Così in alto

  /  Così in alto
4 Settembre, 2020

Così in alto

La voce del comandante annuncia che manca un’ora alla discesa.
Tanti pensieri e il loro contrario mi frullano per la testa, ansia ed euforia si alternano nel cervello, il battito cardiaco è leggermente alterato per la stanchezza del volo e l’emozione, ora che ci avviciniamo alla meta da cui inizierà il nostro cicloviaggio.
Ritorno al momento in cui Davide me lo propose due anni fa, ed alla mia reazione. “Un altro viaggio al limite dell’impossibile”, pensai.

E la mia istintiva risposta fu quella scontata: “lo sai che queste mete estreme non fanno per me! A me piacciono giri tranquilli e non troppo
faticosi, paesaggi suggestivi, buona cucina, comodi letti dove dormire…Tu sei pazzo, no di certo, così in alto questa volta non ci vengo proprio!”
Poi invece, giorni e notti tormentati da conflitti fra le mie due opposte personalità.
“Questo viaggio non fa per noi, tesoro!”
“Si invece, ce la possiamo fare, non abbiamo paura, noi!”
“Ma è troppo faticoso e pericoloso!”
“Però non possiamo rimanere a casa: pensa a che emozioni ci perderemmo…”
E ancora, l’opera di convincimento e rassicurazione di Davide.
“E’ fattibile, credimi, ora che ci sono questi voli promozionali bisogna approfittarne.”
“Pensa che paesaggi unici, potrai raccontare di essere stata una delle poche a pedalare lassù.”
“Ce la puoi fare, serve solo una buona preparazione, ti aiuterò io.”
“Potremmo andare con il nostro tandem, il ‘Pino’. Le salite, tanto, non saranno un problema.”
“Fidati…sarà bellissimo!”
E così, eccomi qua: con il cuore che batte sempre più accelerato pensando alla nuova avventura che ci aspetta.
E l’eterno dubbio di aver preso la decisione giusta.
Per vincere questa ansia che mi prende un po’ allo stomaco, cerco di non guardare fuori e provo a concentrarmi sui particolari tecnici.
Dovrebbe tranquillizzarmi il fatto che questa volta, a differenza di altre in cui non partivo mai preparata a sufficienza, mi sono impegnata veramente.
Molto: mesi di un costante e mirato allenamento.
Anche se non è tanto la fatica che mi preoccupa, quanto la mia dubbia capacità di adattamento alle particolari situazioni ambientali che troveremo.
Però il test previsto prima della partenza per verificare la mia “idoneità” l’ho incredibilmente superato.
Quindi: coraggio mia cara!
La voce del comandante mi ricorda che mancano 10 minuti, poi riferisce i valori di temperatura e pressione atmosferica esterni: il cuore è sempre più in gola…
Lo so, non dovrei.
Indosseremo gli indumenti più all’avanguardia per l’outdoor, fabbricati con materiali studiati e collaudati per resistere alle condizioni estreme che troveremo. E devo ammettere che nonostantetutti gli strati di cui sono costituiti, sono comunque abbastanza confortevoli per pedalare.
Casco a parte: questa volta lo dovrò proprio indossare!
Pure la scelta della bici dovrebbe rassicurarmi: ho un debole per il nostro tandem semi-reclinato della Hase.
Lo abbiamo dovuto riadattare appositamente per l’impresa: gomme piene tassellate, per fondi sabbiosi o rocciosi, specifiche per aumentare l’aderenza al suolo e telaio leggermente modificato.
La postazione anteriore, quella reclinata, con tavolino porta tablet ed attrezzatura fotografica poi, è stata una modifica su mia richiesta che mi permetterà di fotografare e scrivere il diario di bordo pedalando!
Obbligata però, la scelta del carrello a seguito dopo aver verificato che le quattro borsine non erano sufficienti a contenere tutto il necessario, compreso le riserve alimentari.
Il cibo infatti, sarà tristemente costituito da disgustose buste di alimenti liofilizzati o condensati!
Addio cene e abbuffate a fino tappa, dove poter gustare i prodotti locali…
Nel carrello inoltre, metteremo tenda, sacchi a pelo per temperature estreme e bombole di ossigeno.
Già, l’ossigeno…sarà dura pedalare con quella carenza di ossigeno!
Anche l’autonomia per l’acqua non è stata problematica di facile soluzione.
A parte una cospicua scorta iniziale trasportata sul carrello, faremo utilizzo di questi “FOB”:
sacchetti portatili in grado di convertire le acque reflue in acqua potabile, grazie all’uso di una
membrana semipermeabile e ad una soluzione concentrata di zucchero per filtrare le tossine.
Devo sforzarmi di non pensare a cosa berremo!
Mi consolo pensando che abbiamo però la speranza di riuscire a raggiungere una zona in cui, dalle immagini satellitari e dalle informazioni che ci hanno fornito, pare ci sia un piccolo deposito di ghiaccio…
Di nuovo la voce: “Cinque minuti all’arrivo.”
Non resisto, guardo fuori dall’oblò’!
Mi arrivano agli occhi le immagini mozzafiato del profondo cratere su cui stiamo lentamente scendendo e della catena montuosa che lo circonda: il vasto Bacino Polo Sud-Aitken.
Attraverso il nervo ottico le immagini raggiungono il cervello: è come un flash.
Di colpo mi rendo conto che a convincermi a partecipare a questo cicloviaggio, in verità non è stato Davide, ma il ricordo dell’emozione provata da bambina alla vista delle spettacolari immagini che arrivavano dalla tv in bianco e nero in quell’anno memorabile.
Quel primo passo sul nostro satellite, e la mia domanda di bambina: mamma, secondo te potrò mai ad andare in bicicletta sulla luna?”

Marina Piancastelli

Ringraziamo Fabio Noferini che ci ha gentilmente concesso l’utilizzo delle sue foto

AIIC
AIIC ,