WASHINGTON D.C. TO SAN DIEGO BY BIKE
25 luglio, si parte.
Mi accompagna all’aeroporto il grande amico Pietro, abbassiamo i sedili della Golf e carichiamo l’enorme scatolone contenente la bici ben imballata. Ci sta appena appena. Con Pietro e Andrea abbiamo in attivo diverse avventure, la Cologno Monzese – San Remo, poi, Venezia, Roma e quest’anno Innsbruck, tanti stupendi giri in bici che sicuramente replicheremo con altre mete. Questa volta però pedalerò in autonomia, non tutti hanno una moglie e un fratello che ti permettono di rubare tanto preziosissimo tempo alla famiglia e al lavoro.
Arrivato al Dulles Interrnational Airport di Washington in orario, si ritarda per le code interminabili al controllo passaporti. Finalmente esco ma ora piove a dirotto. Prendo un taxi, mi serve grande.. Una volta in stanza rimonto la bici e butto l’imballo, in America i cassoni per l’immondizia sono enormi.
26 luglio, destinazione Richmond VA,
“VA” sta per Virginia, negli USA meglio specificare lo stato… Parto alle 5:30, la tappa è molto lunga, 180km. Di mattina, il buio prima e la nebbia poi mettono in difficoltà la vista con gli occhiali sempre bagnati. Direzione US1 sud, dopo aver superato le periferie la strada diventa un percorso stupendo in mezzo a boschi e aree naturali, fiumi, laghi e alberi rigogliosi. Una salita, poi si scende, di nuovo salita e così via per decine di chilometri, tutto il percorso è caratterizzato da interminabili sali scendi. Per me durissimo proseguire, dalle 10 poi un caldo incredibile, il mio termometro ha registrato fino a 36º.
La tappa prosegue faticosamente per le salite, quando arriva un messaggio dall’app della navigazione. Un allerta con un suono sinistro, tipo sirena. Lavori in corso per diversi km. Poco dopo infatti supero una lunga coda e mi metto per primo davanti all’uomo con la paletta rossa. Quando è il nostro turno per passare, nella sola corsia disponibile, inevitabilmente faccio da tappo, ideona, mi sposto a sinistra dei coni. Pensavo di far passare le auto e camion veloci, tanto l’asfalto era nuovo ed essendo in bici mi sentivo di poter fare tutto. L’asfalto era appena stato fatto, era liquido per cui sono sprofondato fino a metà ruota spruzzando catrame dappertutto. Solo dopo diversi metri ho potuto riprendere la corsia, la bici era concitatissima, un miracolo che siano rimasti puliti catena e ingranaggi, se no sarei stato già fermo. Al 140º km la crisi, non c’è la facevo più. Un benzinaio con relativo negozio mi hanno salvato, seduto all’ombra, una coka a volte è un toccasana. Un quarto d’ora ed è passata. Ci fosse stato un motel mi sarei fermato lì. Proseguo per i 50 km che mancano facendo le salite a fatica col rapporto minimo. Richmond è una grande città, grattacieli, un gran fiume. Bella ma non ho visto molto, non ne avevo la forza. Arrivo all’hotel stremato alle 4:30 circa, mi butto sul letto e mi sveglio che sono le 9:30. Senza fare il bucato, mangio al fast food vicino, doccia e di nuovo a letto.
27 luglio 120km fino a South Hill VA
Parto utilizzando i capi non lavati, non è il massimo ma capita.. La tappa non dovrebbe presentare grosse difficoltà, sali scendi a parte. Fattibile. 120 chilometri sono relativamente pochi. La stanchezza di ieri è quasi passata, pedalo con disinvoltura, per più di metà percorso vado bene anche in salita. Partendo alle 6, dopo una buona colazione, va decisamente meglio, il giorno prima ero a digiuno. Il meteo aiuta con un po’ di nuvole e un’arietta rinfrescante, ma alle 11 incomincia il caldo vero. A fine luglio si sapeva. A metà percorso circa, mentre stavo ascoltando Radio Deejay negli auricolari, sento che c’è un programma che conosco, si chiama “via Massena”. Stavano parlando di viaggi, così invio un SMS e resto in ascolto, chissà mai che non mi citino. Mi arriva una telefonata, sono quelli della radio che mi chiedono se voglio andare in diretta. Ma subito? Si, dopo la pubblicità. Neanche il tempo di avvisare Mariangela. Mi intervistano e racconto un po’ di questa avventura. Volendo si può sentire l’intervento sul web al minuto 23:53. Mi ha fatto piacere J
Arrivo a destinazione per le 12:30. Bucato, doccia e poi mi fiondo al Mc Donald per un big Mac e una coka. Compro anche un paio di calze bianche da usare sulle borracce, il catrame ha reso inutilizzabili le altre. Pulirò la bici più avanti, so che è importante ma al momento preferisco scrivere J
28 luglio 143 km e non sentirli,
meno salite “solo” +1000mt
Lascio una Virginia di boschi stupendi alternati a centri abitati con prati sempre curatissimi. Anche l’erba ai bordi delle strade sembra dei campi fa golf. Le case distanti tra loro, spesso hanno conformazioni esageratamente all’americana: lungo viale per accedere alla proprietà, lago privato anche molto grande e sullo sfondo villa con patio. Non mancano mai le classiche sedie a dondolo o le grandi poltrone. Si entra in Nord Carolina ma i profili non cambiano. Si legge chiaramente una certa provincialità anche nei comportamenti di chi si vede in giro, molto diverso dagli americani delle metropoli. Tutto è tenuto in perfetto ordine, si vede che molto tempo è dedicato al giardinaggio, tutto è preciso e decisamente chic proprio come le case dei film americani a Natale.
Gringos con bolidi a 8 cilindri, di frequente, sfrecciano con un rumore assordante di scappamenti senza silenziatore. Qualche volta ho avuto l’impressione di aver fatto da bersaglio per un inchino, un po’ come fece Schettino quando sfiorò lo scoglio del Giglio..
Sto pedalando velocemente in una strada contornata da belle case, quando sento abbaiare. È proprio dietro di me, mi rincorre. È un cane sicuramente inoffensivo, una specie di bracco, ma con i denti esposti ho paura che mi morda una caviglia. Faccio quello che non si dovrebbe fare, anziché fermarmi, accelero, lui devia verso di me e finisco nel fosso laterale della strada. Poi il cane scappa. Fortunatamente mi sono solo sporcato di fango, la bici ha il comando del freno sinistro stortato, ma lo aggiusto.
Altra scena degna di nota. Sulla destra della strada da lontano vedo decine di uccelli neri, molti appollaiati su un traliccio che guardano in giù, altri sul lato della carreggiata che si danno da fare. Avvoltoi che divorano un cane morto. Che impressione! Ho avuto paura ad avvicinarmi.
Raggiungo Durham passando dalla periferia. Percorro vie secondarie, poco rassicuranti, sono le indicazioni dal “percorso a piedi” del navigatore, che però spesso fa risparmiare diversi chilometri. Dai patii delle case mi salutano persone di colore, sono in tanti, un po’ in tutte le case, stanno lì seduti a far niente, ne ho notati tanti anche in altre città, passando. Alcuni ridono vedendomi salire col rapporto piccolo, ma si sa, le gambe girano e la bici è sempre lì. D’altra parte sono strade che sembra di essere a San Francisco..
Arrivo a down town. Carina. Qualche grattacielo e negozi. Mi fanno un paio di foto dei tipi che mi chiedono da dove vengo, dove vado ecc.. ecc.. Finalmente si mangia, pranzo al messicano. Buono. Avevo una fame J
29 luglio, relax, si fa per dire
La quarta tappa mi porta ad Asheboro, North Virginia. Dovevano essere 110km circa invece ne ho fatti 93. Sempre salite e discese, per i tecnici D+930 mt. Il navigatore, selezionato sul percorso a piedi, mi ha fatto attraversare una sessantina di km di boschi e riserve naturali stupende. Strade straordinariamente all’ombra e deserte anche considerando che sono partito alle 6. Nel percorso diversi animali anche se quasi tutti morti L Per lo più procioni o scoiattoli investiti da auto, però anche un paio di tartarughe in mezzo alla strada che quando sono passato hanno fatto rientrare zampette e testa per proteggersi col guscio, speriamo non abbiano fatto la fine degli altri. Poi due meravigliosi cerbiatti che con un elegante balzo dal lato della strada sono scomparsi nel bosco.
Sono arrivato ad Asheboro presto, erano le 11 circa. Un gelato, un bagno nella bella piscina dell’hotel. Ecco il relax del titolo J
30 luglio destinazione Charlotte NC
Sveglia alle 5 ma alle 4:40 sono già lì che guardo Facebook. Sposto la tenda e guardo fuori, resto un po’ di più a letto tanto piove a dirotto. In questo hotel ho la colazione inclusa, c’è di tutto mi faccio anche un waffel con succo d’acero J. Parto per le 6:20 circa che pioviggina, non fa freddo, per cui non metto l’antipioggia. La tappa sarà di circa 130km, tutta sulla NC49 sud. La prima metà è massacrante, il problema sono sempre le lunghe salite, arrivo in cima sudato anche se piove ed è fresco. Il percorso nei primi 50km attraversa i boschi fitti del parco naturale Uwharrie, poi carreggiate larghe e centri abitati. La strada nella seconda parte offre edifici commerciali, moderni. Di frequente si hanno a disposizione i grandi centri con tanti fast food, benzinai e negozi. Qui le salite sono un po’ meno lunghe ma arriverò comunque a oltre D+ 1400mt. Non faccio mai tutta una tirata, trovo sempre una scusa per riposare un attimo, un paio di foto al lago, una sosta per mangiare i biscotti. Ormai ho sempre con me i biscotti morbidi con le gocce di cioccolato, altro che barrette.
Arrivo a Charlotte stanco come sempre e con una gran fame. Bella! Sky Line da vera metropoli, il corso principale è frequentato da ragazzotti in giacca e cravatta che hanno l’aria di saperne di finanza. Dinamica, sempre provinciale ma dinamica. Nel frattempo aveva ripreso a piovere, mangio ad un baracchino indiano uno speziato ma buono “chicken on rice”. Qualche foto, un’occhiata in giro e riparto verso l’hotel.
Piove e la strada è affiancata dai binari della metro che ogni tanto si deve attraversare negli incroci col passaggio a livello. Scatta il verde, piove sempre, parto ma evidentemente non prendo abbastanza perpendicolarmente i binari bagnati. Finisco a terra! Borracce da tutte le parti, si stacca uno specchietto, il gomito grattugiato, la solita leva del freno storta e mi sembra basta. Un tizio mi chiede se serve un’ambulanza. Direi di no, metto a posto e riparto. Arrivo alle 2 in hotel e mi dicono subito che servono 25$ in più di early booking. Non ci penso nemmeno, aspetterò le 3. Nel frattempo noto un bozzo enorme nella tibia sinistra, un gonfiore grande come una mela. Cazxxx, porcxxx puttxxxx, merdxxx.. non me n’ero neanche accorto.. Chiedo del ghiaccio, non ne hanno e anche se avevo raccontato l’accaduto, evidentemente non interessava. Di già la tipa alla reception non mi era simpatica. Mi collego all’app Booking.com e disdico la camera. Posso farlo gratuitamente fino alle 6. Riparto pedalando verso la destinazione del giorno dopo. Mi fermo alla prima farmacia per il ghiaccio. Sulla strada incrocio un YMCIA. Quanti ricordi. Entro e chiedo se hanno una camera singola. Tanti anni fa, erano ostelli molto in voga. Niente, ora sono tutta un’altra cosa, era infatti un Club, un centro fitness le uniche stanze che hanno sono per i corsi.
Più avanti trovo un altro hotel è un po’ fuori mano ma è una fortuna averlo trovato. La gamba è gonfia. Ghiaccio, bucato alla washing machine, doccia e cena con Pizza Hut in camera.
31 luglio devo arrivare a Laurens SC
Ennesimo gran premio della montagna! Ma andiamo con ordine.
Parto per le 6 dopo aver fatto colazione con una fetta della pizza avanzata e della coka. C’era quello! La gamba è ancora gonfia, ho letto sul web che a parte il ghiaccio, in questi casi, pomata, fasciatura e riposo assoluto. Per le prime due sono a posto, per il resto declino.. Sarebbero utili in questi casi i consigli del Compare Renato. Renato è un mago quando si tratta di sistemare traumi vari, lui li ha provati tutti. Nel frattempo si è gonfiato anche il medio della mano sinistra, che in effetti faceva un pochino male. Stesso trattamento della gamba!
Il percorso continua ad essere in mezzo a boschi e parchi, fiumi e laghi e grandi proprietà. Bello! Pedalo bene per i primi 70/80km poi si sente la stanchezza. Me ne accorgo perché non va più bene niente, la posizione sulla sella, il cambio al minimo, nelle lunghe salite servirebbe una corona in più. Fa male tutto. Sosta un po’ più lunga allora. Rifornimento di acqua, mangio una banana, quattro chiacchiere con il gestore curioso e riparto. Pochi chilometri e, altro attacco. Questa volta sono tre cani, fortunatamente non di taglia grossa ma mi inseguono abbaiando furiosi. Ormai è certo se un cane vede una bici, attacca. Fortunatamente la maggior parte sono chiusi o legati. Questa volta freno e mi metto dietro alla bici, la uso per proteggermi brandendola. Funziona! Con molte perplessità arretrano e poi riattaccano due o tre volte. Alzo anche la voce, non si sa mai. Intanto piano piano cammino allontanandomi. Sti cani sono un problema! Arrivo molto stanco dopo 138 duri chilometri. Non c’è molto nei pressi dell’hotel ma un Mc Donald c’è sempre, hanno anche il wi-fi. Ne approfitto per videochiamare Mariangela e Alice che saranno in pensiero.
1º agosto Athens GA
La frazione di viaggio che mi avrebbe portato ad Athens in Georgia, mi dava un solo grande pensiero, la strada. 170 chilometri caratterizzati da sali scendi con oltre 1600 metri di salita, orografia che mi avrebbe sicuramente messo alla prova. Il tragitto alternativo scelto, per ottimizzare al massimo la distanza, era un puzzle di vie secondarie, tratti di U.S. 78 e stradine varie. Il risultato però prometteva 157 chilometri invece di 170. Parto all’alba ma mi fermo dopo un paio di chilometri da un benzinaio per comprare l’acqua. Chiedo alla negoziante se conoscesse la strada che stavo per fare, non è stata di conforto, mi ha fatto capire che in quella direzione non c’è niente per decine di chilometri. Francamente mi sento più sicuro se percorro strade che, di tanto in tanto, attraversano centri abitati. Con tanti dubbi vado lo stesso. Dopo una mezzoretta di pedalata spedita inizio ad avere problemi con la bici. La cassetta del cambio. Quando cambio rapporto in determinati punti, la catena deraglia, non sta al suo posto con un rumore come si volesse spezzare. Ta taach, ta tasch, ta taach.. Sono in mezzo al nulla, insisto, riesco a tenere la catena solo sulle ultime o le prime corone. Non posso andare avanti così per molto. Ma ho anche un altro pensiero. La sera prima, avevo mangiato in un “all you can eat”, il titolare mi aveva dato un contenitore con dolci vari, torta di mele, biscotti ecc. per la colazione. Avevo messo la scatola in polistirolo col mio breakfast legato sulla borsa posteriore. Pedalando pensavo che se per caso mi fossi trovato in zone con orsi, avrei potuto attirarne uno. Ricordo che Yoghi sentiva la torta del Ranger da 3 chilometri. Mi fermo sulla destra di una stradina nel bel mezzo del bosco. Controllo il cambio pensando che comunque non avrei potuto fare chissà cosa. In realtà mi accorgo che ci sono dei dentini di qualche corona piegati. Nelle cadute precedenti evidentemente avevo fatto qualche danno. Con un caccia-gomme di metallo addrizzo alla bene in meglio i denti i che vedo storti. Riparto. Non era come nuova ma saltava molto, molto meno. Di lì a poco un cerbiatto mi attraversa la strada. Il percorso prosegue, come sempre con fatica, ma bene.. Fino ad un incrocio. Il navigatore mi diceva di girare a sinistra, ma non c’erano strade, o meglio solo un sentiero sterrato. Faccio ricalcolare il percorso, selezionando: percorso in auto, evita autostrade. Se faccio quella allungo di 7 chilometri. Non ho scelta. La nuova strada è rassicurante, in pratica una superstrada con tanto di corsia per le bici segnalata. Le salite e le discese diventano lunghissime, però non c’è più il pensiero degli orsi (esagerato?) o dei cani.
Arrivo distrutto come al solito in una giornata con cielo coperto alternato a pioggia debole. Fatti 164km D+ 1580mt
Per prenotare l’hotel, un bel gelato col wi-fi e più tardi cena. Nel locale dove ho cenato, ho sentito due persone parlare italiano, dopo una settimana mi ha fatto piacereJ
Non è finita, manca il rientro in hotel dopo cena. Saranno state le 7 e un quarto. Cammino frettolosamente verso l’hotel accompagnato da sirene che non si capiva da dove arrivassero ma non promettevano niente di buono. Un suono come i coprifuoco nei film della 2ª guerra. In reception il titolare era preso a vedere la CNN. Un tornado, e stava arrivando proprio ad Athens! Una ventina di minuti ed è venuto giù il mondo. Io ero tranquillo in camera a seguire il tutto alla tele.
Link alla prima parte del blog
2 agosto Atlanta
113km sotto l’acqua, senza soluzione di continuità.
In tv avevano detto che avrebbe piovuto ma non pensavo così. Quando sono partito piovigginava appena, ma non c’è voluto molto, una mezzoretta e, acqua a catinelle. Non ha mai mollato. Ogni 15, 20 chilometri mi fermavo. Un biscotto qua, una cioccolata calda la. Chissà cosa avrà pensato chi mi vedeva pedalare sotto l’acqua battente. Per fortuna tutta superstrada, ma quando ti passano di fianco i Super Truck a manetta fanno paura. Questa volta ho indossato il giubbotto anti pioggia e il copri casco, non fanno miracoli ma sono di primissima qualità, traspiranti e con una buona tenuta all’acqua. Ci vorrebbero i tergicristalli per gli occhiali. Anche le borse hanno tenuto bene, sarebbe stato un guaio arrivare a destinazione con anche i ricambi bagnati.
Arrivo ad Atlanta e ho la conferma che si tratta di una grande metropoli. Non conoscendo l’ambiente avevo preferito non prenotare. Trovo un locale che mi accoglie sotto al patio con la bici, pranzo con wi-fi e prenoto una camera “scontata” all’Hayatt. Camera al 18º piano in una struttura degna dei grandi hotels di Las Vegas.
3 agosto relax ad Atlanta
Non piove, oggi la giornata è dedicata al riposo. Ho superato i 1100km!
Anche se il super hotel ha ristoranti bar e quant’altro, esco alle 7 circa per fare colazione. Poco lontano c’è un grande bar dove fanno pane, dolci e ogni ben di Dio. Io sono piuttosto tranquillo, non ho fretta, mi guardò in giro, guardo il negozio, leggo il listino. Poi mi sposto guardo un po’ più avanti e poi ritorno. Stavo verificando se, tra le mille leccornie offerte, avrei trovato le uova all’occhio di bue (sunny side up). L’unica signora, seduta fuori ad un tavolino, mi fa un cenno. Situazione imbarazzantissima! Mi vuole dare un sacchetto con delle cose da mangiare. Effettivamente a quell’ora in giro si vedevano solo clochard ma non mi sembrava di essere messo così male J Avrà pensato che guardavo la vetrina e non mi potevo permettere la colazione, probabilmente lei aveva lì il pacchetto pronto da dare a chi ne aveva bisogno. Faccio colazione in hotel.
Alle 10 porto la bici in un negozio per una sistematina. Un capannone con tre ragazzi che si danno subito da fare, non mi sembrano professionisti ma, alla fine del lavoro, la catena sembra pulita. Uno dei ragazzi ha lavorato tanto cercando di levare il catrame ormai fuso con la vernice della bici. Davvero gentili, mi hanno anche offerto un the freddo. Più di un’ora di lavoro e quando ho chiesto il conto, non hanno voluto niente perché apprezzavano la mia avventura. Una citazione la meritano: ATLANTA BICYCLE BARN, noleggiano anche bici, bici elettriche, tandem e hand bike. Grazie ragazzi J
Poi il tour obbligatorio: Coca-Cola world, Grande Acquario, Downtown, Hard Rock Cafè incluso. Tutte attrazioni viste da fuori, non mi piace pagare per vedere come è nata la Coca Cola, dovrebbero pagarmi loro, visto che sono uno dei più grandi consumatori.
Ora sono in camera che scrivo, ho notato che camminando mi stanco velocemente..
Domani si cambia città, stato e fuso orario J
4 agosto Oxford AL
Sveglia alle 5:30, soprattutto perché alle 6 apre il mega bar dell’hotel per il breakfast stile USA. Mi accomodo, c’è solo un altro cliente, il cameriere mi saluta “welcome back” ormai mi conoscono, la sera prima, per aver ritardato un quarto d’ora a servire l’hamburger, non mi hanno fatto pagare il conto. Mentre ordino le “solite” due uova ecc.., il cameriere mi presenta una sua collega. Sono peruviani e lei ha un amico che va in bici in giro per il Perù. Sono molto interessati alla mia avventura e fanno un sacco di domande. Facciamo una foto ricordo poi la signora mi fa altre mille raccomandazioni, neanche fossi suo figlio. In realtà avrei potuto essere suo padre..
Parto un po’ in ritardo, ma va tutto bene, la strada non sembra particolarmente ripida e il meteo è ideale, nuvoloso con schiarite, quasi fresco. Solo dopo le 11 il cielo si apre e subito il termometro segna 32, poi 36º. Così si fa decisamente più fatica. Durante il percorso non manca l’inseguimento da parte di un paio di cani e gli avvistamenti di tanti animali stirati dalle auto. La fauna è però un po’ cambiata, gli opossum hanno lasciato il posto agli ornitorinco. Ne ho visti davvero tanti, una decina. Un cervo mi attraversa la strada, proprio come l’indicazione dei cartelli ma senza corna.
Esco dalla “Talladega National Forest” e dopo alcuni chilometri, ne mancavano circa 20 all’arrivo, una sorpresa positiva. Una lunga, bella, insperata, discesa. Poi quasi tutta la strada in pianura, solo un paio di salite. Dalla mia partenza da Washington, non avevo mai trovato una tratta di strada in piano più lunga di un paio di chilometri.
5 agosto Birmingham AL
Partenza per le 6:30 dopo una colazione travagliata, la macchinetta del wafel del Motel non era in temperatura e ho fatto un pasticcio. Se giri la piastra per aprire e il composto è ancora liquida cade tutto. La prima parte del percorso promette davvero bene, si va in pianura e spesso in discesa con poche salite. Il panorama è molto bello, dopo i centri abitati, boschi e dopo un po’ di chilometri fiumi e laghi con forme particolari, non sagome regolari ma bacini con mille diramazioni che incrocio più volte sulla strada. Poi iniziano anche stavolta le salite. Doveva essere un trasferimento poco impegnativo invece sono bastate tre o quattro interminabili ascese in vetta a stroncarmi le gambe. Faccio sempre gli ultimi 2/300 metri arrancando a 8 all’ora, le gambe non rispondono ai comandi inviati dalla testa. Le salite sono una sofferenza. Poi arrivato su, non ci sono più problemi. Mi fermo. In cima ad ogni salita impegnativa. Mi fermo e prendo fiato. Se sono fortunato riesco a trovare l’ombra, bevo e riparto. Tanto non mi corre dietro nessuno. Devo comunque tenere presente che non mi conviene fare troppo tardi, col sole la temperatura già alta di mattina, nel pomeriggio diventa insopportabile. Nel percorso un paio di situazioni con i soliti cani che mi inseguono. Ormai appena sento abbaiare, mi fermo subito, alzo la voce con i cani, che puntualmente sembrano confusi dalla mia reazione. Una delle due volte, il padrone di casa era lì, in giardino, ha visto benissimo che i suoi due cani mi correvano dietro abbaiando e uno dei due era un pitbul. Il tizio non ha mosso un dito, come minimo avrebbe dovuto chiamarli. E se fossi caduto?
Arrivo a Birmingham alle 11:15 circa, un centinaio di chilometri fatti con 1000 mt di salita. Starbucks per un frappuccino ghiacciato, un paio di foto e via in hotel.
6 agosto Eutaw Alabama,
la tappa aveva, da programma, come destinazione Tuscaloosa, una cittadina sempre in Alabama. Tuscalosa, tra l’altro, non mi sembrava avesse niente in particolare da offrire. Parto presto, 5:50, la strada promette bene. Devo seguire una US11 che non mi intimorirsce, sali scendi moderati con panorami in parte urbani e in parte boschivi con alberi d’alto fusto, e per alto fusto intendo 30 metri e oltre. Ad un certo punto la mia US11, come già capitato, si butta nella I20, l’autostrada Interstate. Ok, la prendo. Non ho ancora capito con certezza, quali strade si possono percorrere in USA con la bici. I primi 3km circa sono da delirio, la corsia di emergenza è tutta bitorzoluta, come quando devono rifare l’asfalto, le corsie per le auto, perfette. Rischio seriamente di distruggere le gomme. Faccio due, trecento metri sulla riga bianca, dove scorre bene, ma è davvero troppo rischioso, ti passano i truck a manetta suonando a 10 centimetri. Procedo piuttosto lentamente sulla corsia di emergenza, poi per fortuna la cosa cambia. Con l’asfalto liscio si va bene. Devo sempre zigzagare tra detriti lasciati per lo più dai camion, pezzi di pneumatico, tantissimi pezzetti di fil di ferro, vetri rotti. Lunghe salite e lunghissime discese. Mi fermo ad un’area di sosta per la colazione, riprendo l’autostrada per una decina di chilometri, poi di nuovo US11. Arrivo a Tuscalosa per le 10:00. È presto! Si prosegue per la strada destinata alla tappa successiva. Farò 45 chilometri in più circa, nuova destinazione Eutaw AL. Come dire “Somaglia”, in pratica un’area di sosta, non credo ci sia un vero paese ma se c’è saranno quattro case. Ci sono un paio di Motel, dei fast food, benzinai e dei Bingo. Sulla strada, avvicinandomi alla zona, avevo notato due o tre strutture piuttosto grandi con la scritta Bingo in stile vecchia Las Vegas. E c’erano anche diverse auto parcheggiate fuori. Evidentemente da queste parti la cosa funziona, oltre al giardinaggio non avranno di meglio da fare. L’ultima sosta la faccio a 30 chilometri dalla destinazione, ormai sono cliente fisso Subway, tra i tanti fast food sembra il meno pasticciato. Fa un caldo insopportabile, ho il caschetto con sotto la bandana grande che è perennemente bagnata. Dalle 11:00 in poi tutto diventa rovente, 38º! Per fortuna non troppa umidità. Percorro gli ultimi 30 chilometri con le due borracce piene anche per verificare un po’ l’autonomia con quel caldo. Con una borraccia grande al massimo si fanno 20 chilometri. Ne dovrò tener conto è sarà davvero molto, molto importante.
Arrivo all’una circa. Gelato e bibita fredda al caffè e mi fiondo al fresco della camera nel più classico dei Motel. Bucato, doccia, le solite cose J
7 agosto 12ª tappa – arrivo a Meridian Mississippi
Con questa giornata sono oltre 1600 i chilometri percorsi, e si sentono tutti. Quando inizio a pedalare, di mattina, non è come il primo giorno, noto un po’ meno forza nello spingere sui pedali e dopo un po’ di chilometri, la fatica si sente di più. Penso sia normale, dopo un’attività fisica intensa ci vorrebbe un periodo di recupero un po’ più lungo di alcune ore. Ma lo sapevo già J
Bellissimo percorso, un’altra tappa del viaggio immerso nella natura. Ho percorso la US80 W. Bellissima. Attraversando laghetti e bacini vari, sembrava di vivere un documentario. Grandioso lo spettacolo di decine di aironi che sentendomi arrivare si alzavano in volo, in mezzo a tanti aironi bianchi ne ho visti alcuni scuri, quasi viola. Ma esistono? E poi anatre in formazione in cielo e tutt’intorno i colori dell’alba. Bello pedalare col fresco. Peccato non fare mai in tempo a riprendere le immagini come vorrei. Resteranno nei miei occhi.
La strada da percorrere non era molto lunga, ma è costata ugualmente tanta fatica. Quando arrivo ad aver percorso settanta, ottanta chilometri, le gambe rispondono meno e arriva qualche dolore. Si ripresenta il problema delle salite che diventano più ripide e faticose di quel che sono in realtà, poi qualche fastidio al sedere.. Ma penso sia normale.
Arrivo alle 12 a destinazione e faccio un giro in downtown. Meridian ha un’architettura tipicamente coloniale, circa 1800, o almeno così ho letto su una targa di un antico ristorante. Faccio delle foto a un paio di scorci caratteristici, un panino per pranzo e poi in Motel. Anche questo albergo è situato vicino agli svincoli di comunicazione, vicino non c’è nulla. Per cena dovrò riprendere la bici per raggiungere un “all you can eat” cinese ad un miglio. Temperatura massima registrata oggi alle 13:45, 40 gradi! Fortunatamente ero già arrivato.
8 agosto, destinazione Jackson ma arrivo a Brandon MS.
Questa volta ho accorciato la frazione di una ventina di chilometri. Sto cercando di ottimizzare le distanze a prescindere dall’interesse delle località di arrivo. Sicuramente Jackson sarebbe stata ottima per l’obiettivo del mio telefonino, ma piuttosto che arrivare all’una, una e mezza con oltre 40º e stanco morto, ho preferito ottimizzare. La tappa successiva sarebbe stata di circa cento chilometri, per cui dovrebbero saltar fuori due percorsi più o meno omogenei. Non mi sono stancato eccessivamente, ho cercato di gestire anche le forze, in particolare in salita. Come mi ha insegnato Pietro: “fa girare le gambe leggere”, è una parola! Il percorso è iniziato sulla Interstate per evitare un lungo giro in mezzo alla città. Facendo l’autostrada ho risparmiato molto tempo tra semafori e cavalcavia. Una volta sulla US80 W, la nostra statale, ho ritrovato ambienti ormai familiari. Una strada poco frequentata che attraversa molte zone agricole, boschi, tra cui la Bienville National Forest, e diverse cittadine caratteristiche. A Forest, una di queste località, ho messo al loro posto una decina di cani. Evidentemente animali ben organizzati per dare la caccia ai ciclisti. Scherzo! Erano sicuramente cani non pericolosi a guardia di due o tre case adiacenti che danno sulla statale. Mi seguivano tutti insieme, quando però mi sono fermato con sicurezza, hanno obbedito ai miei ordini. Avrei potuto tirare un legno che me l’avrebbero riportato.
Il percorso negli ultimi 50 chilometri ha avuto la difficoltà aggiuntiva del vento contrario, non fortissimo, ma quanto basta per obbligarti a pedalare anche in discesa. Sono arrivato a destinazione in condizioni migliori di tante altre volte. Dovrò fare tesoro della gestione risorse e magari aggiungere qualche tappa intermedia dove avevo previsto distanze esageratamente ambiziose. Dovrò assolutamente tener conto di queste temperature..
9 agosto si arriva a Tallulah Louisiana.
L’itinerario studiato per tanto tempo, prevedeva per questa tratta l’uso dell’interstate I20. Non so ancora le regole per l’uso delle autostrade con la bici, ma l’alternativa sarebbe stata lunga il triplo e con molte più salite. Il ponte che attraversa il fiume Mississippi è quello dell’autostrada!
Devo dire che, anche quando avevo utilizzato in precedenza l’Interstate, più di una volta ero stato sorpassato da auto della Polizia che mi avevano ignorato. È molto probabile che utilizzerò queste strade veloci anche per altre tappe. Bisogna stare molto molto attenti in svariate situazioni: negli svincoli, se ci sono lavori in corso e in tutti i punti dove la corsia di emergenza praticamente non c’è. Per il resto, una pacchia! Una corsia larga a disposizione, salite anche lunghe ma pedalabili, discese veloci. Almeno finora. Tutto procede a meraviglia con una velocità notevole, sempre oltre i 30 chilometri all’ora. Arrivo in tempo record al confine tra Mississippi e Louisiana. Davanti a me il famoso ponte sul grande fiume. Faccio qualche foto, imbocco il ponte. La striscia bianca sarà a 50 centimetri dal muro, devo pedalare lì. Ci sono enormi fuoristrada e truck che sfrecciano a pochi centimetri. Io controllo dagli specchietti. Il secondo tombino di scolo per la pioggia è il mio. Dovevo stare attento al traffico e non avevo notato che la ruota era più stretta delle fessure. Un gran colpo. Ci solo finito dentro! Poi sono saltato fuori, ma la ruota era sgonfia. Per fortuna non si è rotto il cerchione. Per non rovinare il copertone, poi mi sono fatto tutto il ponte camminando tenendo alzata la ruota davanti. È lungo almeno un miglio. Ho avuto modo di notare grandi navi e imbarcazioni commerciali che utilizzano il fiume come grande via di comunicazione. Grandioso! Più avanti, dove ho trovato spazio, ho cambiato la camera d’aria. Naturalmente c’era un gran caldo. La prima foratura (evitabile) dopo 1800 chilometri. Non mi lamento.
Riprendo la strada con buon piglio, cercando un posto dove mangiare, non ci sono più svincoli, niente fino all’arrivo. Mancano 40 chilometri, acqua e biscotti ne ho! A 6 dall’arrivo un bel temporale. Non faccio in tempo a mettere il giubbino, viene giù di brutto. Il primo ponte per proteggermi l’ho trovato dopo un paio di chilometri. Bagnatissimo, ma fa niente, fa caldo.
Arrivo al Motel che pioviggina ancora e vedo con piacere che lì vicino c’è tutto: Mc Donald, All you can eat cinese e altri locali. Anche questa è fatta J
15ª tappa – 10 agosto arrivo a Calhoun Louisiana.
Inizio il viaggio prendendo l’autostrada, non ci penso nemmeno un minuto, troppo comoda. Meteo ideale, poco nuvoloso, temperatura gradevole, le gambe girano bene. Prima di arrivare a destinazione, dovrò passare in un negozio di bici a comprare la camera d’aria che ho sostituito quando ho forato, devo sempre averne almeno due di scorta. La strada è pianeggiante e si fila. Intorno ai 70 chilometri dalla partenza, in lontananza vedo dei lampeggianti blu sulla mia corsia. Oh, oh.. Me lo aspettavo, e anche loro, mi aspettavano. La polizia era lì apposta, mi avevano segnalato con la bici sulla Interstate I-20. Ora lo so per certo: in Louisiana andare in bici nella Interstate è reato. Ho detto che non lo sapevo, che in Mississippi mi avevano assicurato che non cerano problemi (bugia). Sono stati comprensivi, loro non sanno come funziona negli altri stati e non interessa, hanno solo detto di uscire allo svincolo successivo. Appena in US80 la solita solfa… sti cazzi di cani!! Stavolta due pitbull incazzati. Non mi mollavano. Io con la bici in mano e loro che mi giravano intorno ringhiando. Si è fermato un pick-up con due ragazzoni che, con l’auto prima, poi scesi con due bastoni in mano, hanno allontanato i cani.
Proseguo per la US80 e dopo una decina di chilometri una nuova sorpresa. Strada chiusa! La statale è sbarrata e dopo le transenne solo sterrato. Io non torno indietro. Percorro tre, quattro interminabili chilometri su una strada sterrata dove non c’era anima viva, solo foresta a destra e a sinistra. Mentre pedali con mille dubbi ti chiedi, e se succede qualcosa qui? E chi mi trova in una strada chiusa in mezzo alla Louisiana..
Arrivo a Monroe per le 11:30, in rete avevo individuato lì un negozio di bici a un paio di chilometri dal mio percorso. Ragazzi molto disponibili e comprensibilmente curiosi sul mio viaggio, c’era un cliente che aveva appena comprato una Cinelli, ottima bici italiana. Dato che nel frattempo un bel temporale stava tramutando le strade in fiumi, ho utilizzato il negozio come riparo per una mezzoretta. Due chiacchiere col cliente della Cinelli, una controllatina alla pressione delle ruote, ed ero di nuovo in sella. Arrivo a destinazione rallentato dalle salite della statale. Una pizza, un dolce, due coke enormi ghiacciate e in motel per le solite mansioni. Bucato, doccia e riposo. E scrivere per il blog fa parte della terza mansione..
Ah, con oggi ho percorso 2000km J
11 agosto, Shreveport Louisiana
sono partito da Calhoun presto, sei, sei e dieci, era ancora buio, più ci si sposta ad ovest e più l’alba ritarda. Che strada prendo? Questa volta ci ho pensato molto. Ho avuto il dubbio tutta la notte. La US80? Più lunga e faticosa per le tante salite. Oppure prendo la I20, Interstate veloce e senza cani ma assolutamente vietata alle bici? Alla fine ho preso l’autostrada! La prima volta che mi avevano fermato non mi avevano preso le generalità. Va tutto bene, si fila come sempre. Ad una ventina di chilometri dalla partenza, ecco le luci della polizia. L’auto era ferma nella corsia di emergenza del senso opposto. Li ho incrociati con lo sguardo, mi hanno visto bene. Sicuramente sarebbero venuti a prendermi. Dopo pochi minuti infatti, mi ha sorpassato l’auto della polizia che si è fermata coi lampeggianti blu accesi un chilometro più avanti. Ok, ok, al massimo mi daranno una multa.. Procedevo facendo finta di niente, anzi, a una cinquantina di metri dall’auto, pedalando, con aria indifferente ho bevuto dalla borraccia. La portiera era aperta e il poliziotto stava mirando qualche auto con una specie di cannocchiale. Ha distolto un attimo l’occhio dal cannocchiale, mi ha visto.. niente. Nessun cenno. Io naturalmente tiro dritto come se niente fosse. Mi si è allentata un tantino la tensione che avevo dalla partenza. Ho proseguito bene fino a pochi chilometri dall’arrivo, quando ho sentito un colpo. Un bel sasso e foro la ruota davanti. C’era un’uscita a un miglio. Mi sono portato all’uscita camminando piano per non rovinare la ruota. Ho mangiato al Mc Donald, mi sono collegato al wi-fi e ho cambiato la camera d’aria. Incredibile. Su internet ho trovato un negozio di bici a un paio di chilometri. Arrivato al negozio per comprare una camera d’aria, naturalmente faccio amicizia col proprietario e con un paio di clienti. Foto, saluti e raccomandazioni. Stavo per uscire e solo allora mi sono reso conto che anche la ruota posteriore era a terra. Ho smontato tutto di nuovo, altra camera d’aria, questa mi viene regalata. Meglio lì che in mezzo alla Louisiana. Sono ripartito sulla statale che porta in downtown, arrivato al ponte sul fiume di Shreveport, avrò percorso 8-10 chilometri dal negozio, la ruota di dietro era ancora forata! Colpa mia. Avevo lasciato un pezzettino di fil di ferro, conficcato nel copertone. Quando si riparano le gomme bisogna sempre controllare. Sono ripartito con mille dubbi, devo avere sempre almeno due camere d’aria di scorta. In città c’è un negozio, ci vado. Ponte, traversa a destra poi a sinistra, un casino per arrivare. Alla fine sono arrivato e il negozio sarà stato chiuso da anni. Internet a volte da fregature. Ripartirò così. Riparerò l’ultima camera d’aria forata per usarla in emergenza. Sono arrivato all’Hotel, nella zona dell’aeroporto che è proprio sulla strada per il Texas.
12 agosto, domenica. Tyler Texas.
Partenza di buona lena sull’Interstate, media 30 chilometri all’ora, il Texas è a una trentina di chilometri e da lì si azzera tutto. Prima di arrivare al confine, ho incrociato ben due auto della Polizia, una mi ha sorpassato la seconda era ferma con i lampeggianti accesi. Non mi hanno considerato. Bene, avranno chiuso un occhio come l’auto del giorno prima. Sono arrivato in Texas in tempo record. Foto col cartello di benvenuto e si riparte. Anche qui ho visto subito una volante. Niente. Ma allora? Vale o non vale? In Texas le strade sono un po’ diverse. La corsia è aperta lateralmente, non c’è la rete e di fianco spesso ci sono altre strade parallele. Si può uscire dall’autostrada, fare un pezzo e poi rientrare. A 50 chilometri dalla partenza, la sfiga. Ho forato tutte e due le ruote! Mi sono fatto due miglia a piedi fino all’uscita, e meno male che c’era. Per prima cosa ristoro dal Mac. Avevo solo una camera d’aria, la sera prima avevo provato a riparare quella bucata, ma non teneva. Dopo una coka rigeneratrice, mi metto all’opera tra mille dubbi. Dove mi trovavo c’era qualche hotel e da mangiare. E se mi ricapita di forare in mezzo al Texas? Ho sostituito la camera d’aria posteriore e ho riparato quella davanti, quella appena forata. Dopo due ore, la decisione di ripartire anche senza ricambi. Avevo solo qualche pezza per le riparazioni. Un bel rischio.
Si sapeva.. A 30 chilometri dall’arrivo ho forato di nuovo la ruota posteriore. Fortunatamente anche qui, ero solo a due miglia per arrivare ad un altro fast food. Bello, tutto in stile Beatles e Harley Davison. Le ho provate tutte, la pezza non teneva. Un’ora a smontare e montate e incollare. Saranno vecchie, non sarò capace io. Ero lì che trafficavo tutto sudato. Più di una persona mi ha chiesto se serviva aiuto. Sarebbe stata utile una camera d’aria. Alla fine desisto. A Tyler c’è un negozio, Elite Bicycles, dove mi auguro di trovare anche due copertoni nuovi. Mi sono ricordato che sono cintura nera di autostop e in poco tempo ho trovato un passaggio. Un pick-up, la bici va nel cassone. Il tizio, gentilissimo, mi ha accompagnato direttamente ad un motel vicino al negozio di bici. Quel negozio è chiuso la domenica e il lunedì. Il viaggio riprenderà al più presto possibile..
Link alla seconda parte del blog
13 agosto – Tyler TX
pausa per la sistemazione dei problemi alle ruote e un po’ di relax.
Sveglia un più tardi, breakfast e giretto a piedi. L’unico negozio di bici nel raggio di diverse miglia è chiuso la domenica e il lunedì. Ho scritto una mail al proprietario e ho ricevuto la gradita risposta: “Yes I will be there from 12 until 3. Thanks Gary”. Apriranno il negozio per meJ
Alle dodici meno cinque sono davanti al negozio, è aperto. Due chiacchiere, mentre smonta le ruote. Secondo il titolare i copertoni vanno bene, sono al 70%, mi consiglia di cambiare le camere d’aria inserendo un liquido antiforatura, Caffélatex, un profitto italiano. Come tutte le persone incrociate finora, anche Gary è estremamente disponibile e non si è certo risparmiato. Ha pulito la cassetta e regolato il cambio, raddrizzato il deragliatore che si era stortato in una caduta e cambiato le camere d’aria aggiungendo il lattice. Naturalmente ho acquistato due camere d’aria di scorta e due kit di riparazione. Il conto? Non lo scrivo perché mi vergogno. Quasi gratis! Facciamo un paio di foto per Instagram e le solite raccomandazioni. Se può essere utile: Elite Bicycles – Tyler TX. Gary è un grande!
Ora siamo pronti per riprendere il viaggio verso il grande West J
18ª tappa – 14 agosto Dallas J
il percorso sulla carta era impegnativo più che altro per la distanza, circa 165km, in realtà qualche situazione collaterale ha aggiunto penalità non previste.
Parto alle 6:40 e per prima cosa non funziona la navigazione. L’applicazione è bloccata, le provo tutte, cambio impostazioni, riavvio il cellulare. Niente. Parto con l’app di emergenza, Google map, che però non ha le carte dettagliate da usare off-line. Potrò vedere dove mi trovo e dovrò orientarmi. Dopo cinque o sei chilometri di stradine di periferia ecco due ciclisti. I primi da quando sono partito. Facciamo due chiacchiere pedalando e mi dicono di seguirli, mi avrebbero portato sulla US64. Avevano acquistato le bici dal tipo che mi aveva aiutato il giorno prima. Dopo un po’ di strada insieme e un paio di selfie, mi lasciano sulla strada giusta. La strada si è rivelata corretta come direzione, ma un delirio. Su 60 chilometri circa, 25 erano fati di un asfalto orribile. Peggio dello sterrato. Un bitume spesso di sassi agglomerati col catrame nero. Un saltellare unico, ruote, bici e ciclista massacrati per più di due ore. Riprende la strada normale e dopo tanto trambusto e tante maledizioni mandate, sembrava di pedalare sul velluto. Si nota un primo cambiamento nei paesaggi. I fitti boschi e le foreste, stavano facendo spazio ad ampissime radure. Pascoli ovunque, alcune mucche con corna lunghissime. Le prime praterie del Texas.
Per la seconda parte della tappa, mi affido alla I20 non appena la incrocio. Tutto un altro andare. Arrivo a Dallas fortunatamente con un cielo parzialmente nuvoloso. La temperatura era sopportabile. Due frappuccini da Starbucks, dove col Wi-Fi chiamo Mariangela per le rassicurazioni del caso. Approfitto della rete anche per prenotare un hotel vicino. La cena, alle 6 e mezza in un posto italiano “Spaghetti with balls” direi, un piatto Italo americano, non male, ne ho mangiati di peggio in Italia.
15 agosto, Gordon Texas
Altra tappa tosta, anche questa oltre 160 chilometri.
Parto col navigatore ri-installato, ho importato solo le mappe che serviranno in questo viaggio: Texas, New Mexico, Arizona e California. Sembra funzioni. Per uscire dalla metropoli americana, nel mio stile, scelgo la soluzione più veloce ma anche la più rischiosa da tanti punti di vista. Da Main Street ho preso direttamente la bretella che va sulla I30 W. Ponti, svincoli complicatissimi a 6 corsie con un traffico incredibile. Mi avesse preso la polizia sarei in Jail. Con molta prudenza e mille occhi, ho attraversato gli incroci e passato intricatissimi svincoli. In poco tempo mi sono trovato nella direzione corretta. C’era molto molto traffico, la strada aveva 3 corsie per direzione di marcia più una corsia veloce al centro. Avevo già pensato di uscire dalla Interstate prima di Fort Worth, un grande centro urbano. Mi sembrava di sfidare troppo la sorte. Non faccio in tempo ad arrivare all’uscita che mi ferma la polizia. Un agente molto gentile e disponibile, ha voluto vedere dove andavo e che strade alternative avrei avuto. Tutta la gentilezza del mondo ma, nelle strade ad alto traffico proprio non si può. Esco attraversando un prato a piedi e prendo la strada normale. La deviazione è costata, alcuni chilometri in più, ma più che altro, mille semafori, sali scendi ripidi e un paio di strade in pavé.. Un sacco di tempo in più! Dopo aver superato la periferia di Fort Worth dal lato ovest, mi fermo per la seconda colazione e riprendo la I30 W. Si va bene, le praterie ai lati della strada sono sempre più a perdita d’occhio e gli alberi sempre meno. Ad occhio mi sembra di salire di più, o più probabilmente, saranno le mie gambe che iniziano a cedere. Dalle 12 in poi, il sole che fino a poco prima era anche piacevole, diventava una palla di fuoco. Si beve in continuazione. Meno male che ho la bandana e il caschetto. Quando mancavano una cinquantina di chilometri a destinazione mi sono fermato a mangiare. Quando sono uscito dal locale e sembrava di entrare in un forno. Il termometro segnava 40º. Pedalare era sopportabile nelle tratte in pianura o in discesa dove si filava, in salita era durissima. Quando vedevo un ponte, ogni 8 – 10 chilometri mi fermavo all’ombra a bere. Sono arrivato che erano quasi le 4. Avrò bevuto 3 borracce da 750, 6 bottigliette da mezzo litro e 2 coke XL.
Ti fermi, ti gusti un gelato su una panca sotto una tettoia vecchio west e passa tutto J
16 agosto, Abilene TX,
di queste cittadine del Texas, non vedrò niente, arrivo a destinazione sempre troppo stanco e con un caldo torrido che esclude categoricamente ogni forma di turismo.
Ogni mattina si ritarda un po’ di più la partenza. A Gordon, alle 6:45 era buio pesto e di notte non è proprio il caso di avventurarsi per strade sconosciute. Parto e dopo poco dagli specchietti vedo il sole spuntare dietro di me. Mi devo fermare per forza per una foto. La strada è trafficata e pedalando mi aspetto dopo ogni curva una salita terribile che mi era stata segnalata a colazione. La temibile Ranger Hill detta anche il muro di Sormano del Texas. Scherzo! Non aveva quella pendenza, ma non finiva mai. Sulle strade percorse finora, ho trovato salite infinite fortunatamente non impossibili come pendenza. Passata la grande duna, ne sono seguite molte altre per tutto il percorso. Il panorama alternava aree urbane industrializzate vicino ai centri a distese sconfinate di pascoli e fazende. Iniziava di nuovo il caldo. Ho proseguito la tappa con le mie tempistiche collaudate. Dopo 50/60 chilometri, la seconda colazione, intorno ai 100/110 pranzo con sandwich e super coca cola, poi fino all’arrivo tutte le soste che servono per bere e riprendere fiato. Sono arrivato ad Abilene alle 2 circa e mi sono fiondato in un Holiday inn. Bucato, bagnetto in piscina e si prova a recuperare le forze per la tappa successiva J
Venerdì 17 agosto – Colorado City TX – wind day
Alle sei e trenta ero pronto, colazione fatta, bici ok. Ho riguardato fuori, tutto completamente buio. Notte! Sono partito alle sette meno dieci circa, quando il crepuscolo permetteva di vedersi intorno. Poi il sole inizia a salire e non ci vuole molto tempo per vedere l’alba delle più belle cartoline dagli specchietti della bici.
Sembrava procedere tutto per il meglio, salite e discese, si, ma moderate, veloci. Dopo una decina di chilometri pedalati ad un buon ritmo, inizia il vento. Era contrario, a ore undici. Inizialmente ho reagito bene, scalato qualche rapporto, un po’ come andare in salita. Ventesimo chilometro, trentesimo. Sempre vento. Sembravo Winnie the Pooh nella giornata di vento, tutto agitato e tanto sforzo per andare avanti, ma era sempre lì. Sosta per rigenerare, avevo già le gambe a pezzi. Mi riprendo con una bevanda al latte e cioccolato ricca di proteine e proseguo. Sempre costantemente vento contrario. Impossibile proseguire, al 70º volevo mollare tutto, le gambe non ce la facevano più. Fermo ad ogni ponte o raro benzinaio mi domandavo a chi chiedere un passaggio per arrivare a destinazione. Pausa dopo pausa a 30 dall’arrivo mi sono fermato l’ennesima volta per un Lunch con sandwich e coca grande. Ripresa dal fondo la risorsa che ti fa passare il muro del trentesimo chilometro (qui mi capiscono gli amici della Podistica), arrivo stanchissimo a destinazione. Doveva essere una tappa “leggera” sono diventati 118 interminabili chilometri. Dopo aver recuperato un po’, studio il piano. Se per la tappa successiva avessi avuto vento, avrei avuto a disposizione due opzioni per accorciare la tappa, 60 km Big Spring oppure 90 km Stanton.
Sabato 18 agosto – Midland TX
131 km iniziati con la diffidenza di chi aspetta la fregatura da un momento all’altro.
Avevo consultato il meteo e dava vento da Sud Ovest, in faccia come la tappa precedente. Macino i chilometri e il vento non arriva. La strada è ottima, liscia. Per me è più importante l’asfalto liscio piuttosto che un po’ di salita. Con l’asfalto irregolare, con i sassolini, si fa tanta, tanta fatica in più. Arrivo velocemente al cinquantesimo chilometro. Sosta con latte al cioccolato e riparto. Sembra funzionare tutto bene, il vento promesso non c’è, ci sono le pale eoliche ma non girano. Ottimo! Proseguo spedito ammirando un territorio che cambia. Gli alberi sono ormai rari, più che altro vegetazione bassa, cespugli. Si iniziano a intravedere gli altopiani spelacchiati all’orizzonte. Tanti i pozzi di petrolio e ogni tanto insediamenti industriali petroliferi, raffinerie. I colori dal verde rigoglioso diventano rossi di sabbia e gli orizzonti che si vedono ormai lontanissimi, iniziano ad essere quelli del far west. Ho visto qualche animale particolare vittima del traffico notturno: un serpente a sonagli e una lince… Arrivo a Midland all’una, dove registro la perdita di una borraccia. Sempre se non me l’ha fregata quel tipo strano seduto per terra in un’area di sosta. Velocità, quasi 25 all’ora di media. Non male. Normale per delle uscite in Italia, ma ottimo per queste strade.
La città è dispersiva, strade larghissime, nessuno in giro, Sabato poi, è tutto chiuso. Pochi negozi, trovo per miracolo un fast food aperto. Faccio quattro chiacchiere con un tipo, a Midland solo banche e petrolio. Stanno costruendo.
Domenica 19 agosto – Pecos TX
Sono arrivato oltre la metà di questa incredibile avventura e i primi acciacchi si sentono. La tappa per arrivare a Pecos era lunga, oltre 150 chilometri, l’approccio è stato conservativo. I primi chilometri fatti con moderazione avrebbero lasciato energie per la parte finale. Tutt’intorno il paesaggio continuava gradualmente a far diminuire inesorabilmente gli alberi a favore di grandi spazi spelacchiati, pozzi di petrolio e raffinerie. Il panorama è fantastico, l’orizzonte si perde in questa lunghissima strada che mi fa sentire una formica che la vuole percorrere per arrivare chissà dove. Faccio le mie solite soste per bere, mangiare e per qualche foto.
Nonostante i sali scendi e un po’ di vento al traverso, si fila. Tutto bene fino a 30km dall’arrivo, poi inizia un dolore dietro al ginocchio destro. Una fitta che man mano che passano i chilometri, aumenta. Ci mancava qualcos’altro che mi facesse soffrire più del dovuto. Stringo i denti, cos’altro posso fare.
Con una velocità media scarsa, arrivo alle 2:30 con un caldo incredibile. Le temperature massime in queste zone si raggiungono tra le 3 e le 5, alle 2:30 ci saranno stati 40º. Mi sono gustato un enorme frappè alla banana e via di corsa al Quality Inn con l’aria condizionata.
Gli hotel a Pecos sono tutti carissimi e la qualità è scarsa. Ho chiesto: “perché qui lo stesso hotel costa più del doppio?”. Tutte le strutture di Pecos, hanno una grande richiesta di stanze da parte delle aziende che lavorano col petrolio e questa richiesta superiore all’offerta fa lievitare i prezzi. A cena, alle 6, il ristorante non aveva più posti. Completo! I commensali? tutti operai e tecnici messicani.
20 agosto – Van Horn TX
La cittadina che stavo per raggiungere è al confine col cambio di fuso orario. Un manciata di chilometri dopo Van Horn, l’orologio va indietro un ora. L’alba sarà la più tarda, il sole sorgerà dopo le sette, dovrò tenerne conto. Sarà inutile mettere la sveglia alle 5:30 se poi dovrò aspettare per partire.
Sono partito da Pecos alle 7 e si vedeva appena. La strada inizialmente brutta, col passare dei chilometri è migliorata. Il vento inizialmente assente, dopo un paio d’ore è arrivato. C’è una buona notizia, questa volta soffiava dalla parte giusta! Gianka, Eolo ti ha ascoltato, avessi avuto un gennaker J
Nel mio programmare le tappe, da ora in poi dovrò fare molta attenzione anche ai rifornimenti disponibili lungo i percorsi. Su 150 chilometri circa, tra Pecos e Van Horn, ci sono solo due benzinai, a 27 e 75 chilometri. Bisogna avere, gambe, scorta d’acqua e qualcosa da mangiare. Il primo rifornimento lo raggiungo subito, è a mezzo servizio, manca la luce, il vento forte ha buttato giù il palo. Vado in bagno con la pila del telefonino e mangio una banana. Ho ancora tanta acqua, riparto. Il viaggio prosegue bene, il panorama è bellissimo. Deserto! Distese infinite, poi alture da scavalcare e poi ancora praterie. L’avvistamento di un cervo prima e un gruppo di cinghiali poi, mi ricorda che non è proprio deserto. Intanto io pedalavo. Col solito dolore sotto al ginocchio, ma pedalavo forte. Ho preso un’Aulin, leverà un po’ l’infiammazione? Non mi è sembrato. La strada era stupenda, la più bella fatta finora, liscia, salite leggere e infinite discese e soprattutto il panorama del Far West. Arriva il secondo rifornimento e si tratta di un benzinaio con negozietto annesso. Trattano solo cose confezionate. Ho comprato latte al cioccolato, un tramezzino doppio e un’acqua. Con l’acqua che avevo di scorta ero a posto fino all’arrivo. Penso di aver fatto il record. Sono arrivato in un baleno con lunghe tratte sui 40 all’ora. Il paese è poco più di un gruppo di case, il Texas Mountain Trail, il Red Rock tour, le cose da fare a Van Horn. Con quel caldo e la mia stanchezza, mi sono limitato a fare due foto e cercare un posto fresco dove recuperare J
21 agosto Sierra Blanca, El Paso bici+auto
Partenza alle 7:15 circa, bella giornata, fresca. La strada è ideale, si scollina un paio di volte in mezzo alle monumentali alture texane. Nonostante il percorso ideale, sono arrivato alla pausa colazione camminando. Sierra Blanca, era la prima sosta programmata, la gamba destra faceva troppo male. Negli ultimi chilometri percorsi, si era riacutizzato il dolore dietro al ginocchio, ho fatto l’ultimo chilometro a piedi. Dopo un dolce e il solito latte, dato che non c’erano panchine, mi sono seduto sul marciapiede. Volevo verificare se con un po’ di riposo la gamba migliorava. E ora cosa faccio? Ho aspettato una mezz’ora, le poche persone che entravano nel negozietto mi salutavano chiedendo se era tutto ok. Io sempre: “hi, I’m fine, tks”, tutto bene grazie. Invece no, anzi. Il polpaccio sembrava anche gonfio. Poi ho deciso, raggiungerò El Paso in autostop. Mi sono dato da fare e con i miei modi gentili in 10 minuti ho trovato un passaggio. Mario è un tecnico messicano che con il camion attrezzato fa assistenza per macchine edili pesanti. Gentilissimo oltre a offrirmi the freddo e acqua, diceva che non era nessun disturbo, che gli avrei fatto compagnia. Come sempre accade con chi non si conosce, si parla di tutto. Ha una bella famiglia ed è sempre in giro per lavoro anche per diversi giorni. Arrivati El Paso, mi ha accompagnato a Downtown anche se avrebbe dovuto fare un’altra strada.
El Paso è una bellissima città di confine. Una linea la divide dalla città messicana Chaveña, Dall’altra parte un’enorme “X” che si vede da lontano indica il Messico. Lo stile dei palazzi coloniali si mischia qua e là con qualche edificio moderno per fortuna raro. Avrei conservato tutto com’era.
Il fisioterapista personale, Renato, sentito per telefono, ha fatto la prognosi: affaticamento. Mettere ghiaccio, fare dello stretching per allungare il muscolo, magari una fascia elastica e vedere come va. Deciderò in seguito. Le tappe che restano in teoria, non sono eccessivamente impegnative ma per me potrebbero diventarlo, probabilmente inizio a sentire i chilometri.
22 agosto Las Cruces – New Mexico
Un passaggio importante, stiamo mettendo alle spalle un stato americano immenso. Il solo Texas ha una larghezza superiore della distanza tra Milano e Taormina…
La partenza va fatta con calma, questa tappa era corta e l’avevo aggiunta per verificare lo stato della gamba dolorante. Il programma a El Paso prevedeva un giorno di relax, ho preferito rinunciarci per dividere qualche percorso lungo. Sono partito con vento contrario in compagnia di un ciclista incontrato sulla Mesa Street, una delle principali vie del centro che portano fuori città in direzione ovest. La strada inizia tutta in salita, il ciclista fa strada, si sale fino a quota 1250 mt. Dopo una decina di chilometri, ho lasciato l’amico per prendere la I10. Il tempo era bello, il vento è diminuito e il paesaggio dopo le ultime attività urbane mostrava tutta la vastità del Chihuahua Desert. A sinistra gli infiniti orizzonti del Messico, davanti a me, in fondo, in fondo, le montagne. Ho fatto la sosta in un’area di servizio proprio sul confine col New Mexico. Iniziava la nuova Interstate e proprio lì ho visto il primo cartello negli USA che indicava il divieto di transito per pedoni e bici. O cavolo! Naturalmente ho proseguito come se niente fosse, ma con un po’ di apprensione, l’alternativa sarebbe per me estremamente più faticosa. Dopo qualche chilometro ad uno svincolo ho visto un cartello che confermava il divieto per i pedoni, ma sotto aveva il simbolo della bici con scritto “use shoulder only” ho interpretato: “le bici possono andare, purché utilizzino la corsia di emergenza”. Purtroppo non sarà dappertutto così.
Sono arrivato alle 10:30 a destinazione dopo i 71 chilometri della mini tappa. Sarebbe davvero bello non aver nessun vincolo di tempo e poter fare la quantità di strada che ci si sente senza esagerare. Starbucks, hotel e si pianifica il prossimo itinerario J
Ah, la gamba va abbastanza bene. Un po’ di dolore negli ultimi 20 chilometri circa, ma meno del giorno precedente. Non prenderò però altri medicinali, tra i farmaci e i menù degli Stati Uniti sto rovinando lo stomaco.
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