abete.
Non vogliamo aspettare “chissà chi” a “chissà quale ora” ed allora partiamo a pancia vuota verso il valico di Secchieta ma sarebbe stato bene non fidarsi delle indicazioni di chi va a motore perchè in realtà i km sono davvero molti di più.
Per fortuna la strada nella foresta e la vista sul sito di Vallombrosa sono favolose.
Dopo il valico la discesa diventa veloce e la strada diviene un poco stretta ma a quest’ora non passa quasi nessuno.
Entriamo a Montemignaio e c’è subito un bar piuttosto fornito e un bel terrazzino panoramico con i tavoli; ahh.. siamo ancora in vacanza!
Per me niente da più la sensazione di essere in vacanza come una abbondante colazione di buon mattino ad un tavolino all’aperto. Noto con piacere l’approvazione di Tino e Vanni.
La discesa continua fino a raggiungere la strada casentinese dove c’è un po di traffico. Raggiungiamo Poppi e scattiamo qualche foto al castello; purtroppo non abbiamo tempo per una visita perchè la strada che ci attende è ancora lunga e sinceramente non sappiamo se riusciremo a percorrerla tutta.
Ci arrampichiamo verso le foreste Casentinesi fermandoci a Moggiona per fare acqua e anche due chiacchiere con la gente del posto.
Oltre la foresta prende forma e gli arbusti lasciano posto ai castagni, agli abeti e ai faggi.
Non trovo aggettivi nuovi per descrivere questi luoghi che ho percorso tantissime volte… è un piacere inusitato e profondo che provo ogni volta;vorrei che i miei compagni provassero le stessa sensazione.
Siamo ancora in tempo per una veloce visita all’Eremo di Camaldoli e ci accodiamo alla comitiva e alla guida.
[Eremo di Camaldoli – Camaldoli]
La sosta per il pranzo sarà a Badia Prataglia a pochi km dall’Eremo; restiamo dentro la foresta proprio fino al paese; sembra non sia nemmeno fatica pedalare nel tratto di salita, mentre l’ultimo tratto è discesa, veloce, fresca, non direi riposante perchè l’attenzione non è mai troppa lungo queste pendenze; le dita tirano le leve dei freni.
I gomiti sono già appoggiati sul tavolone nello
stesso posto in cui ci sedemmo nella prima tappa, all’inizio della nostra avventura. Le nostre facce sono decisamente segnate da questi giorni di fatica e caldo ma l’umore è al settimo cielo; personalmente non vedo l’ora di raccontare a casa a familiari ed amici le nostre peripezie e sono convinto che anche Vanni e Tino stanno pensando la stessa cosa. Dopo aver coperto i pochi km da Badia su al valico dei Mandrioli caliamo veloci giù per i tornanti annusando l’aria quasi di casa.
Non ci fermiamo nemmeno a Bagno di Romagna, che è da sempre un punto di sosta per qualsiasi escursione, tiriamo diritto.
L’euforia ci fa andare veloci, Tino corre dietro ai ciclisti incontrati ed io alla sua ruota finchè Vanni, rimasto un poco indietro, ci richiama a più modeste velocità. .
Siamo sul far della sera e sappiamo che l’arrivo è a portata di luce.
Caliamo con baldanza la vecchia strada e all’imbrunire entriamo in Cesena. Tino si congeda, stanco, tronfio e soddisfatto e si dirige verso casa.
Riprendiamo la strada e la consueta sfilza di chiacchiere ci spinge in Cesenatico; siamo a casa.
Testo di Marco Zoffoli
Testo di Marco Zoffoli
I numeri
I numeri
1° tappa – km 130
1° tappa – km 130
2° tappa – km 106
2° tappa – km 106
3° tappa – km 70
3° tappa – km 70
4° tappa – km 75
4° tappa – km 75
5° tappa – km 60
5° tappa – km 60
6° tappa – km 65
6° tappa – km 65
7° tappa – km 150 Tot. Km 656 (media giornaliera km 93,7)
7° tappa – km 150
Tot. Km 656 (media giornaliera km 93,7)
Tot. Km 656
656
Problemi tecnici (forature, guasti, riparazioni, …) = NESSUNO
Problemi tecnici
NESSUNO
Quello che si è mangiato e bevuto è pressoché incalcolabile
Quello che si è mangiato e bevuto è pressoché incalcolabile
Spesa pro-capitex intero giro: 300/350 €
Spesa pro-capitex intero giro: 300/350 €
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