Raffreddamenti in cicloviaggio
Alberto Vaona: classe 1975, è medico di medicina generale presso la Azienda ULSS 9 Scaligera di Verona dal 2001. Ha conseguito un Master e un Dottorato di Ricerca in Medicina basata sulle prove di efficacia e ha al suo attivo oltre una ventina di pubblicazioni internazionali. Dal 2008 è un cicloviaggiatore internazionale e ha viaggiato in solitaria e in compagnia in molti paesi europei ed extraeuropei. Dal 2019 fa parte del Consiglio Direttivo di AIIC. A seguito dei suoi viaggi in bici è oggi anche presidente di una No-Profit che gestisce progetti di cooperazione all’educazione di minori svantaggiati in America Latina.
Raffreddamenti in cicloviaggio: come gestirli e come distinguerli dal COVID-19.
Noi cicloviaggiatori siamo esposti agli agenti atmosferici per ore al giorno e per giorni di fila durante le nostre avventure. Chi viaggia in invernale sa quanto possa essere facile riportare conseguenze dall’esposizione prolungata al freddo.
Il freddo oltre a creare fastidiosi dolori alle estremità – salvo casi estremi di congelamento – intacca primariamente le alte e basse vie respiratorie ma può comportare anche fastidiosissimi deficit delle terminazioni nervose del volto fino a vere e proprie paralisi. Per questo il cicloviaggiatore “saggio” si protegge accuratamente dal freddo.
Questo articolo dà alcune indicazioni pratiche su come comportarsi nel caso in cui durante un cicloviaggio – a seguito di un “colpo” di freddo – ci si imbatta in una infezione delle vie respiratorie, come tenere a bada i sintomi e quando ricercare una valutazione medica professionale.
In questo periodo di altissima diffusione del virus Sars-Cov2, responsabile del Covid-19 (Corona Virus Disease 2019), va certamente ricordato che anche solo la presenza di una temperatura corporea maggiore o uguale a 37,5°C oppure di tosse (indipendentemente se con catarro o meno) indica la necessità di essere sottoposti a tampone e comporta, in attesa del suo esito, l’obbligo morale di rimanere in “isolamento fiduciario”. Questa considerazione dovrebbe spingere chi ha in programma di viaggiare in questo periodo anche solo a livello loco-regionale a soppesare bene i rischi a cui si espone, valutare se rinviare o meno il viaggio e comunque a viaggiare nel modo più responsabile possibile (anche in termini di esposizione al freddo) perché anche il banale raffreddamento è indistinguibile dal Covid-19 sulla sola base dei sintomi.
Ciò detto possiamo anche ricordare che esistono ancora tutte le infezione che esistevano prima della “Era Covid-19”.
Le vie respiratorie sono quel distretto corporeo che parte dal cavo orale e arriva fino alla diramazione più fine della struttura polmonare, l’alveolo, passando per faringe, laringe, trachea, bronchi e loro ramificazioni via via più fini.
Nelle vie respiratorie l’aria che passa viene fatta scorrere su un “epitelio ciliato” ovvero su una superficie dotata di tante microscopiche ciglia che filtrano l’aria in collaborazione con il muco in cui sono immerse e la depurano dal particolato che contiene: pulviscolo atmosferico, batteri, virus.
Il freddo agisce andando a stordire e paralizzare temporaneamente le ciglia e impedendo loro di filtrare l’aria che entra nei polmoni. Questo rende molto più facile l’ingresso di microrganismi nel corpo ed è questo il meccanismo che determina l’insorgenza delle infezioni.
Le infezioni delle vie respiratorie possono essere alte (faringiti, tonsilliti, laringiti) oppure basse (bronchiti, bronco-polmoniti e polmoniti) in ordine di distretto ma anche di gravità clinica.
Tutte le infezioni delle vie respiratorie condividono il sintomo febbre (che definiamo qui come una temperatura corporea superiore ai 37°C) e ognuna ha sintomi specifici come dolore alla deglutizione (faringite e tonsillite), abbassamento della voce (laringite), tosse (tracheiti, bronchiti, broncopolmoniti e polmoniti). La polmonite può raramente complicarsi in una pleurite che si manifesta con la comparsa di un dolore molto intenso alla parete del torace, che spesso viene descritto come una pugnalata e nei casi più gravi impedisce una respirazione normale.
FARINGITI: la conferma diagnostica si basa sul racconto del paziente (che riferisce dolore alla deglutizione) e nella gran parte dei casi, fino all’80%, si manifesta a seguito di infezioni virali che si esauriscono spontaneamente nel corso di 4-5 giorni e che non necessitano di antibiotico.
TONSILLITI: spesso si presenta insieme alla faringite e la diagnosi viene formulata sulla base del fatto che sulle tonsille si formano le “placche” ovvero essudati che contengono i globuli bianchi “morti in battaglia” e che non necessitano di essere asportate con quelle che una volta venivano chiamate “toccature”. Per capire quando sia necessario assumere l’antibiotico, si applica una regola: si considerano 5 parametri: 1) età (<14 anni), 2) temperatura >38°C 3) assenza di tosse, 4) presenza di “placche”, 5) presenza di ingrossamenti linfonodali ai lati del collo (si presentano come “palline dolenti” al tatto ai lati del collo); se è presente solo 1 di questi parametri non si deve assumere antibiotico, se sono presenti 2 o 3 si deve valutare caso per caso (un medico eseguirebbe uno specifico tampone) mentre se sono presenti 4 o 5 parametri si può procedere direttamente con l’antibiotico.
LARINGITI: si tratta di una infezione pressoché sempre virale che si presenta con un tipico abbassamento della voce (raucedine) e che non necessita di terapia farmacologica, giovandosi invece del “riposo della voce”.
TRACHEITI, BRONCHITI, BRONCO-POLMONITI, POLMONITI: sono le infezioni via via più importanti delle vie respiratorie, le ultime delle quali sono potenzialmente pericolose anche per la vita se non trattate adeguatamente. Tutte hanno in comune la presenza della tosse a volte accompagnata da catarro, altre volte senza. Il medico distingue le diverse infezioni in base all’auscultazione del torace con lo steto-fonendoscopio perché ciascuna infezione determina la presenza di caratteristici suoni polmonari: in linea di massima nelle tracheiti ci sono suoni fruscii sordi e “secchi”, nelle bronchiti suoni umidi simili ad un gorgogliare di grosse bolle diffuso su tutto un polmone (o anche entrambi), nelle polmoniti un gorgogliare di piccolissime bolle (simile allo strofinio di capelli tra di loro) localizzato in aree specifiche del torace, nelle bronco-polmoniti una via di mezzo. A volte il medico rileva combinazioni di questi suoni.
Non tutti sanno che lo steto-fonendoscopio serve ad aumentare l’accuratezza della rilevazione ma non è prettamente indispensabile se non per l’igiene del medico. Infatti anche appoggiando l’orecchio alla parete del torace i rumori polmonari sono percepibili.
La terapia è sin da subito sintomatica: va abbassata la febbre che salga sopra i 38°C con una adeguata dose di PARACETAMOLO (nell’adulto 1000 mg x 3 volte al giorno se il peso supera i 65 kg; nel bambino sulla base del peso) o IBUPROFENE 400 sopra i 60 kg o 600 mg sopra i 70 kg x 3 volte al giorno nell’adulto; nel bambino sulla base del peso) e va controllata la tosse con farmaci mucolitici (es. DESTROMETORFANO) se presente catarro o sedativi (PARACODINA) se il catarro è assente. Quanto alla terapia antibiotica, mentre su faringiti, tonsilliti, laringiti, tracheiti a volte anche sulle bronchiti si può temporeggiare e attendere di valutare l’evoluzione del quadro clinico, su bronco-polmoniti e polmoniti la terapia antibiotica è necessaria e va iniziata nel minor tempo possibile.
Il cicloviaggiatore che si trovi a che fare con sintomi compatibili con una affezione delle vie respiratorie, dovrà prendere
- contatto immediato con i servizi di emergenza del luogo se compare difficoltà respiratoria o alterazione dello stato di coscienza;
- contatto rapido (nell’arco di alcune ore) in caso di comparsa di dolori localizzati sulla parete toracica o di resistenza della febbre anche a fronte della assunzione di dosi corrette di farmaci
- sottoporsi a visita medica nel corso di massimo un paio di giorni nel caso di mancata risoluzione spontanea del quadro dopo 3 giorni di sintomi.
Nel caso una assistenza medica non fosse disponibile nel luogo dove il cicloviaggiatore si trova, sarebbe utile avere un contatto almeno telefonico con un medico in Italia e qualora nemmeno questo non fosse possibile, sarebbe utile iniziare sin da subito la terapia antibiotica a dosaggio pieno nel dubbio di infezione di basse vie respiratorie o dopo tre giorni di sintomi da infezione delle alte vie respiratorie. Gli antibiotici che il cicloviaggiatore – salvo allergie accertate a seguito di precedenti assunzioni – dovrebbe sempre portare con sé a mio avviso sono due: CIPROFLOXACINA cp 500 mg (da assumere 2 volte al giorno per almeno 7 giorni completi) e AMOXICILLINA+A.CLAVULANICO cp 1 g (da assumere almeno 2 volte al giorno per almeno 7 giorni completi). Entrambi sono antibiotici a “largo spettro”: il primo ha il vantaggio di essere particolarmente utile anche contro le infezioni dell’apparato digerente oltre che in quelle respiratorie ma può dare una intensa fotosensibilizzazione (facilità di scottatura ai raggi solari) e può predisporre a problemi tendinei. L’assunzione di antibiotico in ogni caso non dovrebbe mai essere iniziata alla leggera e dovrebbe sempre seguire, ogni qualvolta possibile, una valutazione medica almeno da remoto perché comporta sempre rischi che il cicloviaggiatore farebbe fatica a prevedere e soppesare da solo.
Come proteggere le vie aeree: il mio consiglio – basato più sull’esperienza che su dati scientifici – è quello di valutare attentamente la temperatura esterna e, qualora questa scenda sotto i 10-12 gradi di utilizzare qualsiasi soluzione tessile che consenta di proteggere integralmente il collo (foulard, scaldacollo, paracollo, maglie a collo alto); personalmente evito passamontagna e la sciarpa (che in ogni caso dovrebbe quanto meno essere piegata a metà, passata così intorno al collo e intrecciata in modo che i capi liberi passino dentro la piega “a mo’ di cappio” in modo da fissarsi bene e non lasciare scoperte zone di cute). Se la temperatura scende sotto i 7-8 gradi anche la bocca dovrebbe essere coperta in modo che l’aria respirata sia in parte quella già espirata (che è calda). A quest’ultimo proposito ricordo che l’aria che espiriamo è ancora ricca di ossigeno e la quantità di anidride carbonica in essa contenuta non è certamente in grado di provocare danno (tra l’altro questo è il principio della respirazione bocca a bocca). Così sfatiamo anche la “leggenda metropolitana” che portare la mascherina fa male perché si respira la propria anidride carbonica (stupidaggine sfatata anche dal fatto che i chirurghi che eseguono lunghi interventi non cadono addormentati nella pancia aperta del malcapitato paziente).
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